Nel contesto globale, a differenza di quanto accade in Italia, vi è un crescente dibattito sui rapporti sempre più complessi tra impresa e giovani che si affacciano alle loro prime esperienze lavorative. Quale motivo dovrebbe spingere un giovane, al termine del proprio percorso di studi (a qualsiasi livello) ad accogliere con entusiasmo l’ingresso nel mondo del lavoro?
È l’iper-digitale, l’automazione e l’IA che in realtà potrebbero svelare sempre più un potenziale di opportunità per riallineare quello che rimane del mondo del lavoro, permettendoci di concentrarci su ciò che potremmo fare (sicuramente) meglio: ideare, innovare e instillare uno scopo (perduto, dimenticato o latente) nel nostro lavoro, nell’impresa.
Rosario Sica nel suo “Il valore del purpose” edito dalla GueriniNext punta ai fondamentali, dimostrando la necessità di dare un senso all’attività imprenditoriale: verso le persone e il futuro, e facendo comprendere come questi elementi giocheranno un ruolo sempre più consistente nel guidare le organizzazioni. L’edizione è ben strutturata e ci accompagna agilmente in un percorso ed una visione dinamica di questi fattori, sottolineandone l’importanza in rapporto della fatidica total experience che ogni azienda è chiamata oggi a gestire.
Una lettura asciutta e pratica per permettere ad ogni organizzare di ricordare, andando oltre l’identità aziendale, di concentrarsi sul “perché” un’organizzazione esiste.
Una “rotta atlantica delle imprese vincenti” qualcuno ha riportato. Difatti, completamente in balia di un’egemonia che ha usato il profitto da sempre come unico scopo del fare impresa, oggi l’imprenditore è sempre più sotto pressione nel pensare di dover elaborare un nuovo scopo aziendale oltre il profitto. Un’attenzione alla questione che spesso notiamo diventa l’ennesima attività di washing (green, black o del colore che vogliamo…). Il rischio è che la velocità, le scorciatoie e le manovre possano avere la precedenza sull’azione autentica all’interno del DNA delle nostre imprese.
Miopi, quasi sempre smemorati (e completamente abbandonati a noi stessi), dimentichiamo le buone pratiche e il modello olivettiano e il messaggio che portava con sé. Cogliamo quest’occasione grazie Rosario Sica e mettiamoci al lavoro. Magari ricordando che “non puoi fare una buona economia con una cattiva etica”.