Silvia Salese – Psicologa, docente e speaker ad orientamento ed approccio sistemico.
Sempre più spesso si parla di neuromarketing, ovvero delle evidenze neuroscientifiche applicate al marketing. Il tema appassiona perché dà l’impressione di poter esercitare un maggior controllo sulla propria comunicazione e di prevedere con più precisione i risultati che possono essere ottenuti, a partire dall’interpretazione dei dati offerti dalle diverse tecnologie nel settore. Ma quali sono queste tecnologie e cosa misurano?
Oggi parliamo di eye tracking e del suo funzionamento, delle metriche che fornisce e di alcuni consigli di comunicazione offerti proprio da questo interessante strumento.
Il sogno di chiunque si occupi di comunicazione e marketing è quello di prevedere in anticipo cosa risulterà interessante all’occhio del potenziale acquirente. Colori, volti, messaggi, parole, pulsanti: non sarebbe magnifico comprendere come utilizzare gli elementi grafici nel modo più profittevole possibile?
Come già abbiamo riferito nell’articolo dedicato alla psicologia dei consumi e al neuromarketing , lo studio della comunicazione trae un incredibile apporto di risorse dalla conoscenza di come funziona il nostro sistema percettivo, di come avviene il processo di scelta e, più in generale, delle caratteristiche del cliente che desideriamo attrarre, la nostra buyer persona.
In tal senso, la tecnologia e le neuroscienze danno degli apporti preziosi in merito a come vengono processate le informazioni. Tali elementi possono poi essere applicati e sperimentati nella comunicazione front-line e online, rappresentando, di fatto, un modo per rendere esplicito ciò che talvolta sembra ovvio, ma che naturalmente non lo è.
L’eye tracking è una di queste nuove tecnologie, creata per fornire la più completa misurazione dell’attività oculare.
I punti chiave:
La tecnologia dell’eye tracking come strumento utile per comprendere dove si concentra l’attenzione visiva delle persone. Un settore del neuromarketing tra i più promettenti e più utilizzati oggi.
Come funziona e quali sono le applicazioni più diffuse dell’eye tracking. Le mappe di calore, le scansioni, le aree di interesse. Strumenti per ottenere dati chiari sul movimento degli occhi e dunque sull’attenzione delle persone rispetto alle immagini.
L’attenzione alle metriche da monitorare, alle implicazioni emotive suscitate nelle persone e a come utilizzare questi elementi in termini di marketing.
Nel neuromarketing ci si avvale dell’uso dell’eye tracker per comprendere dove guarda il potenziale acquirente, cosa predilige, quanto tempo dedica ad osservare ciò che gli interessa, come reagisce a diversi stimoli visivi, quando si distrae. I perché li dovrà capire l’analista, ma la metrica offerta permetterà di fare le dovute riflessioni.
Cerchiamo dunque di indagare come funziona questo strumento e di trarne qualche risorsa da applicare fin da subito alla nostra comunicazione.
In questo articolo ci occuperemo di:
Psicologia, neuroscienze e le nuove dinamiche dell’acquisto.
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Come funziona l’eye tracking?
L’eye tracker, ovvero lo strumento di indagine del tracciamento oculare, misura l’attività del nostro occhio. Più specificamente, l’eye tracker registra la posizione e il movimento dell’occhio basandosi sul tracciamento ottico dei riflessi della cornea per valutare l’attenzione visiva.
Esso è così preciso da riuscire a valutare non solo i movimenti consapevoli dei nostri occhi, ovvero quelli di cui ci rendiamo conto, ma anche quelli inconsapevoli e automatici, che sfuggono al nostro controllo.
Spesso, come tutto ciò che riguarda la nostra comunicazione non verbale, anche i movimenti inconsapevoli sono decisamente interessanti e importanti da conoscere, talvolta più degli altri.
I movimenti del nostro occhio si dividono in due categorie:
Le fissazioni , che si registrano quando l’occhio si ferma, anche solo per brevi istanti. Grazie alle fissazioni siamo in grado di definire gli stimoli che stiamo osservando
Le saccadi , ovvero i rapidi movimenti tra una fissazione e l’altra (dai 100 ai 200 millisecondi)
Il susseguirsi di movimenti (saccadi) e punti di stop (fissazioni) permette la focalizzazione sui punti di interesse ed è esattamente questo che misura l’eye tracking.
La maggior parte dei moderni eye trackers vengono usati come degli occhiali che si avvalgono di una tecnologia ad infrarossi insieme a una fotocamera ad alta risoluzione (o ad un altro sensore ottico) per tracciare la direzione dello sguardo.
Il concetto sottostante è comunemente indicato come Pupil Center Corneal Reflection (PCCR) ed è piuttosto semplice: il PCCR coinvolge essenzialmente la telecamera che traccia il centro della pupilla, dove la luce si riflette dalla cornea.
Perché l’uso dello spettro infrarosso? La risposta è più o meno intuibile. L’accuratezza della misurazione del movimento oculare si basa su una chiara demarcazione della pupilla e sul rilevamento del riflesso corneale.
È probabile che lo spettro visibile generi una riflessione speculare incontrollata, mentre illuminare l’occhio con luce infrarossa – che non è percepibile dall’occhio umano – rende la demarcazione della pupilla e dell’iride un compito facile, in quanto mentre la luce entra direttamente nella pupilla, essa riflette solo dall’iride.
Ciò significa che in questo modo viene generata una riflessione chiara (con poco rumore) e che può quindi essere seguita con facilità.
La luce del vicino infrarosso viene dunque diretta verso il centro degli occhi (le pupille) provocando riflessi visibili nella cornea (l’elemento ottico più esterno dell’occhio) che vengono monitorati da una telecamera.
Il movimento che un eye tracker di nuova generazione riesce a misurare è veloce fino a 500 Hz. I dati classificabili che riesce a fornire sono di due tipi: qualitativi , ovvero basati sul cosa e come l’utente guarda uno stimolo visivo, e quantitativi , ovvero basati sui dati numerici.
Mappe di calore, scansioni e percorsi: gli output dell’eye tracking
Le applicazioni dell’eye tracking sono molteplici e spaziano dagli studi di neuroscienze sulla cognizione al tracciamento dello sguardo nei locali commerciali; dallo sviluppo in fase di produzione alla user experience sul digitale; dalle simulazioni al gaming, fino naturalmente alla ricerca medica e alla formazione.
Ma come, in pratica, l’eye tracker restituisce i dati che analizza?
Questo dipende dalla tecnologia utilizzata e quindi ovviamente dal tracker, ma in linea generale possiamo parlare dei seguenti output, tutti interessanti a seconda del prodotto o del servizio a cui ci si riferisce.
Heat Map
Tra le diverse modalità di output, forse la più conosciuta e apprezzata per la sua immediatezza è la mappa di calore o heat map.
La mappa di calore è l’immagine di quanto osservato con un eye tracker restituita con dei colori che vanno dal rosso al verde e che vengono tracciati in funzione della durata della fissazione o del numero di volte in cui lo sguardo si posa su determinati elementi.
Nell’esempio sopra indicato vediamo degli scaffali e dei colori: al colore rosso corrispondono proprio i punti in cui maggiormente è stata rivolta l’attenzione visiva, ovvero il massimo numero o la massima durata delle fissazioni; al verde corrisponde invece il minimo dell’attenzione prestata.
Area of Interest (AOI)
Una Area of interest o area di interesse, denominata anche AOI, è uno strumento per selezionare le regioni di uno stimolo visualizzato e per estrarre metriche specifiche per quelle regioni. Sebbene non sia strettamente una metrica di per sé, definisce l’area in base alla quale vengono calcolate le altre metriche.
Ad esempio, se si mostra un’immagine di un banner verticale, è possibile ottenere AOI separati sui vari segmenti del banner e si sarà quindi in grado di visualizzare le metriche per ciascuna regione separatamente.
Le metriche spaziano dal tempo trascorso dall’inizio dello stimolo fino al tempo in cui i partecipanti hanno guardato la regione; dal tempo dedicato dagli intervistati allo stimolo e il numero di fissazioni contate, fino a quante persone hanno distolto lo sguardo prima di ritornare sullo stimolo.
Queste metriche sono utili quando si valutano le prestazioni di due o più aree nella stessa interfaccia video, immagine, sito Web o programma.
I dati in questo caso sono numerici, e dunque quantitativi, e sono molto utili per valutare l’efficacia di uno stimolo, come un colore, e per attirare di conseguenza l’attenzione del cliente su un’informazione specifica.
Scan Path
Un altro output restituito da molti eye trackers è il percorso di esplorazione o scan path, ovvero l’insieme di fissazioni e saccadi del nostro occhio.
Questo tipo di output permette di costruire il tracciato oculare su uno stimolo attraverso cerchi collegati tra loro; i cerchi rappresentano le soste dell’occhio su un determinato elemento e hanno dimensioni diverse in base alla durata della fissazione e normalmente sono numerate, come nell’esempio a lato.
La user experience è in questo caso un campo in rapida crescita che utilizza l’eye tracking come metodologia per la valutazione dell’usabilità di prodotti fisici quanto di quelli immateriali, come nel caso di siti e servizi internet.
Gridded area of interest
Come nella Heat map, anche in questo caso l’output offerto è qualitativo e si presenta in forma di quadrati colorati. Ma oltre a questo la gridded area of interest fornisce anche dati quantitativi, come il numero e la durata delle fissazioni.
I due sono naturalmente collegati tra loro: i quadratini avranno una colorazione differente a seconda della durata o del numero delle fissazioni ricevute dagli utenti.
Questo output permette di evidenziare i bias attentivi, ovvero gli errori visivi, mentre si legge un testo di una pagina internet o di un libro.
Spesso l’occhio umano ha infatti la tendenza a guardare l’inizio del testo da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto (lettura secondo il Pattern F).
In questo modo trascura tutto quello che c’è in basso a destra di una pagina, disegnando così con lo sguardo la forma della lettera F.
Nel caso in cui invece ci sia poco testo e la predominanza di un’immagine, l’occhio si muove diversamente e traccia un Pattern Z, cioè da sinistra verso destra per poi scendere in diagonale a sinistra per poi tornare dritto verso destra.
La gridded area of interest evidenzia tali errori ma non solo: la metrica viene usata anche per evidenziare la diversità di movimento oculare in base alle aspettative o alle competenze, interessante per verificare quanto le caratteristiche individuali giocano sul movimento oculare e quindi sull’attenzione.
Eye tracking e neuromarketing: le metriche avanzate
Pupillometria
Proprio come abbiamo visto in un mio precedente articolo , il nostro volto è portatore dei messaggi e segnali più importanti quando si parla di esperienza dell’utente. Uno di questi è offerto proprio dalla dilatazione e dalla contrazione della pupilla, misurata dalla pupillometria.
La dimensione della nostra pupilla dipende dalla quantità di luce presente in un ambiente, ma non solo: essa è influenzata sia da come vediamo il mondo, sia da come lo viviamo, offrendo quindi una metrica sullo stato emozionale del soggetto coinvolto.
Uno stimolo dalla forte carica emotiva, sia esso un’immagine, un insieme di parole, suoni o gusti, susciterà una modifica delle dimensioni della pupilla fornendo una misura della risposta emotiva non troppo dissimile dalla risposta galvanica della pelle.
La dilatazione della pupilla si verifica inoltre di fronte a compiti più impegnativi dal punto di vista cognitivo. Più il cervello lavora per elaborare emozioni o informazioni, più la pupilla avrà dimensioni più grandi.
Diversi eye tracker misurano queste modificazioni per meglio comprendere lo stato evocato dal servizio o prodotto studiato sul soggetto, considerando appunto che sono tre i tipi di stimolo che aumentano la dilatazione della pupilla: la luce, gli stimoli emotivi e le informazioni che aumentano il carico cognitivo.
Vergenza oculare e ammiccamento
Senza addentrarci in modo troppo specifico sul tema, consideriamo due ultime metriche interessanti. La maggior parte degli eye trackers misura le posizioni dell’occhio sinistro e destro in modo indipendente.
Questo consente la misurazione della vergenza, cioè se l’occhio sinistro e quello destro si muovono insieme o se in modo separato l’uno dall’altro. Questo fenomeno è solo una conseguenza naturale della focalizzazione vicina e lontana, ma occorre considerare che la divergenza si verifica spesso quando la mente perde la concentrazione o l’interesse verso lo stimolo focus.
Il carico di lavoro cognitivo può essere inoltre indagato grazie alla misurazione dei battiti di ciglia o ammiccamento.
Compiti cognitivamente impegnativi possono essere associati a ritardi nei battiti di ciglia, il cosiddetto ammiccamento dell’attenzione.
Altra riflessione interessante deriva dal fatto che una frequenza molto bassa di ammiccamenti è solitamente associata a livelli di concentrazione più elevati, mentre una frequenza piuttosto alta è indicativa di sonnolenza e livelli inferiori di concentrazione e interesse.
In particolare, la metrica dell’ammiccamento può essere utile per approfondire ulteriormente il carico cognitivo; una pagina web, ad esempio, o una confezione di un prodotto, può essere progettata per ridurre il più possibile tale sforzo e alleggerire il mezzo di passaggio delle informazioni, consentendo dunque una elaborazione più semplice e immediata del messaggio.
Cosa insegna l’eye tracking alla nostra comunicazione
Vediamo dunque quali sono alcune delle lezioni apprese grazie a questa tecnologia di
neuro-marketing, e quali sono i suggerimenti offerti dall’eye tracking che possiamo subito mettere in pratica.
Il lavoro tra vocazione e responsabilità – Intervista a Massimiliano Pappalardo
Il potere del volto
Lo sguardo
È noto che l’inserimento di volti nei messaggi pubblicitari induce l’utente a concentrarsi su quel volto e ad osservarne inconsapevolmente proprio gli occhi: dove si muovono, dove si concentrano e con quale espressione emotiva.
L’attrazione che i volti esercitano su di noi è legata agli istinti di riconoscimento, identificazione, ricerca e sicurezza.
In questa immagine il plus offerto dall’eye tracking con mappa di calore risulta chiaro.
Come si vede in entrambe le immagini, il volto attira molto l’attenzione ed influenza in parte la visione del brand. Nella prima immagine il volto guarda verso l’osservatore e l’osservatore scansiona l’immagine concentrandosi solamente sulla prima etichetta di bottiglia, mentre la seconda risulta totalmente inesplorata.
Nel secondo caso invece lo sguardo viene usato in modo più efficace. La testimonial questa volta guarda proprio verso le due etichette delle bottiglie, escamotage che conduce chi osserva a guardare cosa lei stia guardando. Il risultato è che la visione del brand aumenta e spinge l’acquirente a guardare entrambe le bottiglie.
Basta comparare gli esiti dell’eye tracking nelle due versione per comprendere il potere del volto e, nello specifico, dello sguardo. La bottiglia di vino rosso sulla destra viene osservata maggiormente rispetto a quanto rilevato nella figura originale.
Mentre nel primo caso (occhi rivolti allo spettatore) il tempo medio di fissazione dell’etichetta è di 394 millisecondi, nel secondo caso (occhi rivolti sul prodotto) il tempo medio di fissazione è quasi raddoppiato, arrivando a 666 millisecondi.
Espressioni facciali & marketing
Perchè le espressioni faciali giocano un ruolo così importante nella comunicazione e nel marketing? Scarica la guida per saperne di più.
Le espressioni facciali
La conoscenza delle espressioni dei volti e le micro-espressioni facciali (espressioni emotive che compaiono sul volto per poche frazioni di secondo) permette di affinare ulteriormente i propri messaggi comunicativi e di marketing.
A questo argomento ho già dedicato un intero articolo , e rimando ad esso per ulteriori approfondimenti. In questa sede ci basti sapere che anche l’eye tracking rivela che l’uso di volti simmetrici, piacevoli in quanto armonici e attraenti, aumenta l’interesse dell’utente.
In una mia recente indagine basata invece sull’uso di volti recanti espressioni facciali sincere (correct expressions) ed espressioni invece artificiali o di “posa” (wrong expressions), ho mostrato quanto l’uso delle prime abbia aumentato considerevolmente l’engagement su un profilo LinkedIn.
Questo aspetto è ancora pressoché inesplorato, ma come evidente ha importanti premesse e potenzialità per il marketing.
Le differenze di genere nella visione
Un altro elemento degno di nota offerto dall’eye tracking è la differenza di risposta a stimoli visivi tra uomo e donna.
Diversi studi hanno approfondito l’argomento partendo dall’evidenza che i cervelli maschili e quelli femminili sono differenti e, di conseguenza, reagiscono in modo diverso
agli stimoli ambientali.
Semplificando molto, possiamo dire che nel cervello femminile le connessioni neurali sono trasversali all’emisfero destro e sinistro (il primo deputato al pensiero intuitivo e creativo, il secondo a quello logico-matematico); di conseguenza il cervello femminile risulta plastico, intuitivo ed empatico.
Il cervello maschile invece segue schemi maggiormente basati sulla logica, motivo per cui risponde meglio alle attività di elaborazione delle informazioni più razionali ed è maggiormente capace nelle attività motorie e nell’orientamento spaziale.
Come si traduce questa evidenza per la comunicazione?
Innanzi tutto partendo dal presupposto che le donne tendono ad impegnarsi maggiormente nell’analisi delle informazioni a disposizione in modo più dettagliato e completo.
Diversamente gli uomini sembrano elaborare in modo più selettivo le informazioni rilevanti per i loro obiettivi.
Non solo:
Sembra che gli uomini siano più attratti dai layout creati da uomini, e le donne da layout creati da donne (Moss e Coleman, 2001).
Le donne vengono osservate maggiormente nelle immagini dove sono presenti sia un uomo che una donna da entrambi i generi. Questo può essere intuibile rispetto agli uomini eterosessuali, mentre per quanto concerne le donne potrebbe essere un dato attribuibile alla tendenza a fare confronti tra se stesse e le altre donne.
Quando gli uomini guardano immagini di altri uomini, tendono a concentrarsi sulle braccia e sulla zona genitale, probabilmente per la tendenza istintiva al confronto sociale e alla rivalità.
La semplicità
Emerge con grande chiarezza dagli studi di eye tracking che gli stimoli digitali più appetibili sono quelli più facili da elaborare.
In linea generale, più stimoli sono presenti su un’unica schermata, più l’attenzione è difficile da mantenere e dedicare globalmente.
In questa immagine possiamo ben vedere quanto poco l’occhio si posi sugli stimoli laterali e superiori sotto forma di banner, un dato da considerare nella progettazione grafica si pagine e siti web che vogliano risultare semplici da processare.
Per concludere
Come evidente, l’argomento è molto variegato ed ampio, e ad esso rimando alla bibliografia, ai miei contributi e ai corsi di approfondimento.
Una cosa tuttavia è da sottolineare fin da subito riguardo all’eye tracking: questo strumento, come altri usati nel neuro-marketing, sottolinea la potenzialità connessa alla conoscenza approfondita dell’altro , nel nostro caso l’utente o il potenziale acquirente.
L’eye tracking consente di vedere ciò che l’altro vede, in linea di principio di conoscere meglio i panni di chi vogliamo catturare in termini di attenzione.
La conoscenza del funzionamento cognitivo, della psicologia e del processo attentivo si rivela dunque interessante per meglio modulare e talvolta diversificare il proprio messaggio.
L’interesse dell’acquirente, specie con l’aumentare della complessità e dell’offerta, deve
essere conquistato.
Diamo fiducia a chi ci assomiglia, a chi risponde adeguatamente e semplicemente ai nostri interessi, a chi ci aiuta ad elaborare le informazioni. In una parola le persone si fidano di noi quando noi per primi dimostriamo interesse verso di loro, e questa dimostrazione la evinciamo da un intuibile – ma non certo immediato – elemento: la volontà di vedere il mondo come lo vedono loro.
Bibliografia
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Oldrini C., Gli occhi del consumatore , Egea, Milano, 2018
Rayner K., Eye movements in reading and information processing: 20 years of research, Psychological Bulletin , 124(3), 1998
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Russo V., Psicologia della comunicazione e neuromarketing, Pearson, Milano, 2017
Nata come inbound marketing specialist, prosegue la sua carriera professionale come project manager per Adv Media Lab e Italian Design Farm specializzandosi come consulente CRM con una spiccata passione per l’ambito eCommerce. La sua attività gravita intorno allo sviluppo e pianificazione di strategie data-driven che supportano l’aumento delle vendite ed una maggior consapevolezza delle opportunità dai canali digitali.