Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
In “Il Trono Oscuro – magia, potere e tecnologia nel mondo contemporaneo”, Andrea Venanzoni delinea un legame profondo tra il digitale e l’esoterismo.
Andrea Venanzoni collabora con le cattedre di diritto costituzionale, è consulente legale, specializzato in profili giuridici della società digitale e saggista.
Scrive su Il Foglio, Libero e Il Riformista . Ha pubblicato, tra gli altri, i volumi “La tirannia dell’emergenza” (Liberilibri, 2023) e “La sovranità digitale tra sicurezza nazionale e ordine costituzionale” , con M. Proietti (Pacini Giuridica, 2023) e “Il trono oscuro – magia, potere e tecnologia nel mondo contemporaneo” (LUISS University Press, 2022), su cui verte questa intervista.
A intervistarlo è Roberto Siconolfi , sociologo, saggista e mediologo. Collabora dal 2016 con numerose riviste e giornali cartacei e on line. Scrive saggi e pubblicazioni scientifiche presso il CRIFU, insegna Sociologia e mediologia per la UniTre, è relatore per il canale YouTube Libreria Cavour Esoterica. È, inoltre, relatore per Lab Academy e autore di molti dei nostri blog post.
Nonostante la tecnologia venga spesso vista come simbolo di progresso , le sue fondamenta si intrecciano con il misticismo. Non solo: anche figure di rilievo in ambito tecnologico, come Steve Jobs e Zuckerberg, sono dichiaratamente inclini alla spiritualità.
Durante l’intervista, viene evidenziato come la tradizione gnostica si rifletta nelle ambizioni della Silicon Valley. Questa “tecnognosi” influenzerebbe profondamente gli individui, specialmente attraverso strumenti come le “Data Voodoo Dolls”, cioè alter ego digitali delle persone create mediante profilazione di massa. I dati, le informazioni hanno ormai superato in valore la realtà materiale. Addentriamoci in queste tematiche.
Nella sua opera Il Trono Oscuro porta a galla le origini nascoste, esoteriche, magiche di tutto quell’universo tecnologico, informatico, digitale nel quale siamo immersi. Possibile? Le tecnologie che abbiamo sottomano hanno origini di questo tipo? Ma non sono il frutto del progresso?
Quando l’economista britannico Keynes definì Isaac Newton non il primo degli scienziati ma come l’ultimo degli alchimisti, aveva in certa misura ragione da vendere. È noto, dal punto di vista empirico, l’interesse profondo nutrito da Newton per le scienze esoteriche e per l’alchimia.
Al giorno d’oggi ci apparirebbe una intrinseca contraddizione, ma per lunghissimo tempo scienza e magia si sono date per così dire la mano, nel tentativo di razionalizzare l’irrazionale e di proteggere l’individuo dai misteri del cosmo.
Ogni scoperta, ogni invenzione, porta con sé il peso di una ferita, di una rottura, tanto ciò vero che si parla di valenza disruptive dell’alta tecnologia : i traumi necessitano, sempre, di una adeguata comprensione, non solo intellettuale ma anche spirituale, al fine di non ingenerare meccanismi che siano solo distruttivi. E necessitano del pari di una medicina che tenga a bada i demoni del caos.
Quando non riusciamo a dare spiegazione a un fenomeno , quando, ad esempio in tema di intelligenze artificiali, la scienza si unisce in simbiosi, nella narrazione collettiva, con distopia e fantascienza , e si paventano forme meccaniche intelligenti che potrebbero dispoticamente prendere il sopravvento sull’essere umano, ecco tornare a delinearsi lungo la linea d’orizzonte la sagoma ombrosa della magia, chiamata a dare spiegazione e sostanza a quanto la nostra mente non riesce, o non vuole, comprendere.
Non a caso Arthur C. Clarke ha coniato la sua famosa legge secondo cui l’alta tecnologia finisce con il divenire indistinguibile dalla magia.
La crisi della narrazione – Byung-Chul Han
E allora in cosa consiste questa azione magica alla base del mondo tecnologico, o meglio, dove hanno agito i maghi del mondo del digitale, del world wide web, del cyberspazio, in quale zona della realtà?
La distruzione creatrice importata dall’alta tecnologia deve essere padroneggiata. Ma padroneggiarla compiutamente non è operazione semplice. Per questo siamo soliti guardare ai titani del digitale come a figure demiurgiche, visionarie , in grado di imprimere cambiamenti radicali e drastici alla società e al nostro stesso modo di stare al mondo.
Quando la tradizione rabbinica escogitò la figura del Golem, divenuto ormai topos letterario pieno e noto, penso al romanzo di Meyrink ‘Il Golem’, nei fatti ha dato vita per fini di protezione alla materia inerte, resa vita meccanica connessa alla volontà di chi ha portato alla vita l’essere di argilla.
Si tratta di un elemento da sempre connaturato alla mente umana che ha necessità di ridurre a procedura qualunque mistero; il rito magico, come lo stesso rito religioso, sono forme di protezione dell’essere umano dall’ignoto cosmico e dai misteri della natura.
Lo stesso pensiero giuridico ha cercato di proteggere la complessità sociale escogitando quella sorta di Golem normativo che è la persona giuridica. In molti studi storico-giuridici che ripercorrono la fenomenologia della personalizzazione giuridica dell’inanimato, come le società di capitali, si ritrova questa aura quasi mistica, della figura inanimata portata magicamente alla vita, penso in questo alle analisi di Hart e di von Gierke.
Tutta la storia del pensiero umano è una storia che ha anche una declinazione metafisica e magica. Nell’alta tecnologia molto spesso le idee vengono scatenate da un qualche elemento misterico, che ha rappresentato la scintilla di un progetto o di una innovazione o della funzionalità di un dato strumento.
Non a caso sentiamo parlare di algoritmi come oracoli, e Oracle in fondo si chiama una nota società, di modelli predittivi, di profilazione, di dati utilizzati come feticci Voodoo. È un’operazione tremendamente umana, forse troppo umana, che avviene ogni singolo giorno, incidendo sul reale.
I device tecnologici che utilizziamo alterano e modificano la nostra percezione dello stare al mondo , modificano il tempo, lo spazio, abbattono le barriere temporali, ci connettono in una ragnatela comunicativa globale, diventando quel ‘computer intimo’ di cui parla la sociologa D. Lupton.
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Ci sono dei centri, delle dottrine, dei personaggi fondamentali in questa operazione?
I personaggi più noti della Silicon Valley hanno sempre tradito interessi di matrice spirituale . Basta ripercorrere le loro biografie.
Dall’interesse molto forte ed esistenziale di Steve Jobs per induismo e zen di scuola Soto ai viaggi in India di Zuckerberg, passando per i continui riferimenti mistici e ai demoni di Elon Musk che spesso riferisce le intelligenze artificiali a forze ctonie.
D’altronde, di contro, molti occultisti sono stati anche scienziati o si sono comunque interessati di scienze: dal mago elisabettiano John Dee a uno dei padri nobili della scienza aeromissilistica, Jack Parsons, che fu seguace di Aleister Crowley e molto attivo in California con le sue pratiche magiche e del quale proprio in queste settimane viene pubblicato anche in Italia il ‘Book of Babalon’, curato da Roberto Migliussi. È nella natura delle cose, per le motivazioni che dicevo prima.
L’innovazione scientifica e tecnologica finisce per collimare necessariamente con la potenza misterica della magia . Pensiamo alla celebre citazione di Oppenheimer ‘Ora sono divenuto morte, distruttore dei mondi’, che lo scienziato trasse, sia pure con traduzione non perfetta, dalla sapienza hindu.
Capra, nel suo bellissimo ‘Il Tao della fisica’, ha doviziosamente illustrato gli elementi di connessione tra dottrine religiose e mistiche e gli ambiti più radicali della speculazione scientifica.
Nella sua opera compare spesso il termine gnosticismo, un corpus dottrinario variegato che mira all’elevazione dell’uomo attraverso la conoscenza. A che titolo si può parlare di gnosticismo in questo caso? Vi è una particolare commistione tra la conoscenza e la manipolazione delle forze invisibili, presupposto anche della magia, con la conoscenza e la manipolazione delle forze informatiche e del digitale? Ci vuole spiegare in maniera sintetica ma esaustiva, anche per i profani, come avviene questo processo?
Quel che trovo più affascinante di certe derive gnostiche dell’alta tecnologia è la propensione alla forma della disintermediazione totale. Lo gnosticismo, volendo semplificare all’estremo, dal punto di vista rituale, della praxis, ha ambito storicamente al superamento della dimensione istituzionale e rappresentativa, tanto da aver rappresentato una piena rottura con i culti organizzati e le religioni storiche.
L’idea di abbracciare una conoscenza assoluta e totalizzante, ricorrendo alla forza dell’individuo, e lontano dalle spire di una istituzione ritualizzata, è una delle più evidenti e forti ambizioni della Silicon Valley e della cultura digitale.
Anche qui, questo genere di conoscenza non è per tutti: la tecnognosi, di cui per primo ha scritto Erik Davies e che ho omaggiato in un capitolo del volume, nei fatti diventa anche strumento potente di marketing.
Mediante l’utilizzo massivo dei dati si può non solo ricavare un modello sui comportamenti e sulle preferenze di un individuo, ma lo si può strutturalmente manipolare.
È quanto avvenuto con le Data Voodoo Dolls usate da alcune piattaforme digitali, proprio come elemento di profilazione intima degli utenti. La tecnica, letteralmente, entra nel corpo e nella mente delle persone. Parafrasando Nietzsche, se guarderai a lungo nell’algoritmo, l’algoritmo guarderà dentro di te.
Chiunque faccia acquisti online sa bene a cosa io mi stia riferendo; molto spesso ci vengono consigliati libri, dischi, oggetti a cui stavamo solo pensando, magari in maniera ancora solo indecisa e velata, e che non avevamo mai ricercato sul serio.
E quando ci troviamo davanti un dato oggetto, consigliato in maniera suadente, sentiamo di volerlo e di averlo sempre voluto.
“It from bit” , afferma il fisico Wheeler, “dal bit all’atomo” è il motto dell’industria 4.0, in pratica è come se il processo di creazione si sia capovolto: l’organico, la vita, a partire dalla macchina, e non più la macchina come frutto della creazione umana, quindi della vita. Ci sono delle riflessioni di carattere storico, antropologico, e anche appunto di tipo magico, esoterico, riguardo questo passaggio che sembra davvero cruciale? È un passaggio fluido, o con dei rischi? E se rischioso a che livello?
L’universo è composto di informazioni. La vita umana è strutturata su layer di informazioni. L’alta tecnologia ha solamente esasperato un processo di sussunzione delle informazioni nei gangli nodali dei processi istituzionali, decisionali, politici, commerciali, un processo che era comunque presente nella storia dell’umanità.
Quando una società commerciale vuole proteggere i propri segreti, le proprie formule, i flussi informativi, lo fa perché sa che la sua stessa esistenza si basa su quei dati.
Ciò che sta avvenendo ora, è il passo evolutivo successivo; l’informazione sopravanza il biologico e il materiale, e diventa un valore superiore a qualunque altro bene.
Si pensi alla finanziarizzazione dell’economia: con i nuovi contratti, ad esempio i derivati, gli swap, e con lo short-selling speculativo noi vendiamo e compriamo e nei fatti scommettiamo aleatoriamente su elementi differenziali che non hanno sostanza fisica. Compriamo e vendiamo informazioni, basate sulla differenza tra valore di acquisto e di vendita, o informazioni sulla solidità di una data società commerciale e dei suoi prodotti finanziari o sulla tenuta complessiva del mercato.
È nei fatti un’economia basata su una realtà alternativa in cui non c’è più carne ma solo informazione trasmessa per via elettronica.
In questo caso, per sapersi orientare nel mare magnum caotico di questi mercati del tutto digitali, bisogna davvero sviluppare caratteristiche vaticinanti e oracolari.
Che sia un processo rischioso, mi sembra evidente.
L’integrale virtualizzazione dell’esistente e della relazionalità sociale è una fuga in accelerazione contro un muro, perché finisce per generare generazioni di disadattati anti-sociali.
Le analisi condotte nelle viscere delle grandi società internazionali maggiormente calate in questa dimensione dimostrano propensioni e attitudini allarmanti dei propri componenti, dai suicidi a strani rituali di iniziazione mutuati da quelli delle fratellanze universitarie che a loro volta sono ripresi da gruppi esoterici.
Di questi aspetti specifici me ne occuperò nel seguito de ‘Il Trono oscuro’.
“Quando ci troviamo davanti un dato oggetto, consigliato in maniera suadente, sentiamo di volerlo e di averlo sempre voluto.”
Dalla sua analisi, dalle sue riflessioni, vi sono due tipi di mentalità magico-tecnologiche (o gnostico-tecnologiche), che fanno capo a due modalità diverse di intendere la magia. La prima che si mette al servizio del potere, dai tempi dell’Impero britannico fino al nuovo Impero a-spaziale della Silicon Valley; la seconda invece che non serve il potere ma semplicemente se stessi (l’elevazione di se stessi). Qual è la differenza sostanziale e quali sono le scene e i personaggi chiave che animano questi due approcci?
Qualunque forma di pensiero magico è intrinsecamente funzionale ad un potere, e in questa chiave di lettura non c’è alcuna differenza. La differenza – e radicale – risiede invece nel modo di intendere la natura del potere.
Potere istituzionale, quel potere che aggrumato attorno a schemi organizzativi determina il canone della sovranità e l’emersione dello Stato, oppure potere individuale.
Nel corso dei secoli, abbiamo avuto consiglieri di regnanti che sono stati dei maghi, il caso più eclatante è quello di John Dee che fu riverito e ascoltato consigliere di Elisabetta I, nonché coniatore del concetto stesso di Impero britannico a cui fornì le basi concettuali di legittimazione, modellate su basi prettamente esoteriche.
Credo sia importante rilevare come un mago, un occultista, anche quando si mette al servizio di un potere, coltiva l’idea di piegare e influenzare quel potere, ed è verosimile pensare che Dee non abbia fatto eccezione. Stesso a dirsi per tutti gli occultisti che ebbero a collaborare con le autorità durante la Seconda guerra mondiale, tanto sul versante britannico quanto in quello tedesco.
Ci sono poi altri individui che rifuggono qualunque modalità organizzativa, persino in ambito magico. Il caso paradigmatico è stato quello di Austin Osman Spare, che per tutta la sua esistenza ha coniato, forgiato e portato avanti un suo sistema magico del tutto individuale, pietra angolare su cui sarebbe stata poi edificata la Chaos Magick con il suo sistema dei sigilli e da cui si fa discendere anche la Cyber Magick.
Quindi anche da un punto di vista del potere politico, che ovviamente si incrocia con quello della tecnica e la tecnologia, le fondamenta che danno energia ad imperi e rivoluzioni varie vanno ricercate nel mondo esoterico?
Gli arcana imperii del potere, espressione tacitiana, sono quelle ombrose caratterizzazioni del potere nel suo esercizio , con i suoi modelli, i suoi rituali.
Spesso si parla di ‘Stato profondo’, e a ben vedere la macchina statale, a certi livelli, opera come una società segreta, con i suoi linguaggi, i suoi codici espressivi e comunicativi diversificati rispetto quelli dei semplici funzionari o dei cittadini.
Ogni forma di potere ha una scaturigine mistico-sacrale, e non a caso la sovranità porta con sé terribili radici sacre, che oscillano tra la spada del Signore e la legittimazione divina ad esercitare quel dato potere.
Da Carl Schmitt a Georges Bataille che si sono interrogati su questo lemma così terribile, ma penso anche a Jean Bodin, che scrisse un’opera fondamentale sul potere sovrano e che allo stesso tempo ci ha lasciato un curioso e inquietante Trattato di demonologia, la sovranità si ammanta di sfumature metafisiche.
Quando un potere vuole affermarsi, facendo irruzione sul palcoscenico della storia, è naturale faccia ricorso a elementi fascinatori, avvolgenti, misterici, che spesso rappresentano il cardine su cui consolidarsi.
Le origini, e le radici, culturali di un dato assetto istituzionale non possono mai prescindere da una forte mobilitazione del corpo sociale, una mobilitazione che spesso passa attraverso l’irreggimentazione religiosa o spirituale.
Etica, consapevolezza ed equilibrio nel digitale
Roberto Siconolfi e Cristian Maddaloni
Webinar & Live Q&A – 12 Settembre dalle 16.00
A riguardo ha parlato spesso del caos, in ambito magico, con la relativa Chaos Magick , ovvero la forma di conoscenza alla quale si abbeverano gli alti in grado della rivoluzione tecnologica e digitale, ma lei afferma che il caos ha assunto un ruolo cruciale anche nella vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2016? In che senso la vittoria politica di quello che è sicuramente un outsider, ma pur sempre un potente, si è forgiata nelle forze del Caos. Si tratta del famoso “vaffa generale” agitato dal leader politico italiano Beppe Grillo oppure c’è dell’altro? Un caos profondo, distruttore, prodotto dall’attività internettiana potrebbe stare alla base anche di un certo populismo e cospirazionismo contemporaneo?
La digitalizzazione ha innegabilmente sospinto verso la superficie del discorso pubblico un autentico paradigma del caos: intendendo per tale, la forma di un ordine irrazionale che si espande tentacolarmente attraverso la negazione della ragione.
Utilizzando un dato social, abbiamo la percezione di essere parte di un flusso informativo e decisionale , un commento sotto la diretta di un leader politico ci fa sentire parte di un tutto che ci lascia ascendere dalla nostra dimensione di anonimo volto nella massa a ingranaggio delle decisioni dello Stato.
Ma questa nostra percezione è soffocata dal caotico rumore di fondo del flusso digitale , dentro il quale ciò che scriviamo diventa un semplice graffito portato via come un ramoscello dalla corrente oceanica.
Il caos che invece riferisco a figure come Trump è quello tipico degli archetipi delle divinità-trickster, quelle figure che a ogni latitudine, dalla greca Eris allo spirito del Coyote presso gli indiani Winnebago, hanno seminato irrazionalità, discordia, connettendo l’essere umano, e nonostante e attraverso proprio la tecnologia, al suo animo primordiale e ferino.
Il Divino-briccone investigato da Jung, Kerényi e Radin, una figura che semina scompiglio e che attraverso la propria oscurità pone in equilibrio l’architettura del cosmo. Qualcosa di più radicalmente profondo del demagogico e scialbo ‘vaffa’ grillino.
Non sto dicendo che Trump sia stato consapevole di questo ruolo, ma la sua figura è stata usata e vista da una vasta parte di chi si è agitato a suo favore nell’ombra azzurrognola della Rete come la figura capace di frantumare l’ordine istituzionale della politica asseritamente razionale.
Il che ha perfettamente senso in questa prospettiva, perché il caos portato dal Trickster non è malvagio o negativo, ambisce solo a rintuzzare la presunta ‘ragione’ della bontà: d’altronde non credo che la Clinton fosse un personaggio del tutto limpido o di luce, la sua sconfitta ad opera di Trump ha equilibrato l’ipocrisia della ‘bontà’.
Sempre sul versante politico, anche quella della Silicon Valley è magia del Caos adoperata in senso tecnologico, tuttavia secondo lei questo percorso è una specie di contraffazione della vera e propria magia del caos, utilizzabile per scopi genuinamente elevativi. A quale tipo di Caos si attinge nell’uno e a quale nell’altro caso? In che senso parla di Agartha riguardo la Silicon Valley?
Agartha è la mitica terra al centro del mondo, che ha popolato l’immaginario di occultisti, storici delle religioni, scrittori; da Jules Verne a Ossendowski, passando per Guenon. Terra governata dal Legislatore universale da cui sarebbe derivata e originata l’unitarietà mistica delle dottrine religiose.
In questo senso, la Silicon Valley – intendendo per tale il modello organizzativo, culturale, produttivo della Valley e non la sua incarnazione fisica e geografica – opera nello stesso modo: hub centralizzato da cui si dipanano gli snodi connettivi della società dell’informazione mondiale.
Il modello della Silicon Valley è pertanto una sorta di ologramma, una replica strutturale di uno snodo essenziale che viene copiato e appunto replicato: per questo, dico e scrivo che i modelli esoterici ripresi e coltivati da vari esponenti storici di quel mondo, tra cui anche la magia del caos, sono semplicemente forme superficiali, vissute per motivi di marketing.
Una sorta di tecno-Agartha è, poi, ad esempio al centro del bellissimo volume di Stanislaw Lem, ‘Summa Technologiae’, che mi risulta verrà ripubblicato tra non molto dalla LUISS University Press.
Homo videns: la modifica delle menti umane
Webinar & Live Q&A – 21 Marzo dalle 16:00
La singolarità tecnologica – teorizzata da Ray Kurzweil – sembra apparire, in alcune particolari visioni e concettualizzazioni, come il disvelamento di un universo del terrore di lovecraftiana memoria. Ci sono soluzioni alternative, atteggiamenti, orientamenti che l’uomo del XXI secolo può adottare per ovviare a questo pericolo a tutti gli effetti cosmico?
Le recenti preoccupazioni espresse sulle intelligenze artificiali, che preoccupano molto lo stesso Elon Musk, originano da una visione distopica e legata a certe concezioni care al transumanesimo alla Kurzweil, secondo cui la macchina finirà per sovrastare l’essere umano e il suo intelletto.
Il paradosso del Basilisco di Roko, che illustro nell’ultimo capitolo del volume, è esattamente un esercizio logico-mentale che mette alla prova il paradosso di una tecnica accelerata e oltre-umana.
Allo stato attuale il pericolo principale rappresentato dalla tecnologia avanzata è il disabituarci al ragionamento complesso, alla scrittura, alla relazionalità sociale e alla complessità di esseri intelligenti calati in società.
I device tecnologici sono utili e ci aiutano, a patto di non abusarne; perché se abdichiamo alla nostra intelligenza, al comprendere lentamente e analiticamente i fenomeni, esternalizzando certe attività alle macchine non sarà la tecnologia a divenire più intelligente dell’umano, sarà l’umano, più semplicemente, a diventare stupido.