Daniel Casarin: È un percorso. Questo concetto, localizzandolo in tema economico-aziendale, cosa vuol dire? Anche perché comunque operi nelle imprese e quindi parte subito la domanda innanzitutto “quanto bisogno c’è nelle imprese per tua esperienza di creatività quando la tratti in questo modo?” A mio parere a livelli altissimi. Raccontami un po’ la tua esperienza da questo punto di vista.
Edoardo Binda Zane: Ma secondo me c’è un bisogno mostruoso di un lavoro di questo tipo, non soltanto del risultato creatività, ma anche di tutto quello che comporta. Cioè, ripartendo dalla definizione di Cleese, che non è un talento ma è una modalità operativa, le dinamiche operative di gruppo, lavorative che devono essere messe in piedi per poi generare le condizioni entro cui si possa essere creativi, sono condizioni di cui c’è un bisogno estremo, per cui confidenza l’uno con l’altro, rispetto, sicurezza psicologica, capacità di ridere insieme in modo sano, perché non tutto lo humor è sano, il sarcasmo va evitato, per esempio. Per cui sì, c’è un bisogno mostruoso di creatività, della capacità di generare idee a comando. Ma non è che facciamo un workshop e improvvisamente ci arriviamo, no.
È un qualcosa che considero molto avanzato, che alcune organizzazioni riescono ad attivare, magari anche indipendentemente, lavorando su altri temi. Ma sicuramente chi lavora o pensa che il modo giusto di lavorare sia estremamente gerarchico, sia un qualcosa del tipo: ragazzi, facciamo i seri che dobbiamo avere un’idea, quello è una cosa molto comune purtroppo, ma che è capace di ammazzare la creatività praticamente immediatamente.
Daniel Casarin: Sì, sì. Tra l’altro su questo tema poi ci arriveremo. Faccio un passo indietro proprio sul… Ok, la creatività non è un talento, è una modalità operativa, il tema della formalità. Anche perché appunto un terzo, se non sbaglio, del libro sono esercizi pratici, estremamente pratici, che veramente possono trovare anche una velocità di impiego sbalorditiva sulla quotidianità proprio. Anche se come accennavi, operare da questo punto di vista all’interno dei processi di facilitazione, sulla creatività proprio è un percorso, lo accennavamo anche prima. Ecco, sul tema pratico, perché di creatività, come dicevo anche adesso, nell’impresa ce n’è bisogno in modo mostruoso per risolvere problemi per tantissimi aspetti. Ecco, l’aspetto pratico volevo capire meglio con te. Come avviene?
Edoardo Binda Zane: Io distinguerei due aspetti pratici, perché una parte che non cito se non tangenzialmente nel libro sono tutte quelle, chiaramente qui chiedo scusa a chi è del mestiere, semplifico, discorsi di metodologie, vogliamo dire design thinking per prenderne una a caso. Questi sono strumenti per cui ho un rispetto mostruoso, che sono utilissimi ma che a mio avviso non sono tutto quello di cui si ha bisogno. Utilizzandoli si può arrivare a fare moltissimo e lo vediamo. Ma io faccio il paragone con la fotografia. Se io mi compro una Reflex da 9.000€ non divento un fotografo. Un fotografo è bravo anche con un telefonino qualsiasi perché ha le competenze.
Dunque la pratica a cui mi riferisco io è proprio questo discorso della competenza, che non è alternativa allo strumento, ma magari ti permette di usare meglio lo strumento stesso, arrivare a qualcosa di più. Cosa vuol dire tutto? Come si esercita la creatività. Non è un qualcosa che si possa perfezionare con un workshop o due workshop, un ciclo, chiaramente si impara molto. Secondo me è un qualcosa che prima di tutto va esperito, cioè molti di quegli esercizi, diciamo quelli più avanzati, sono esercizi che mirano a mettere il partecipante nella posizione di dover lavorare in un determinato modo, magari giocando, per cui non sente neanche la pressione, lo prendiamo come un gioco, ci si diverte, ma deve lavorare in un determinato modo, diverso da quello a cui è abituato o abituata, e in questo modo capire cosa può essere possibile.
Poi chiaramente esercizi di questo tipo vanno ripetuti, magari prima di una sessione di brainstorming o simile, si possono fare un paio di questi esercizi per riscaldamento. Sempre lo studio del MIT torna a dire che genera un 37% di idee in più chi fa esercizi di questo tipo prima. Però è un qualcosa che va inserito nella pratica, non dico quotidiana, ma va tenuto da conto piuttosto spesso. È come dire ragazzi facciamo un workshop di leadership, fai due ore di corso e domani, bella, tutti i leader, siamo tutti Simon Sinek. No. Stessa cosa.
Daniel Casarin: Sì, infatti è esattamente quello di cui mi sono accorto anch’io leggendo il libro, perché infatti il punto è esattamente quello, vai a coprire spesso quegli che sono degli aspetti di cui si tratta relativamente poco, che in realtà sono strumenti. I canvas, vedi, ne spunta uno al giorno, quelli sono strumenti di base. Effettivamente quel 20% di cui ti sei poi andato occupare effettivamente diventa l’80% per il risultato. Questa è stata la mia prima impressione leggendo, approfondendo un po’ queste tematiche, poi lo vediamo anche nella realtà quotidiana. Chiaro, prova a raccontarci se è possibile qualche aneddoto, su quella che è l’importanza di questa attività creativa nell’organizzazione con cui hai operato nell’ultimo periodo, qualche aneddoto, qualche storia.
Edoardo Binda Zane: Allora, è interessante come viene percepito questo tipo di lavoro. Diciamo, quando ho iniziato a fare questi discorsi, anche ben prima del libro, a sviluppare dei workshop anche legati a questo, ipotizzavo che un lavoro di questo tipo sulla creatività potesse essere un buon team building, una cosa del genere. Magari per le startup, io lavorando a Berlino, qui, insomma, lavoro fra Berlino e Milano, in Italia, e qui a Berlino sono più in contatto con il mondo startup e incubatori, pensavo che fosse qualcosa utile anche per loro e magari le corporate sarebbero state un po’ più restie a riguardo. Mi sono reso conto che non era effettivamente così, perché ci sono due, chiamiamoli Use Case, se vuoi.
Diciamo, quello di cui mi sono reso conto è che concetti di questo tipo, come la creatività nelle organizzazioni che presuppone un modo diverso di lavorare, un modo meno formale ma comunque serio, sono argomenti che per la maggioranza delle persone, e lo dico con tutto il rispetto del mondo, sono difficilissimi, non per colpa loro ma per il tipo di formazione lavorativa che tutti nel mondo penso abbiamo ricevuto e ereditato. E per rendersi conto della profondità a cui arrivano argomenti come questo serve, a mio avviso, una preparazione di un certo tipo.
Per cui arrivando agli aneddoti di cui mi chiedevi prima, ricordo di aver presentato workshop di questo tipo a delle startup e di aver avuto un’aspettativa che insomma, sarebbe piaciuto molto, avrebbero immediatamente iniziato a utilizzare questi esercizi per la loro creatività perché dovevano sviluppare il prodotto? No, zero. Sono stati alcuni dei workshop in cui ho ricevuto il rigetto più forte. Colpa mia, chiaramente, perché avrei dovuto, da professionista della materia, leggere meglio chi avevo davanti. Errore mai più fatto, ovviamente. Invece, quello che mi ha piacevolmente sorpreso è quando sono andato a lavorare su questi temi con personalità di altissimo livello. Per cui, senza fare nomi, ho lavorato con dei direttori di aziende di consulenza e revisione molto ben conosciute a livello mondiale e anche a livello di aziende energetiche, stesso tipo, e le persone che avevo nella stanza avevano dei ruoli di responsabilità molto alti. Ecco, queste persone che mi sarei aspettato sarebbero state più restie a mettersi in gioco, sono state quelle che hanno preso il tutto più seriamente, che sono riusciti a trarre più o di ogni altro del valore da un esercizio di questo tipo.
Ecco questo è, a livello aneddotico se vogliamo, quello che è successo. La cosa interessante è che quelli che si sono divertiti di più, e qui abbiamo anche il link allo humor, sono stati i dirigenti di queste grosse aziende, che poi mi hanno dato anche i commenti migliori. Quindi questo cosa vuol dire? Vuol dire che lavorare sulla creatività non è un qualcosa di immediato, presuppone un lavoro ben più pesante di quello che ci si aspetta. Positivo, divertente, ma che comunque il lavoro è. Ed è stata una sorpresa anche per il sottoscritto.
Daniel Casarin: Ecco vedi, sì sì, comunque condivido e posso immaginare la situazione e capisco, capisco bene. Ecco, poi vado ad allocare questo tema su un tema ancora più specifico, aziendale, partendo da quella che è la tua formazione economica. Quindi anche qui cercando di scendere un po’ più sul pratico, anche per esperienze tue dirette, come dovrebbe essere allocato, adesso non lo specifico, magari cercando di entrare un po’ sul tema del PMI, il budget dedicato, quindi gli investimenti dedicati a queste fatidiche attività. Cerco di collegare i due temi, permettimelo, tema facilitazione e creatività, visti nel loro insieme, di uno che può essere di supporto estremo all’altro. Quali possono essere, a questo punto, anche le KPI collegate a queste attività, visto che possono essere comunque identificate tra quelle attività molto invisibili delle imprese che in realtà, come poi mi hai dimostrato con questi aneddoti, vengono percepite a un livello alto a estremo impatto, da un punto di vista di quello che emerge da questa attività. Ecco tema budget, locazione, KPI, è possibile, non è possibile? Come fare?
Edoardo Binda Zane: Tu lo sai che non posso fare altro se non darti la risposta da consulente che è “dipende”. Ma detto questo, mettiamo un attimo di contesto. Qui il tema secondo me non è tanto quanto budget dare alla creatività, è più che altro da pensare quanto budget dare alla facilitazione e al supporto di un clima organizzativo positivo. E lì, ecco, entriamo un po’ più nel contesto. Lì quindi, dipende dalle priorità, sinceramente. Io ti dico quello che ho visto nella mia esperienza. Ho visto nella mia esperienza che dedicare un budget, del tempo, del focus a questo tipo di lavoro in una startup che poi diventa piccola o media impresa, non è mai una priorità. Fino a quando non diventa una priorità all’improvviso e bisogna risolvere adesso. Ed è troppo tardi, quindi bisogna trovare dei modi di lavorare, dei modi di sviluppare un certo tipo di cultura con della formazione continua, con della formazione interna, della facilitazione, dei momenti individuali di formazione, di confronto che aiutino a sviluppare il tutto. Ti faccio un altro esempio. All’interno del libro ho riassunto alcuni assessment esistenti e ne ho sviluppato uno io, in 10 domande, che misura quali sono le 10 dimensioni della creatività.
È qualcosa che c’è nel libro e c’è anche sul mio sito, per cui raccolgo un po’ di dati. Allora, cosa misura questo test? Misura quelle che scientificamente sono provate a essere le 10 dimensioni che dobbiamo avere per avere un clima creativo. Di queste ce ne sono tre che sono particolarmente importanti. Ecco, con la misurazione che ho fatto, con tutte le persone che sono venute, hanno votato, tra virgolette, anzi hanno fatto il test, hanno raccolto i dati, c’è una di queste dimensioni che è nettamente più bassa delle altre come valore dato. Cioè, la domanda è “quanto sei d’accordo con questa affermazione?”. Ho sufficiente tempo per lavorare sulle mie idee e svilupparle.
Ecco, questa è nettamente sotto la media. Per cui vogliamo dare un’indicazione? Vogliamo dare un posto dove mettere il budget? Ecco, mettiamolo lì, diamo alle persone più autonomia, chiaramente allineata ai valori aziendali, per lavorare sulle idee che possono sviluppare, per sviluppare le proprie idee e per farle crescere, perché anche il tempo chiaramente aiuta. Ne discutevamo prima. Google, che penso che alcuni dei nostri ascoltatori possano conoscere come azienda, dedica per alcune persone, anzi, dice ad alcune persone che hanno il 20% del loro tempo da dedicare a progetti personali che poi possono arrivare in un’organizzazione, possono essere messi nell’organizzazione generale dell’azienda.
Questo è un modo di lavorare. Chiaramente serve del budget. Quanto? Ogni quanto bisogna metterlo? Ogni quanto bisogna farlo? Ogni azienda ha un caso a sé. Non posso dirti se tu fai un workshop della creatività domani avrai un ROI del 30% fra un mese. Non si può. Non si può dire né nella creatività né nella leadership e chiunque dica una cosa del genere, a meno che non siano vendite, secondo me non è una persona che lavora in modo decisamente etico.
Daniel Casarin: Condivido, condivido assolutamente. Anche perché tra l’altro di questi processi, quello che poi è il risultato finale, nella maggior parte dei casi, supera tantissimo quello che è il presupposto iniziale, la maggior parte delle volte abbiamo visto così. Quindi effettivamente è difficile prevederlo, misurarlo e andare comunque a portarci a casa un risultato ben certo, supera sicuramente le aspettative. E poi, faccio il sottolineo il tema che accennavi anche te sul discorso delle priorità, quindi ovviamente ogni realtà deve trovare le proprie priorità da cui effettivamente trovare la propria strada. Ecco, quindi diciamo, volendo definire da questo punto di vista, io come azienda definisco le mie priorità. Bene, in un tipico percorso che si potrebbe andare a sviluppare dopo aver definito le priorità, che potrebbero essere banalmente lancio prodotto, rilancio il prodotto periodico, come potrebbero essere tante aziende del settore manifatturiero, quindi in un processo di operatività definisco le mie priorità interne, posso definire magari le mie problematiche da risolvere, i punti magari per aumentare delle performance o altro dal punto di vista delle imprese. Ok, in questo processo, come posso andare a capire come sovrapporre un percorso poi legato ad attività. C’era un punto prima, il tema del design thinking, quindi il pensiero progettuale. Come posso allegare diciamo così, e metterci sempre di più della creatività in tutto questo? Come si può fare?
Edoardo Binda Zane: Guarda, riprendo un punto di cui mi parlavi prima che mi chiedevi, il discorso di aneddoti. Quello che ho visto succedere, purtroppo nel 95% dei casi, quando ero consulente, quando faccio formazione, è il fatto che venga offerto un lavoro anche valido ma poi non venga applicato perché si rientra in una certa routine. Allora, a livello di percorso, secondo me bisogna procedere ovviamente per step e quelli che per me sono più importanti partono dall’aspetto fondamentale che è la gestione del proprio tempo, anzi, la gestione delle proprie priorità nel tempo, perché il tempo non si gestisce, passa e basta.
Se non abbiamo delle persone in azienda che possono essere manager, C-level, ragazzi appena arrivati, che sanno gestire le proprie priorità nel tempo, allora è inutile fare qualsiasi tipo di formazione. Perché o trovi il tempo di applicare quello che impari e devi programmartelo, oppure non serve a niente, rimane nell’anticamera del cervello e lo lasci lì. Quindi, primo step in un percorso di sviluppo: gestire, anzi, insegnare alle persone a gestire le proprie priorità nel tempo. Punto uno.
Una volta che ce l’abbiamo, abbiamo la sicurezza che possiamo, come team, come manager, come organizzazione intera, ritagliarci del tempo da dedicare alla nostra crescita, al nostro sviluppo, ad applicare quello che abbiamo appreso. E allora lì possiamo cominciare a lavorare su discorsi di fiducia con il leader, discorsi di intelligenza emotiva, se vogliamo. Possiamo prendere diverse direzioni. E mano a mano, una volta che abbiamo un po’ di queste diverse direzioni in saccoccia, allora possiamo iniziare a lavorare sul clima. O magari anche in parallelo, dipende dall’azienda, ma non tutto, ogni mondo, ogni azienda è un mondo a parte. Ma nel momento in cui abbiamo queste basi, allora possiamo mettere in campo delle condizioni, possiamo mettere in piedi delle condizioni entro cui la creatività e il lavoro creativo si può sviluppare.
Cosa vuol dire? Vuol dire che non può esistere una situazione in cui i manager dicono: “Ragazzi, forza, abbiamo bisogno di un’idea entro due ore”. No, devono tutti avere la competenza che un discorso del genere va contro determinati processi creativi, un discorso del genere mina la fiducia che sussiste fra manager e membri del team e tutto questo non può essere utilizzato in pratica. Quindi per questo che prima dicevo un percorso avanzato. È un qualcosa che è interessantissimo, ma metterlo in pratica deve arrivare alla fine. E qui chiudo il cerchio.
Non è un caso che chi improvvisa, il lavoro dell’improvvisatore, che di nuovo è la categoria professionale più creativa al mondo, sia basato al 98% sulla comunicazione. Per cui guardare l’altro, accettare la realtà, leggere i segnali che l’altra persona ti sta dando, essere d’accordo anche nel conflitto, capire come si può essere tutti d’accordo sempre in ogni istante. Quello è l’obbligo e quello è il modo di lavorare di cui abbiamo bisogno. Costruirlo in un’organizzazione o iniziare a costruirlo è il presupposto per fare un lavoro creativo. E come vedi è un qualcosa di piuttosto complesso. Punto di partenza: gestione del tempo, gestione dei meeting. Senza di quello non si va da nessuna parte. E molte delle persone che stanno ascoltando probabilmente pensano che loro lo sappiano già fare, ma assolutamente non è così, con tutto il rispetto.
Daniel Casarin: È un grande. Direi che è di importanza fondamentale. Infatti, sarei arrivato proprio su quel tema lì. Guarda, Edoardo, grazie anzitutto del tempo che ci hai dedicato e non voglio andare oltre perché ti farò un invito successivo ad una potenziale fase due di questa intervista in cui non abbiamo toccato dei temi, ma ti faccio subito la proposta via video di fare un secondo passaggio perché secondo me tutto il tema tecnologico si potrebbe approfondire, visto l’importanza del momento, visto anche il tema tecnologia, gestione tempo, in che modo l’impatto poi va operare anche su quel livello. Qualcuno magari ha già intuito di cosa voglia andare a parlare, un tema di cui oggi stranamente non abbiamo parlato, quello dell’intelligenza artificiale, non nominiamola troppo forte.
Edoardo Binda Zane: No, tanto ti ha già sentito l’intelligenza artificiale. Ha già sentito. Guarda, ringrazio subito e accetto direttamente volentieri, anche perché lì c’è parecchio da dire, parecchio di cui parlare, soprattutto sulla creatività che non tutto è come sembra. Ma non diamo anticipazioni, aspettiamo il prossimo giro.
Daniel Casarin: Perfetto, prossimo giro e grazie ancora. Creative leadership, consigliatissimo. Grazie ancora per questo tempo.
Edoardo Binda Zane: Grazie a voi per l’invito, è stato un piacere. Grazie a tutti per l’ascolto.
Grazia Sigismondo: Grazie a tutti e grazie agli utenti che guarderanno questa intervista. Arrivederci.
Daniel Casarin, imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale. Con oltre 20 anni di esperienza, esplora l’impatto delle tecnologie emergenti in ambito economico e organizzativo. Attraverso Adv Media Lab e altre iniziative imprenditoriali, collega la sua expertise multidisciplinare al mondo dell’impresa.
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