Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
L’imprenditore è una delle figure di punta delle società contemporanee. Tuttavia, non sempre si è riusciti ad analizzare tale figura, scorgendone la vera essenza. Essenza che va oltre la natura meramente economica.
Troppo spesso, infatti, le filosofie, le scienze politiche ed economiche moderne e più in generale una certa forma mentis, sempre tipica dello stesso tempo storico, hanno appiattito tale figura sul piano esclusivamente economico.
L’imprenditore produce ricchezza e posti di lavoro, l’imprenditore mette in moto l’economia, l’imprenditore fa soldi, nel bene e nel male. E questo è quanto!
Ma è davvero tutto qui? O c’è forse dell’altro?
La vocazione è qualcosa di più profondo , qualcosa che richiama a forze ancestrali insite nell’uomo e che sono trascendenti.
In quest’articolo parleremo di:
L’imprenditore e la sua vera essenza: il ruolo secondo la vulgata
È possibile che quella che è a tutti gli effetti una vocazione possa essere riconducibile solo all’aspetto economico, o peggio ancora, al voler far soldi , magari sulle spalle e sulla pelle degli altri?
Eppure questa è la vulgata comune riguardo la figura dell’imprenditore, soprattutto in Italia. Certo, ci sono altre zone del pianeta dove per cultura nazionale la figura imprenditoriale viene ben vista, per certi versi esaltata, forse troppo, ma molte volte comunque ridotta su un piano superficiale.
Stiamo parlando dell’Inghilterra, degli USA, del mondo anglosassone in generale, in particolare di un certo mondo legato alla riforma protestante. Qui da un lato si vede nell’imprenditore l’aspetto meramente pragmatico-materiale del produrre ricchezza (il businessman ); dall’altro, nel caso del calvinismo, si esalta tale aspetto alla luce di una predestinazione divina, alla salvezza, in caso di laboriosità e successo, viceversa, alla dannazione .
Diverso, se non opposto, discorso è invece in Italia, dove un certo influsso culturale catto-comunista, vede nel produttore di ricchezza un peccatore alla ricerca del denaro (lo “sterco del demonio ”). Oppure un soggetto votato all’autorealizzazione personale (il peccato d’orgoglio). Oppure il padrone, lo sfruttatore, ontologicamente egoista, perché così “sta scritto ” nelle leggi del capitale.
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L’imprenditore secondo il mondo moderno
Questo modo di intendere l’impresa e l’imprenditore viene fuori soprattutto per via di alcune filosofie, idee ed ideologie ben specifiche di quella fase storica che dalla fine del ‘400 al ‘900, possiamo definire come mondo moderno.
Nel mondo moderno tutto si appiattisce , il mondo materiale e il materialismo prendono piede in maniera sempre maggiore, nella percezione e nella concezione base della realtà dell’uomo, dei popoli, degli intellettuali, degli scienziati, degli artisti, ecc.
Il suggello di tutto ciò è proprio la filosofia di Karl Marx, sistematizzata in collaborazione con Friedrich Engels, nel materialismo storico e dialettico.
Secondo questa concezione il capitalista , a tutti gli effetti l’imprenditore, ricava plusvalore dal pluslavoro, la parte di lavoro in più necessaria per produrre un bene, dell’operaio, e questo per costituzione ontologica del sistema economico vigente, il capitalismo.
In ultima analisi l’imprenditore è un truffatore, seppure inconsapevole, e tutta l’economia è sostanzialmente abbassata al rango di truffa a danno della classe operaia, oltre che all’espletamento di semplici necessità materiali.
Ma Marx affondava le sue teorie in altri due filosofi dell’economia politica classica: Smith e Ricardo, ai quali rimproverava di non analizzare l’economia alla luce di questo furto (in particolare nella teoria del valore-lavoro ). E di conseguenza di non analizzare tutto il sistema economico capitalistico alla luce del conflitto che questo furto genera, tra il capitalista e l’operaio.
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Le teorie moderne non materialiste e la vera essenza dell’imprenditore
Adam Smith e David Ricardo, due economisti britannici, entrambi padri del liberalismo, l’altra ideologia moderna, che al pari del marxismo, considera l’economia e gli agenti economici come meri attori di un piano basato su libero scambio, produzione di valore (economico) e interessi. Magari prendendo in considerazione il “principio di simpatia ” (Smith), ovvero il desiderio di essere apprezzato dagli altri, oltre al semplice interesse personale.
Ma ad un livello più profondo, invece, giungono altre teorie dell’economia e della figura dell’imprenditore, pur sempre rimanendo all’interno dell’epoca moderna.
Su tutti Max Weber, il quale nel suo L’etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-1905) tratteggia proprio la figura del capitalista. Max Weber riconosce gli aspetti prettamente razionali e materiali dell’economia e dell’impresa, ma accanto a ciò parla apertamente di uno “spirito del capitalismo ”.
Per certi versi egli inverte la polarità marxiana che dà alla materia e all’economia il primato, parlando dell’importanza dell’etica religiosa delle chiese riformate.
Di vedute simili sarà l’altro sociologo di impronta anti-positivista Werner Sombart, il quale riprende per l’imprenditore, diversi concetti di Weber, come l’essere dotato di “potere carismatico ”. Un vero e proprio eroe solitario , con spirito creativo, volontà di dominio e autorealizzazione, piena responsabilità sul proprio destino, capacità di innovazione, di lavoro indefesso, di leadership e di agire in contesti sostanzialmente ostili dai quali trae il giusto stimolo.
L’imprenditore secondo una visione non comune
Ma usciamo del tutto dalla vulgata comune, e lo facciamo tornando a prima del mondo moderno, andando a scorgere quella qualità, quella vocazione, quel talento, che fa dell’imprenditore un destino, una improrogabile necessità e capacità trascendente.
Si è imprenditori per essenza , per vocazione, per dharma si direbbe nell’antica India vedica, dove addirittura si assegna un varna , una casta specifica, ai produttori, quella dei vaishya , nel quadro di differenziazione degli esseri umani, tipico delle visioni del mondo premoderne.
Tutto questo sembra andare troppo oltre la vulgata comune? Non più di tanto!
Molto interessante, infatti, è il recente saggio di Giuseppe Berta L’enigma dell’imprenditore (2018) [1] .
Berta, riprende le teorie l’economista autriaco Joseph Schumpeter, il quale vede oltre il semplice movente della brama di ricchezza e della ricerca del benessere, bensì della soddisfazione per ricoprire una posizione di potere e poi la gioia donata dalla funzione creatrice.
Per Berta l’imprenditore è una sorta di Übermensch nietzschiano : “un ‘forte’” . Egli: “Possiede ‘un’eccedenza di energia’, che lo induce a un’attività inesausta, tale da costituire per lui uno ‘scopo in sé’. Per l’imprenditore il piacere dell’azione è una struttura della sua ‘realtà psichica’. In questo è simile al giocatore, al quale nessuna vincita riuscirà a distoglierlo dalla passione”.
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L’imprenditore e la sua essenza: un passato presente
Un’altra pubblicazione interessante recente è Imprenditori e samurai (2021) [2] che parte proprio dalla realtà concreta di 15 imprese dal nord al sud Italia, le cui storie rientrano molto di più in questa visione trascendente, guerriera, samurai, appunto, dell’imprenditore e delle sue imprese relative. Tra coraggio, intuizioni, e armonia del rapporto tra individuo e comunità.
Ricordando le parole del filosofo Carlo Cattaneo, citato in prefazione da Marco Vitale, per il quale: “l’intelligenza (che viene prima della conoscenza) e la volontà sono i due grandi motori dello sviluppo attraverso l’impresa ‒ e non il capitale, come hanno a lungo sostenuto i professori americani” .
Tutte qualità che poi costituiscono il tratto distintivo della manifattura italiana, del genio creativo della nostra Italia .
Collegando quindi tali qualità, insite nella figura imprenditoriale, con una specificità, il nostro genius loci , che ci caratterizza in tutto il mondo.
Qualità che non scompaiono dunque, ma sopravvivono, rendendo, quello dell’imprenditore e della sua vera essenza, un passato ancora presente!
Bibliografia
[1] Berta G., L’enigma dell’imprenditore (e il destino dell’impresa) , Il Mulino, 2018.
[2] Cappellozza F. e Gianni Dal Pozzo G. (a cura di), interviste di Maugeri M, prefazione di Vitale M., Imprenditori e samurai. Viaggio alla scoperta dei valori e dello spirito dei nobili guerrieri giapponesi nelle imprese italiane , Este Edizioni, 2021.