Coscienza e Intelligenza Artificiale: altre critiche al naturalismo biologico
Il naturalismo biologico di John Searle, si oppone ad altre teorie della coscienza che fanno da base anche alle critiche all’argomentazione della stanza cinese.
Tra queste il funzionalismo informatico, posizione che egli attribuisce a Daniel Dennett[25].
Più nello specifico il funzionalismo sostiene che i fenomeni mentali (credenze, desideri e percezioni) possono essere definiti descrivendo le loro funzioni in relazione tra loro e con il mondo esterno.
Dunque, poiché un programma per computer può rappresentare tali relazioni funzionali come relazioni tra simboli, allora pure il computer può avere fenomeni mentali.
Il computazionalismo, invece, è quella teoria che sostiene che la mente può essere accuratamente descritta come un sistema di elaborazione di informazioni[26].
Dunque, secondo Stevan Harnad gli stati della mente sono computazionali, e dunque i computer possono avere stati mentali e aiutare anche a spiegare la mente; gli stati computazionali sono indipendenti dall’implementazione, e dunque è il software e non l’hardware (il cervello) a determinarli.
Coscienza e Intelligenza Artificiale: materialismo eliminativo e connessionismo
Ma ancora i materialisti eliminativi sostengono che le menti non hanno contenuti mentali, e dunque una semantica, e dunque i pensieri e i fenomeni mentali sono privi di significato, e dunque, a vantaggio dell’IA forte, non c’è nulla da comprendere e del quale avere coscienza.
In ultima analisi, per i materialisti eliminativi la coscienza, per come la descrive Searle, non esiste, essa è un’illusione dell’utente[27], o un epifenomeno come direbbe Katerine H. Hayles[28].
Per Dennett la selezione naturale, infatti, favorirebbe proprio la possibilità di esseri dal design semplice, in pratica senza proprietà causali e senza coscienza, e visto che la cosa è possibile con le IA, allora è molto più probabile che anche gli esseri umani non detengano queste caratteristiche pur essendo convinti di essere coscienti.
Un’ipotesi che contrasta quella del cosiddetto zombi filosofico, nella quale l’essere umano si distingue da altri esseri apparentemente identici proprio per il possesso della coscienza.
I connessionisti, invece, credono che sia la connessione al mondo da parte della macchina nella stanza, e che simula la mente, che potrebbe dare ad essa una mente[29].
Da questo punto di vista è Searle che è intrappolato nella stanza, la mente virtuale no ed è connessa al mondo attraverso i parlanti cinesi, i programmatori e le telecamere, ognuno dei quali gli dona la giusta comprensione della realtà.
Coscienza e nuove intelligenze artificiali non simboliche
Ovviamente ad ognuna di queste argomentazioni John Searle oppone, e con il giusto merito, l’osservazione che al di là di tutto la macchina non comprende nulla di quello che fa, e anche ai materialisti eliminativi egli oppone l’argomento secondo il quale è proprio lo studio della mente che segnala la presenza di credenze (la coscienza), diversamente da termostati, telefoni, macchine addizionali che pure hanno processi computazionali, e dunque il fine di questo studio è comprendere tale differenza[30].
Questo ovviamente si aggiunge alla classica argomentazione turinghiana sopra descritta, secondo la quale non è compito del suo test stabilire una coscienza della macchina, e che bisognerebbe darla convenzionalmente per scontata, così come si fa per tutti gli esseri e poiché non si sarebbe in grado di misurarla per davvero.
Tuttavia in maniera ancor più specifica secondo Nils Nilsson, l’IA moderna, del XXI secolo, i programmi di deep learning che ne stanno alla base, non utilizza simboli ma segnali dinamici.
Mentre l’argomentazione della stanza cinese è tarata su un modello vecchio, sulla manipolazione dei simboli.
Il segnale campionato, possederebbe, dunque, già la semantica[31].
O meglio, questi sistemi sono dinamici più che simbolici, rappresentazioni digitalizzate di sistemi dinamici, e i singoli numeri non hanno una specifica semantica, ma sono campioni o punti dati di un segnale approssimato.
Un argomentazione, anche quest’ultima, che però nemmeno determinerebbe l’effettiva comprensione da parte della macchina di ciò di cui sta parlando, ma semplicemente cambierebbe la modalità con la quale essa emette le sue elaborazioni.
E non comunque nella prospettiva di Searle, prospettiva che necessita del correlato chimico-fisico cerebrale.
Coscienza e neuroscienze: una panoramica
Tuttavia, potremmo cogliere nel modello di Searle, nel suo naturalismo biologico, un modello essenzialmente materialista.
In pratica la mente deriva dal cervello, cervello incarnato direbbe il biologo Gerald Edelman[32], e solo il cervello può produrre la mente, che è frutto dei suoi meccanismi di causa-effetto e chimico-fisici.
Tuttavia, a questo tipo di modello vi può essere un’alternativa, alternativa che sgombererebbe ancor di più il campo all’ipotesi di una IA forte, e di una possibilità effettiva da parte delle macchine di diventare umane.
Questa è l’ipotesi di una mente, di una coscienza immateriale, che informa e si incarna nel cervello, dunque nella materia.
In altre parole l’esatto opposto di quanto sostenuto da Searle, e pure da Edelman.
Dunque sarebbe più il cervello ad aver bisogno della mente per esprimersi che viceversa.
Secondo rilevazioni effettuate negli stati di premorte, Near Death Experience (NDE), il dr. Sam Parnia è giunto alla conclusione che il cervello è solo un tramite della coscienza[33].
Un’ipotesi rinforzata dal filosofo Pier Luigi Fornari, circa l’aspetto psichico-spirituale autonomo della coscienza, all’interno della dualità col cervello.
Questo nella condizione temporale risulta essere “il luogo della coscienza, dell’esperienza umana del ‘trascendente'”[34].
Coscienza e tradizioni
Ma a tutto ciò già era giunta la concezione induista della mente.
Nelle Upanishad si dice che è col manas (la mente) che si vede, che si ode, che si gusta, ecc.
Di conseguenza sono i sensi ad essere articolazioni del manas, non viceversa. Il manas è dunque la forza unitaria che attiva i vari sensi.
E non a caso, secondo alcune ricerche di laboratorio neuroscientifiche 4 del dott. Dietrich Lehamann dell’Università di Zurigo in collaborazione con il Lama buddhista Ole Nydhal, si è riscontrato che nelle “visualizzazioni audio-visive” (tecniche di immaginazione che si effettuano all’interno delle pratiche meditative), vengono stimolate le stesse aree del cervello addette alla vista e all’ascolto nella realtà non immaginativa.
Anche nel buddhismo, oltre a quelle relative ai vari organi sensoriali, vi è la coscienza della mente, la più importante tra tutte.
Ma per di più, secondo il neuroscienziato Jean pierre Changeux, in La vie des formes et les formes de la vie si ammette la possibilità di un’ipotesi metafisica nella generazione delle forme, oltre a quella di tipo darwiniano e materialista.
Essa: “fa appello alla teologia naturale di Platone a John Paley o all’Abbe Pluche: le forme sarebbero astrazioni non materiali, non fisiche, extra-mentali, ‘essenze’, create da un ‘demiurgo’ o ‘grande orologiaio’. Si troverebbero, secondo Platone, hyperouranios topos, vale a dire oltre il cielo … Queste idee riaffiorano oggigiorno tra i seguaci del design intelligente”[35].
Coscienza: le ipotesi di Federico Faggin
Ma ulteriormente potremmo andare sulle riflessioni dello scienziato ed inventore, tra le altre, del microprocessore Federico Faggin, il quale dopo una vita immersa nel mondo delle macchine, giunge alla conclusione che la macchina può solo ridurre l’esperienza umana, attraverso il processo binario del bit.
L’esperienza umana può essere descritta dunque, ma conosciuta in maniera integrale solo attraverso la coscienza che si ha di essa, la quale è un fenomeno puramente quantistico e unico per ognuno.
Questo stato quantistico puro non è riproducibile, e descrivibile in maniera limitata da un sistema bit classico.
Quindi, è ipotizzabile che un sistema quantistico che si trova allo stato puro sia consapevole del suo stato, ma solo in minima parte conoscibile dall’esterno.
Anche per Faggin, come per Searle, l’esperienza rimane privata e conoscibile solo dall’interno dal sistema che si trova in quello stato.
Nessuna macchina classica potrà mai essere cosciente, dato che l’informazione classica è riproducibile (il programma e i dati possono essere copiati perfettamente), mentre lo stato quantistico è privato.
Tuttavia, diversamente da Searle, o meglio al contrario, per Faggin la coscienza non è legata al funzionamento del corpo e può continuare ad esistere anche dopo la morte del corpo – si veda esperimento NDE.
Il corpo si comporta come un drone controllato top-down (dall’alto verso il basso) dalla coscienza.
Coscienza: la carta vincente
Sempre per Faggin è l’uomo ad aver creato la macchina, e a cominciare dallo stesso Alan Turing, il quale crea l’algoritmo e il primo personal computer a partire da un’intuizione, una visione che è più profonda.
Una visione più profonda, addirittura a sfondo “esoterico”, che è quella nella quale sono state concepite tutte le meraviglie tecnologiche e informatiche che abbiamo oggi a portata di mano, come ci spiega Andrea Venanzoni in Il Trono Oscuro. Magia, potere e tecnologia nel mondo contemporaneo[36].
Un mondo di tecno-maghi cantato sia da tutta la scena di ricercatori dell’ambito della post-medialità, ma anche dal sociologo Michel Maffesoli, il quale parla apertamente del nostro tempo, la postmodernità e l’avvento dei nuovi modelli mediali e tecnologici, come del tempo del ritorno di Dioniso e del reincanto del mondo, in contrapposizione a quello prometeico della modernità fredda, disincantata e calcolante[37].
Bibliografia
[1] Russell S. J. & Norvig P., Artificial Intelligence: A Modern Approach, Prentice Hall, 2003.
[2] Russell & Norvig, 2003, p. 3
[3] McCarthy J. (1999), What is AI?, archiviato dall’originale il 4 Dicembre 2022, recuperato il 4 Dicembre 2022.
[4] Russell & Norvig, 2003, pp. 48-52.
[5] Searle J., (1980) Minds, Brains and Programs, Behavioral and Brain Sciences, 3 (3): 417–457, archiviato dall’originale il 2015-09-23.
[6] Searle 1980, p. 4.
[7] Newell & Simon 1976 e Russell & Norvig 2003, p. 18
[8] Dreyfus H., What Computers Can’t Do, MIT Press, 1972, p.156.
[9] Turing A. M. (1950), “Computing Machinery and Intelligence“. 49 (236): 433-460, archiviata dall’originale il 2021-12-22.
[10] Russell & Norvig 2003, pp. 954–956.
[11] Searle 1980, p. 11.
[12] Searle J. R., La mente è un programma?, in Le scienze, n. 259, 1990.
[13] Searle J. R., Menti, cervelli e programmi, traduzione di Graziella Tonfoni, Milano, 1984, pp. 48-49.
[14] Hauser L.,The Chinese Room Argument, su plato.stanford.edu consultato il 29 gennaio 2020, pp. 1-2.
[15] Turing A. M. (1950), “Computing Machinery and Intelligence“. Mind. 49 (236): 433–460.
[16] Searle 1980, in “1. The Systems Reply (Berkeley)“, Crevier 1993, p. 269.
[17] Searle 1980, in “3. The Brain Simulator Reply (Berkeley and M.I.T.)”
[18] Hobbes T., Leviatano, 1651, cap. 5.
[19] Harnad S. (2001), “What’s Wrong and Right About Searle’s Chinese Room Argument?“, in Bishop, M.; Preston, J. (eds.), Essays on Searle’s Chinese Room Argument, Oxford University Press.
[20] Crevier D., (1993). AI: The Tumultuous Search for Artificial Intelligence. New York, NY: BasicBooks, p. 266.
[21] Turing 1950, in “(5) Arguments from Various Disabilities”
[22] Searle J. (1984), Minds, Brains and Science: The 1984 Reith Lectures, Harvard University Press.
[23] Searle J. (January 1990a), “Is the Brain’s Mind a Computer Program?“, Scientific American, vol. 262, no. 1, p. 29.
[24] Hauser L. (2006), “Searle’s Chinese Room“, Internet Encyclopedia of Philosophy, archiviato dall’originale il 2009-04-13, retrieved 2007-11-09, p. 8.
[25] Searle J. (1992), The Rediscovery of the Mind, M.I.T. Press, p. 44; Searle J. (November 1, 2004), Mind: a brief introduction, Oxford University Press, Inc., p. 45.
[26] Horst S. (Fall 2005), “The Computational Theory of Mind“, in Zalta, Edward N. (ed.), The Stanford Encyclopedia of Philosophy, archiviata dall’originale il 2021-03-04, recuperata 2012-03-22, p. 1.
[27] Dennett D. (1991), Consciousness Explained, The Penguin Press.
[28] Hayles N. K., How We Became Posthuman:Virtual Bodies in Cybernetics, Literature and Informatics, University of Chicago Press, 1999, p. 2.
[29] Searle 1980, pp. 8–9; Hauser 2006, p. 11.[30] Searle 1980, p. 7.
[31] Nilsson N. (2007), Lungarella, M. (ed.), “The Physical Symbol System Hypothesis: Status and Prospects” (PDF), 50 Years of AI, Festschrift, LNAI 4850, Springer, pp. 9–17.
[32] Edelman G. M., Seconda natura. Scienza del cervello e conoscenza umana, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2007.
[33] Schiavone F., Coscienza e cervello, in “Neuroscienze”, 25 febbraio 2012
[34] Carrara A., C. L., Passerini A, Pandolfi A., Neuroteologia e Neuromistica: l’esperienza umana del “trascendente”alla luce della Neuroetica e della psicoterapia contemporanea (seconda parte), in “Studia Bioethica – vol. 6, n.2-3”, 2013, pp. 143 – 147,
[35] Open Edition Journals, La vie des formes & les formes de la vie, colloque de rentrée, 13-14 octobre 2011. Extraits des interventions de J.-P. Changeux, P. Descola, A. Compagnon, J. Scheid et F.-B. Mâche, pp. 11-12
[36] Venanzoni A, Il Trono Oscuro. Magia, potere e tecnologia nel mondo contemporaneo, Roma, Luiss University Press, 2021.
[37] Maffesoli M., Il reincanto della tecnica, in Pireddu M. & Serra M., Mediologia, Liguori, 2012.
Roberto Siconolfi, classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo. Uno dei suoi campi principali di ricerca è il mondo dei media, in tutti i suoi aspetti, da quello tecnico a quello storico e antropologico, fino a giungere al piano “sottile”, “magico”, “esoterico”.
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