Daniel Casarin – Imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale.
Per essere sempre all’avanguardia nel digital marketing, a volte è necessario guardare al passato. Il principio di Pareto e la regola del 70:20:10 pongono l’attenzione su metodi innovativi per imporsi sulla concorrenza , incrementando l’efficacia dell’operatività aziendale senza però sacrificarne il budget.
Punti chiave dell’articolo:
La regola del 70:20:10 non si limita solo al settore dell’eCommerce, ma si può applicare, con le dovute modifiche, in diversi campi e diversi settori
In un contesto commerciale, la regola del 70:20:10 aiuta le aziende a ridurre i costi derivati dalla pianificazione e dall’implementazione di una strategia di digital marketing offrendo al tempo stesso maggiori benefici
In un contesto aziendale, la regola del 70:20:10 contribuisce a migliorare la produttività dei dipendenti che vi lavorano
Quello del marketing, è sempre stato un settore estremamente competitivo. Che si tratti di vendita all’ingrosso oppure al dettaglio, di grandi aziende oppure di piccole attività a conduzione famigliare, ciascuna di queste realtà condivide una necessità, oltre che un obiettivo: presentare i propri prodotti e/o i propri servizi a quanti più (potenziali) clienti possibili rendendoli più attraenti e vantaggiosi rispetto alla concorrenza .
Se da un lato la diffusione su larga scala di internet ha contribuito in maniera sostanziale all’evoluzione del marketing offrendo possibilità nuove e teoricamente infinite per farsi pubblicità, dall’altro lato non tutte le pratiche e le tecniche impiegate in funzione del marketing stesso appartengono necessariamente al 21° secolo.
Nell’ambito del digital marketing, è il caso del principio di Pareto, e della cosiddetta regola del 70:20:10. Ma di cosa si tratta, esattamente?
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Da cosa deriva la regola del 70:20:10?
Il principio di Pareto trova le sue radici a cavallo tra il 19° e il 20° secolo, e prende il nome da Vilfredo Pareto, un economista italiano vissuto tra il 1848 e il 1923.
Da un punto di vista professionale, Pareto ha avuto una lunga e variegata carriera, spaziando dall’economia alla sociologia, dall’ingegneria alle scienze politiche, arrivando perfino ad interessarsi alla filosofia.
Meglio noto per i suoi importanti contributi nel campo della microeconomia e nel campo della socioeconomia, il suo lavoro è stato fortemente influenzato dall’osservazione e dallo studio della realtà economica italiana alla fine dell’Ottocento.
In quegli anni, circa l’80% dell’economia italiana era “controllato” da circa il 20% della popolazione, creando un’importante disparità , tanto sociale quanto soprattutto economica, tra le classi sociali di ceto medio-alto e le classi sociali di ceto medio-basso.
Questa osservazione non soltanto aiutò Pareto da un punto di vista analitico nel corso dei suoi studi e del suo lavoro, ma rivoluzionò fortemente l’intero settore economico.
Fino a quel momento, lo studio dell’economia era da considerarsi, in un certo senso, più filosofico che pratico.
Con la scoperta di quella che prese poi il nome della regola dell’80:20, invece, iniziarono ad essere impiegate formule matematiche sempre più complesse , cambiando per sempre non soltanto lo studio della materia in sé, ma anche influenzando le applicazioni pratiche nel campo del marketing, come ad esempio il digital marketing.
Da un punto di vista matematico, al giorno d’oggi è improbabile che la regola dell’80:20 così come fu teorizzata da Pareto possa essere applicata senza variazioni nel digital marketing poiché esistono una moltitudine di varianti da tenere in considerazione.
Alcune di queste sono:
Pianificazione
Impiego
(Pre e post)analisi costi benefici
Al tempo stesso, esistono alcune sue applicazioni decisamente più affidabili, tra cui la regola del 70:20:10 di cui ci occuperemo oggi.
Che cos’è la regola del 70:20:10 e perché è così efficace?
Come accennato in precedenza, la regola del 70:20:10 derivata dal principio di Pareto ha origini ormai definibili antiche, ma in ottica moderna e, soprattutto se applicata ad una strategia di digital marketing, può essere così strutturata:
Il 70% dei contenuti dovrebbe essere orientato verso contenuti più “sicuri”
Ossia su una condivisione di contenuti in linea con il proprio brand, basandosi sui feedback provenienti da fonti più o meno dirette come ad esempio interviste, recensioni e analisi dei log-file del proprio sito web.
Questo è molto utile per la customer retention , in quanto incentiva i clienti già acquisiti a visitare periodicamente il sito web ed eventualmente effettuare nuovi acquisti ed è anche utile per attrarre nuovi e/o potenziali clienti, facendo leva sulla brand recognition.
Il 20% dei contenuti dovrebbe essere orientato verso contenuti più “volatili”
Ossia contenuti che non offrono necessariamente garanzie di successo, ma al tempo stesso potrebbero avere benefici non indifferenti nel breve-medio periodo.
Questo è molto utile per attrarre nuovi clienti verso il proprio sito web , incentivarli ad informarsi sull’azienda e invogliarli ad effettuare eventualmente uno o più acquisti.
L’efficacia di questo tipo di campagna pubblicitaria si può analizzare in tempo reale mediante l’uso delle funzioni di insight nel caso in cui la strategia di digital marketing comprenda l’utilizzo dei social network (come ad esempio Facebook, Instagram, YouTube, ecc.) e dei sopracitati log-file nel caso del sito web.
Il 10% dei contenuti dovrebbe essere orientato verso contenuti più “diretti” e “mirati”
Ovvero dovrebbero avere l’obiettivo di incentivare il potenziale cliente a cliccare sul proprio link, piuttosto che su quello di altri concorrenti.
Questo è molto utile per le aziende interessate nella vendita al dettaglio di vari prodotti, o per le aziende che operano in specifici settori.
Questa cosiddetta CTA (call to action), può includere:
Offerte promozionali
Sconti
Promozione di nuovi arrivi nell’inventario
Offerte a tempo limitato
Spedizioni gratuite su ordini dal valore cumulativo >€XXXX,XX o >Xn di unità dello stesso articolo/di articoli diversi
La regola del 70:20:10 in quali settori si può applicare?
La regola del 70:20:10 non si limita solo al settore dell’eCommerce, ma si può applicare, con le dovute modifiche, in diversi campi e diversi settori, così come si può implementare in diverse modalità o con percentuali diverse.
Ogni azienda è diversa dalle altre e ogni cliente ha una sua dichiarazione di intenti e una sua immagine uniche (anche e soprattutto tra concorrenti), quindi è fondamentale adattare la propria strategia di digital marketing accuratamente per riflettere queste differenze.
Esistono inoltre alcuni fattori da prendere in considerazione e non sottovalutare:
Un’azienda già affermata e conosciuta sul mercato come ad esempio le grandi imprese (GI) potrebbe mantenere le stesse percentuali 70:20:10 o 80:20 così come teorizzate da Pareto, così come le stesse tipologie di contenuti offerti, perché ha già una clientela fidelizzata e ha altresì un bacino d’utenza decisamente maggiore rispetto alla maggior parte dei concorrenti.Viceversa, un’azienda meno conosciuta come ad esempio le start-up o le piccole e medie imprese (PMI) , potrebbe aver bisogno di investire principalmente in una categoria diversa (tra le tre) rispetto ai rispettivi concorrenti, e non necessariamente applicando lo stesso criterio generale in merito alla priorità standard del 70:20:10.
Altro fattore da considerare e non sottovalutare è il budget a disposizione . Una GI (grande impresa) avrà raramente problemi di budget e potrà quindi permettersi una campagna di digital marketing su scala più ampia rispetto ai concorrenti. Le start-up e le PMI, invece, non sempre avranno le stesse disponibilità economiche, e potrebbero dover scegliere tra prioritizzare una categoria piuttosto che le altre (lo abbiamo già approfondito nell’articolo: Come definire il budget corretto per il tuo piano marketing ).
Ulteriore fattore da considerare è la risk-reward analysis (analisi costi-benefici) . In caso di risultati insoddisfacenti, una grande impresa, con un marchio già affermato, potrebbe non percepire danni collaterali come danni d’immagine, mancati profitti, e pubblicità negativa, ma per una start-up o per una PMI, una strategia di digital marketing basata su una pianificazione inaccurata della regola del 70:20:10 potrebbe essere fatale, da un punto di vista economico.
Ultimo fattore da considerare è quello dato dallo scopo e dalle finalità . Ogni azienda avrà necessità diverse dai propri concorrenti. Una GI (grande impresa) potrebbe, ad esempio, essere interessata ad ampliare il proprio bacino d’utenza e la propria influenza sul mercato nei rispettivi settori di competenza.
Si tratta in ogni caso, di un’azienda già affermata e, nella maggior parte dei casi, con una clientela già fidelizzata.
Viceversa, una start-up o una PMI, potrebbe avere la necessità di emergere e acquisire nuovi clienti, partendo da una base abbastanza ridotta.
Ovviamente, non tutte le start-up e le PMI hanno la necessità di affermarsi, ma nella maggior parte dei casi si tratta di aziende con numerosi concorrenti già presenti nei rispettivi settori di competenza, rendendo quindi più difficile applicare in maniera efficace pratiche orientate verso la fidelizzazione, la customer acquisition o la customer retention.
Per una grande impresa, la perdita di un singolo cliente insoddisfatto potrebbe essere considerata insignificante, a seconda dei casi. Ma per una start-up o una PMI, ogni singolo potenziale cliente è importante . Più aumentano le alternative, nella forma dei concorrenti, e più diventa fondamentale che la regola del 70:20:10 venga applicata correttamente.
Quando ci si chiede se la regola del 70:20:10 possa essere applicata in settori economici differenti, la risposta a questa domanda è meno scontata di quanto si possa pensare.
Premesso che una strategia di digital marketing di qualsiasi tipo e con qualsiasi finalità, per essere efficace, abbia bisogno di fondamenta solide e obiettivi chiari stabiliti in fase di pianificazione della strategia, è importante ricordare che la regola del 70:20:10 non è una formula assoluta.
Per quanto si basi su concetti di natura matematica, teorizzati dal principio di Pareto, bisogna considerare anche il fattore umano. Ciascun cliente è diverso dagli altri, e ciascuno di questi clienti reagirà in maniera diversa alla strategia di digital marketing ad essi proposta.
Il segreto per far sì che venga massimizzata l’efficacia della regola del 70:20:10 è saper essere flessibili , saper riconoscere e adottare i trend più efficaci (soprattutto in ambito social) e non concentrare il proprio investimento su un solo aspetto della propria campagna pubblicitaria.
Sei interessato a questo argomento? Dai un’occhiata a questi contenuti altamente formativi:
La regola del 70:20:10 è valida solo per le interazioni con i clienti oppure può essere adottata anche per gestire l’ambiente lavorativo all’interno di un’azienda?
Come detto in precedenza, il principio di Pareto si basa su principi di natura matematica, ma questo non significa necessariamente che il sopracitato possa essere efficace solamente in un contesto puramente economico .
Con l’avvento della globalizzazione, un numero sempre maggiore di aziende ha iniziato ad avere la necessità di preparare adeguatamente il personale, dovendo tuttavia confrontarsi con alcuni effetti collaterali della globalizzazione stessa, come ad esempio la natura multietnica e multi-generazionale dei propri impiegati .
Problemi accentuati ad esempio dalla delocalizzazione e dalla necessità di dover gestire e coordinare più aziende e fabbriche sussidiarie con la casa madre, gestire i rapporti economici (e in alcuni casi, anche diplomatici) con i rispettivi soci in affari e assicurarsi che tutti i dipendenti, in tutti i ruoli previsti dall’organizzazione interna dell’azienda, ne comprendano appieno e ne condividano la dichiarazione di intenti.
Per spiegare più nel dettaglio questo concetto, esistono diversi esempi di aziende multinazionali, le quali, nel corso degli anni, hanno cercato di perfezionare le loro rispettive interpretazioni della regola del 70:20:10 .
Gruppo Adidas: la rivoluzione inter-aziendale
Stando a quanto è reperibile online , ad oggi il Gruppo Adidas ha all’attivo circa 60.000 dipendenti e negli ultimi anni si è investito molto per cercare di migliorare la qualità produttiva e organizzativa dell’azienda e di tutti i suoi soci in affari.
Tuttavia, solamente di recente l’attenzione si è spostata sul metodo utilizzato per l’apprendimento e la formazione non solo per i nuovi dipendenti, bensì anche per i cosiddetti corsi d’aggiornamento per i dipendenti con già diversi anni di esperienza lavorando per il Gruppo Adidas.
Originariamente, il metodo adottato dall’azienda era di natura più teorica, con vere e proprie lezioni da seguire in classe, ciascuna dedicata ad un ambito lavorativo specifico.
Questo aveva il vantaggio di offrire ai nuovi dipendenti un ambiente di transizione a loro più familiare tra il mondo accademico e il mondo lavorativo, tuttavia la maggior parte delle nozioni impartite erano di natura teorica e non propriamente adeguate a quelle che sarebbero state le loro future mansioni.
Ci si è resi conto che i nuovi dipendenti del Gruppo Adidas spesso non acquisivano tutte le capacità richieste per svolgere al meglio il proprio lavoro.
Secondo una ricerca condotta da Forbes , con l’introduzione di un nuovo modello di tutoring basato sulla regola del 70:20:10, i riscontri sono stati invece subito positivi.
Secondo Matthias Malessa, responsabile delle risorse umane presso il Gruppo Adidas, durante la formazione dei nuovi dipendenti la teoria è sicuramente importante, ma al tempo stesso circa l’80% dell’apprendistato avviene in maniera informale .
Per questo motivo, i più tradizionali corsi di formazione teorici sono stati sostituiti da una piattaforma d’apprendimento accessibile quasi esclusivamente online, in qualunque momento e da chiunque.
I dipendenti possono scegliere in autonomia in cosa approfondire le proprie conoscenze e, al tempo stesso, confrontarsi in tempo reale con altri colleghi, il tutto comodamente da casa.
Le interazioni alunno-insegnante, tipicamente di stampo accademico, lasciano il posto ad un’esperienza più social, con video tutorial, PDF, forum e tutto quello che si potrebbe trovare più comunemente su un social network.
Questo nuovo metodo, che prende il nome di “Adidas Group Learning Campus ”, include inoltre un sistema di votazioni, recensioni e classifiche, in modo tale che gli utenti (ossia, i dipendenti) possano esprimere un giudizio diretto sui contenuti di cui usufruiscono.
L’obiettivo è quello di aiutare al tempo stesso sia i loro colleghi promuovendo gli articoli più utili e bocciando altri meno utili e sia l’azienda stessa.
La cooperazione richiesta da tutte le parti coinvolte offre un indiretto vantaggio nello svolgere attività per fare gruppo e rafforzare le relazioni interpersonali tra i dipendenti pressoché a costo zero, o quasi.
Il lavoro tra vocazione e responsabilità – Intervista a Massimiliano Pappalardo
Cos’altro si può imparare dall’iniziativa del Gruppo Adidas?
Arrivati a questo punto, verrebbe da chiedersi se non ci sia più nulla da apprendere, ma non è così. La regola del 70:20:10 ideata dal Gruppo Adidas è sicuramente un programma vincente, ed è possibile adattare il loro metodo di apprendimento in altri contesti .
5 Regole da seguire per aumentare le proprie probabilità di successo con la regola del 70:20:10
Andiamo a vedere quali possono essere dei suggerimenti pratici ed efficaci per implementare la regola del 70:20:10 all’interno della vostra impresa e migliorarne così l’efficacia aziendale:
Siate coraggiosi e non abbiate paura di osare
Quando è stato concepito l’”Adidas Group Learning Campus”, l’azienda ha da subito pensato in grande. Non ci si è concentrati su un semplice metodo d’apprendimento per i dipendenti, ma sulla creazione di un’esperienza d’apprendimento a livello globale
Esprimete chiaramente i vostri obiettivi
Quando c’è un cambiamento, una comunicazione chiara ed efficace è importante per farne comprendere al meglio le motivazioni e aiuta i dipendenti a “sposarne” quindi la causa.Questo nuovo metodo di lavoro all’interno del Gruppo Adidas si basa su 5 principi fondamentali :
Il lavoro è apprendimento e l’apprendimento è lavoro
Concentrarsi su un ambiente d’apprendimento interconnesso, “social” e collaborativo
Essere un leader significa condividere, insegnare e imparare
L’innovazione è parte integrante della routine quotidiana sul posto di lavoro
Sviluppare una mentalità orientata verso una crescita personale a lungo termine
Usate tecniche di (digital) marketing che siano d’interesse per i giovani
Nel caso specifico del Gruppo Adidas, oltre il 50% della loro forza lavoro è composta da dipendenti giovani, la cui età media si aggira intorno ai 30 anni di età.I cosiddetti millennial fanno parte di quella generazione cresciuta e costantemente circondata dai social network, quindi l’attenzione deve essere posta su contenuti a loro più familiari, come video e immagini infografiche simili a quanto si potrebbe trovare su social network come Youtube, Instagram, Facebook. Contenuti quindi che sono mirati e di “veloce consultazione”
Pensate a grandi linee a come introdurre nuove meccaniche di interazione sociale a scopo professionale nell’ambiente lavorativo
Il Gruppo Adidas, ad esempio, ha pensato ad un concetto di “open space” dove ciascun dipendente può offrire il proprio contributo e discutere con i colleghi sul come apportare ulteriori migliorie ai rispettivi ambienti di lavoro, condividendo idee, suggerimenti e proposte
Adottate il concetto dei “pop-up stores” , dove è possibile trovare strumenti in grado di offrire ai dipendenti opportunità sempre nuove e diversificate per trovare soluzioni ai problemi riscontrati nell’ambiente di lavoro vero e proprio. Favorisce la condivisione e la comunicazione tra individui
È possibile rivoluzionare il proprio ambiente lavorativo traendone quindi dei benefici?
Secondo il Gruppo Adidas, la risposta a questa domanda è sì. Il loro metodo potrebbe non essere applicabile a tutte le realtà lavorative, ma è sicuramente un modello 70:20:10 da cui prendere spunto.
La regola del 70:20:10 è una valida alternativa come metodo di lavoro e apprendimento?
Prima di poter rispondere a questa domanda bisogna fugare alcuni dubbi.
Innanzitutto, uno degli aspetti positivi più importanti è che da un punto di vista pratico, è un metodo di lavoro che ha perfettamente senso.
In un contesto commerciale , la regola del 70:20:10 aiuta le aziende a ridurre i costi derivati dalla pianificazione e dall’implementazione di una strategia di digital marketing offrendo al tempo stesso maggiori benefici.
In un contesto aziendale , questo metodo contribuisce a migliorare la produttività dei dipendenti che vi lavorano.
È importante ricordare che, soprattutto se la si applica al training dei dipendenti , la regola del 70:20:10 non deve essere considerata come un sostituto per la formazione “tradizionale”.
Per quanto abbia dei costi inferiori rispetto ai corsi di formazione, questo cosiddetto “learning by doing” potrebbe non essere sempre economicamente sostenibile.
Un neo-assunto, oppure un nuovo dipendente alle sue prime esperienze lavorative, sarà più incline a commettere errori rispetto ai suoi colleghi, proprio a causa della mancanza di esperienza.
Errare humanum est, perseverare autem diabolicum (Sbagliare è umano, perseverare è diabolico)
A seconda della “gravità” di questi errori, il concedere ai dipendenti di commetterne senza guidarli adeguatamente nella loro formazione, potrebbe costare alla vostra azienda più di quanto si possa considerare “giustificabile”, da un punto di vista economico.
Un dipendente avrà sempre bisogno di ricevere nozioni teoriche in merito al proprio lavoro, e la forma del tutor o del supervisore non diventerà mai obsoleta o superflua.
Tuttavia, se affiancato ai metodi classici di traineeship, è innegabile il come la regola del 70:20:10 possa offrire dei benefici non indifferenti, se applicata correttamente .
Daniel Casarin, imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale. Con oltre 20 anni di esperienza, esplora l’impatto delle tecnologie emergenti in ambito economico e organizzativo. Attraverso Adv Media Lab e altre iniziative imprenditoriali, collega la sua expertise multidisciplinare al mondo dell’impresa.