Serena Mandanici Calabrò: Certo, quindi mi hai dato il là anche per un’altra curiosità rispetto a questo ambito. Cioè quanto è difficile far percepire o quanto è facile far percepire questo valore alle aziende, cioè il valore della facilitazione, ma non non solo alle aziende, in quanto organizzazioni, ma anche e soprattutto alle persone che magari sono chiamate a lavorare insieme a te alla risoluzione di un problema o a un tema specifico. Cioè che strategia usi per far comprendere questo valore in termini di crescita aziendale?

Andrea Romoli: Ok, come dicevo prima, nelle piccole aziende non è facile, anche perché sono meno probabilmente tecnologiche o meno all’avanguardia, per cui si deve creare un clima di fiducia con la persona con cui ci si confronta, con il responsabile, fargli capire quali sono i punti a favore della facilitazione e da lì sviluppare un percorso che gli permetta di ottenere i risultati e la soluzione dei problemi che hanno all’interno dell’azienda. Solitamente io per aiutarli, invito a partecipare ai nostri meet up. Noi facciamo dei meet up gratuiti, sia di Lego Serious Play sia di facilitazione maieutica, per cui chi viene si rende conto in due ore delle potenzialità delle due metodologie e di conseguenza capisce quali sono e come possono essere applicate all’interno dell’azienda.

D’altra parte, per le grosse aziende, come dicevo prima, è possibile che appunto siano già predisposte ad affrontare le nuove metodologie, le nuove tecniche, per cui è senz’altro più semplice anche interfacciarsi con la persona che si occupa appunto di facilitazione. E uno dei casi appunto, come dicevo prima, è quello che abbiano l’esigenza di affrontare una soluzione di determinati problemi, come può essere la comunicazione aziendale o un conflitto all’interno dell’azienda.

E in quel caso si appoggiano anche a facilitatori esterni in maniera tale che essendo neutri, permettono di essere neutrali rispetto al problema che si sta verificando e quindi aiutino ad affrontare queste crisi, che possono essere un conflitto interno a due dipartimenti piuttosto che una soluzione di un problema di comunicazione all’interno dell’azienda.

Serena Mandanici Calabrò: E ci sono stati dei casi in cui non hai ottenuto risultati in questi termini?

Andrea Romoli: Succede, come penso un po’ in tutti i rami, in tutti i campi della conoscenza. Se non sono chiari gli obiettivi che si vogliono raggiungere, se c’è un conflitto molto intenso all’interno di un gruppo, in questi casi per i facilitatori è veramente difficile poter risolvere problemi di questo tipo. Capitano, fortunatamente sono rari, però può succedere che ci siano degli attriti, delle incomprensioni. In questo caso il facilitatore deve fare ammenda della cosa, può succedere, senz’altro deve rendersi conto che non è stato in grado di risolvere, a portare quello che chiedeva il cliente e farne esperienza. Ecco, successivamente pensare a quelli che possono essere possibili soluzioni qualora si ri-verificassero problemi di questo genere.

Serena Mandanici Calabrò: Chiarissimo. Vado con l’ultima domanda che è un po’ filosofica, diciamo. Quale sarà, secondo te, il futuro della facilitazione da qui ai prossimi anni in ambito aziendale?

Andrea Romoli: Allora, senz’altro, la facilitazione, secondo me, avrà un forte sviluppo, soprattutto anche pensando alle soft skills che si andranno a sviluppare, soprattutto anche il World Economic Forum, se non ricordo male, recentemente ha pubblicato una tabella con le soft skills fino al 2025 e direi che rientravano quasi tutte le competenze che deve avere un facilitatore. Leadership, capacità di problem solving, capacità di esposizione, di esposizione proprio discorsiva, capacità di ascolto, tutte soft skills che vengono, che si acquisiscono sia con l’esperienza sia appunto… Teniamo presente che c’è anche un aumento, un incremento dei corsi e dei workshop che riguardano la facilitazione, per cui io personalmente lo vedo in maniera positiva.

E poi soprattutto bisogna pensare anche alla modalità ibrida, anche se a me la cosa non manda in esaltazione. Io sono più per la facilitazione di persona, però essendo una cosa che senz’altro si potrà sviluppare nel futuro, nulla esclude che ci sia anche la facilitazione ibrida, per cui anche da remoto o da remoto e in presenza. Diciamo che è senz’altro una cosa di quelle da tener presente. Io sono un amante della facilitazione in presenza, anche perché la mia prima certificazione è stata design thinking ed è stata in presenza, sia quando ho seguito il corso per diventare facilitatore sia poi quando lo faccio, l’ho fatto quasi sempre in presenza.

Diciamo che mi è capitato una o due volte di farlo online e le difficoltà sono totalmente diverse. Anche perché bisogna gestire differenti tempistiche, anche solo per i break perché l’attenzione online dopo un’ora neanche va scemando. Questa è la mia esperienza, volevo raccontarvi questo.

Serena Mandanici Calabrò: Benissimo. Allora Andrea, ti ringrazio, come dicevo all’inizio, anche per la disponibilità, perché comunque si tratta di un argomento interessante e secondo me è un tema ancora poco conosciuto dal punto di vista proprio del valore che può portare all’interno delle aziende. Quindi grazie ancora.

Andrea Romoli: Grazie a voi.

Serena Mandanici Calabrò: Grazie a tutti.

Grazia Sigismondo: Grazie a tutti. Arrivederci.

Andrea Romoli: Arrivederci.

Facilitazione e crescita aziendale

Serena è operation manager, Account Based Marketing e Account Based Growth specialist per Adv Media Lab. Con esperienza pluriennale specialistica tra marketing e advertising in grandi aziende, la sua attività ogni giorno gravita intorno allo sviluppo e pianificazione di strategie volte all’integrazione tra area marketing e vendite.

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