Silvia Salese – Psicologa, docente e speaker ad orientamento ed approccio sistemico.
Siamo portati a ritenere che gli esseri umani abbiano una percezione univoca della realtà, che un vestito abbia lo stesso colore per tutti, che su una scacchiera ci siano caselle bianche e nere e che per un prodotto alimentare costoso possa andare bene progettare un packaging nero. Ma è proprio così? I nostri sensi rilevano la realtà o qualcosa, dentro di noi, la ricostruisce e la traduce costantemente?
In questo articolo metterò in luce come nell’ambito del marketing e della comunicazione le precedenti domande siano fondamentali per raggiungere realmente il consumatore e per comprendere quanto, e come, siamo diversi nell’esperire il mondo, con i suoi prodotti, servizi, persone, ambienti.
In questo articolo di occuperemo di:
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione aziendale.
Il vestito del disaccordo percettivo
Nel 2015 abbiamo assistito ad un fenomeno diventato in brevissimo tempo virale. Si tratta della fotografia di un abito indossato dalla musicista folk Caitlin McNeill al matrimonio di un’amica, il famoso vestito che ha generato milioni di tweet e condivisioni su tutti i social network del mondo. Il motivo della popolarità di quest’abito risiede nel disaccordo generato dal suo colore: si tratta di un vestito blu con pizzo nero, o bianco con pizzo oro?
La disputa ha rappresentato molto di più di un semplice effetto ottico ben riuscito: al suo apice, la pagina Tumblr dove la McNeill aveva pubblicato la foto ha raggiunto le 14.000 visualizzazioni al secondo; nella sola notte della pubblicazione i tweet con l’hashtag #TheDress sono arrivati a 11.000 al minuto, fino ad essere stato definito da giornali come il Washington Post come “il dramma che ha diviso un pianeta”.
Mentre alcuni articoli suggerivano umoristicamente che l’abito potesse provocare una “crisi esistenziale” sulla natura della vista e della realtà, o che il dibattito potesse addirittura danneggiare le relazioni interpersonali, altri hanno esaminato il motivo per cui le persone stavano discutendo così tanto su una questione apparentemente banale. Soprattutto, se ne sono occupate la neuroscienze, naturalmente dopo che l’azienda produttrice dell’abito, la Roman Originals, ne ha confermato il colore.
Come sovente accade quando parliamo di psicologia e neuropsicologia, non troviamo un consenso uniforme.
I neuroscienziati Bevil Conway e Jay Neitz, ad esempio, ritennero che le differenze di opinione sui colori fossero il risultato di come il cervello umano percepisce il colore e l’adattamento cromatico. Conway disse che il fenomeno avesse una connessione con il modo in cui il cervello elabora le varie tonalità di un cielo diurno, enfatizzato da Neitz il quale affermò che, pur avendo studiato le differenze individuali nella visione dei colori per 30 anni, questa fosse una delle più grandi differenze individuali mai trovate fino ad allora.
Teorie simili sono state esposte da Paul Knox dell’Università di Liverpool , il quale ha affermato che ciò che il cervello interpreta come colore può essere influenzato dal dispositivo su cui viene visualizzata la fotografia o dalle aspettative dello spettatore. Anya Hurlbert e collaboratori hanno anche considerato il problema dal punto di vista della percezione del colore, attribuendo le differenze di percezione alla percezione individuale della costanza del colore.
Daniel Hardiman-McCartney del College of Optometrists affermò che l’immagine era ambigua, suggerendo che l’illusione fosse causata da una forte luce gialla che brillava sul vestito.
Il primo studio scientifico su larga scala sull’abito è stato pubblicato su Current Biology tre mesi dopo che l’immagine era diventata virale. Lo studio, che ha coinvolto 1.400 intervistati, ha rilevato che il 57% ha visto l’abito blu e nero, il 30% lo ha visto come bianco e oro, l’11% lo ha visto come blu e marrone e il 2% lo ha segnalato come “altro”.
Le donne e le persone anziane vedevano l’abito in modo sproporzionato come bianco e oro. I ricercatori hanno inoltre scoperto che se l’abito veniva mostrato con un’illuminazione artificiale di colore giallo, quasi tutti gli intervistati vedevano l’abito come nero e blu, mentre lo vedevano come bianco e oro se l’illuminazione simulata aveva una distorsione blu.
Pascal Wallisch, in uno studio pubblicato sul Journal of Vision , ha scoperto che le persone che si alzavano presto la mattina erano più propense a ritenere che l’abito fosse illuminato da luce naturale, percependolo come bianco e oro, e che i “nottambuli” vedevano il vestito blu e nero.
Le variazioni percettive individuali sono d’altronde piuttosto frequenti, e possiamo attribuirle a circa 6 milioni di minuscoli coni che si trovano al fondo del bulbo oculare, detti fotorecettori, e che elaborano i colori in modo diverso a seconda del nostro DNA.
Potremmo andare avanti a lungo, ma non importa che il vestito fosse in realtà blu e nero, che costasse 50 £ e che abbia reso ancora più famoso il brand; ciò che importa davvero è che siamo diversi, e che percepiamo visivamente il mondo in modo diverso.
“Siamo portati a vedere il mondo con occhi diversi: uno stesso stimolo, un eguale prodotto o un’identica comunicazione possono arrivare ai nostri cervelli in modo diverso.”
Consumi e percezione: un legame indissolubile
Lo studio della percezione, ovvero dei meccanismi cerebrali innescati da uno stimolo sensoriale, è legato indissolubilmente allo studio della psicologia del consumatore, e l’esempio mostrato sopra lo conferma in modo molto evidente.
Chi cerca, sceglie, acquista un prodotto o servizio – lo stesso prodotto o servizio di cui poi parlerà, si confronterà, condividerà e farà esperienza – è inevitabilmente influenzato dal modo che ha di percepire l’oggetto in esame e dal significato che vi attribuisce.
Ogni giorno siamo circondati da miriadi di informazioni visive, uditive, tattili, gustative e olfattive, ed una comunicazione inerente al consumo – sia essa un post sui social network o un menu esposto fuori dal proprio ristorante – ha bisogno di essere percepita, considerata e poi ricordata.
In questo mare magnum di stimoli che bombardano i nostri sensi, la percezione di ognuno non può far altro che selezionare ciò che è davvero interessante per noi, pena il sovraccarico cognitivo. Ma come lo facciamo? Questo dipende da molteplici fattori, tra i quali:
Le caratteristiche individuali, con la propria storia, volontà, desideri, timori, aspirazioni, valori e così via
Le caratteristiche umane universali, come il riconoscimento di determinate emozioni attraverso il volto o i bisogni fondamentali necessari per vivere o sopravvivere
La cultura di appartenenza, che ha dei veri e propri codici, tale per cui qui in Italia – ad esempio – non facciamo caso all’esposizione delle interiora di una mucca nella vetrina di una macelleria, mentre ci inorridirebbe vedere esposto un cane pronto per essere cucinato
Il periodo storico e le dinamiche sociali, che nondimeno influenzano le nostre ricerche e ciò che possiamo ritenere desiderabile o giusto per noi. Pensiamo ad esempio a quanto la crisi pandemica abbia determinato la necessità, ancora più viva, di conquistarsi la fiducia del consumatore , cambiando di fatto il marketing e la comunicazione di migliaia di aziende.
A tutto questo dobbiamo ovviamente aggiungere i fattori percettivi, ovvero il processo di selezione delle informazioni, spesso automatico, legato al funzionamento cerebrale ma influenzato anche dagli elementi sopra elencati
Il processo percettivo non avviene infatti in modo lineare, volontario e razionale; le sue conseguenze non sono sovente nemmeno prevedibili: pensiamo ai ricordi innescati da un profumo, o agli stati d’animo indotti da una melodia.
La percezione è dunque un processo immediato innescato dalla stimolazione sensoriale, ma che può essere guidato da molteplici fattori, come la memoria o l’interpretazione degli stimoli.
Ambiguità, illusioni e le diverse percezioni di consumo
Non possediamo dunque un sistema pienamente affidabile di lettura della realtà. Secondo diversi orientamenti psicologici alla teoria della mente, con i nostri apparati sensoriali, di fatto, ricostruiamo costantemente la realtà, di cui quindi non abbiamo una visione oggettiva e lineare, ma una percezione influenzata da una complessa serie di fattori.
Proviamo a fare un esempio. Nell’immagine sottostante vediamo una semplice scacchiera sopra la quale è posato un cilindro. La scacchiera in oggetto è chiamata “scacchiera di Adelson”, dal nome di chi l’ha progettata, Edward Adelson appunto, professore di “Vision Science” al MIT nel 1995.
Sulla scacchiera, in parte ombreggiata dal cilindro, vediamo quadrati chiari e scuri. L’illusione ottica consiste nel fatto di vedere il quadrato etichettato con A di un colore più scuro rispetto a quello etichettato con B. In pratica vediamo A “nero” e B “bianco”, coerentemente alla disposizione delle caselle su una scacchiera. Tuttavia, nel contesto dell’immagine bidimensionale, A e B sono di colore identico.
Puoi verificarlo anche tu in diversi modi:
Scarica, salva e poi apri questa immagine con un programma di editing grafico e usa lo strumento contagocce per verificare che i colori siano gli stessi
Ritaglia una maschera di cartone, ovvero stampa l’immagine e poi, su un cartoncino bianco, ritaglia gli spazi che corrispondono alle caselle A e B (come ho fatto io per le docenze in presenza: un modo interessante di fronte all’incredulità dei partecipanti!). Visualizzando le singole porzioni dei quadrati senza il contesto circostante, è possibile rimuovere l’effetto dell’illusione ottica e l’identico colore di A e B sarà immediatamente percepito
Collega i quadrati con un rettangolo dello stesso colore, come si vede nella figura a destra
Usa un fotometro
Stampa l’immagine e ritaglia i quadrati A e B lungo i bordi, rimuovili dal contesto e mettili uno a fianco all’altro
Isola i quadrati in modo che, senza il contesto circostante, l’effetto dell’illusione viene dissipato. Questo può essere fatto utilizzando lo strumento contagocce nei programmi di modifica delle immagini, come GIMP o Photoshop, per campionare i valori di A e B e per colorare i rettangoli appena adiacenti utilizzando lo strumento secchiello.
Ma perché accade questo? E soprattutto, adesso che sappiamo che A e B sono identici, perché continuiamo a percepirli di colore diverso quando riguardiamo la scacchiera?
Il motivo risiede nella natura del colore per il nostro sistema visivo, che in questa operazione cerca di determinare il grado di grigio dei quadrati della scacchiera. Una superficie bianca in ombra, infatti, riflette meno luce di una superficie nera in piena luce. Per decidere dunque dove sono le ombre e come compensare la loro presenza per determinare la tonalità di grigio della superficie, il nostro sistema visivo deve ricorrere a qualche stratagemma. Il primo è basato sul contrasto locale .
Sia in condizione di luce che di ombra un quadrato più luminoso rispetto ai quadrati vicini è probabilmente percepito più luminoso della media e viceversa. Nella nostra illusione il quadrato chiaro in ombra (B) è circondato infatti da quadrati neri. Questo fa sì che, nonostante il quadrato sia fisicamente scuro, esso appaia più luminoso se confrontato con quelli vicini. Al contrario i quadrati neri, esterni all’ombra proiettata dal cilindro verde (come il quadrato A), sono circondati da quadrati più luminosi, che appaiono nel confronto più scuri.
Inoltre il nostro apparato visivo tende ad ignorare i cambiamenti graduali di intensità della luce al fine di determinare il colore di una superficie senza essere fuorviato dalle ombre. Nell’esempio specifico l’ombra disegnata sulla scacchiera è calibrata in modo da scurire i quadrati chiari rendendoli uguali a quelli scuri. Il cervello interpreta il contesto dell’immagine e si convince che si tratti di un’ombra, in quanto l’oggetto che proietta l’ombra risulta visibile.
Inoltre noi conosciamo come è fatta una scacchiera: ci sono quadrati bianchi e quadrati neri, uno vicino all’altro ad intervalli regolari. Se fossimo nati su un altro pianeta, dove di scacchiere non se ne sono mai viste, percepiremmo comunque l’illusione o avremmo una visione più aderente alla realtà?
Nel video sottostante possiamo ben vedere il funzionamento di questa illusione ottica:
Se abbiamo saltato il pranzo e la sera andiamo a fare la spesa al supermercato, siamo certi di acquistare giusto ciò che ci serve per sfamarci, o piuttosto compreremo in modo incontrollato alimenti e bevande più del necessario? Ad ogni modo, meglio diffidare della nostra razionalità in un contesto simile.
Chi si occupa di consumo, marketing e comunicazione, non solo deve comprendere che le informazioni sono ricostruite dal consumatore, ma deve anche interrogarsi e capire in che modo avviene questa ricostruzione.
Sensazioni e percezioni
Come facciamo esperienza della realtà in senso generale? È piuttosto semplice: attraverso le sensazioni e attraverso le percezioni. Entrambe sono risposte a degli stimoli, risposte che ci permettono di acquisire informazioni, ma con differenze tra loro importanti: le sensazioni si riferiscono alla sensibilità , termine usato in fisiologia per definire la percezione mediata dal sistema nervoso degli stimoli che agiscono sull’organismo e che possono provenire dall’ambiente o dall’interno del corpo ; le percezioni si riferiscono invece a quel processo di traduzione delle sensazioni, che possono trovare differenze significative da un individuo all’altro e nello stesso individuo in momenti diversi.
Pensiamo al peperoncino e all’effetto dato dalla capsaicina: qualcuno lo trova terribile e doloroso, altri esaltante.
La sensibilità può essere suddivisa in sensibilità generale, che comprende i meccanismi di ricezione e trasmissione dell’informazione provenienti dall’intero organismo, e in sensibilità specifica, quando il sistema recettoriale è organizzato in organi o apparati facilmente distinguibili, che recepiscono stimoli specializzati.
La sensibilità generale può essere suddivisa in tre tipologie:
La sensibilità meccanocettiva, che comprende la sensibilità tattile e posizionale e che recepisce come stimolo le sollecitazioni meccaniche
La sensibilità termica, che percepisce la temperatura e le sue variazioni
La sensibilità dolorifica, che percepisce il dolore e le sue soglie.
Le sensazioni invece si possono distinguere in base al meccanismo sensoriale coinvolto, per cui avremo:
Sensazioni esterocettive (o superficiali), che raccolgono tutti gli stimoli provenienti dall’esterno del corpo (cute e mucose più sensibili, come quella orale), e che comprendono la sensibilità tattile, termica e dolorifica
Sensazioni enterocettive (o viscerali), dove rientrano le sensazioni ricevute dagli stimoli provenienti dagli organi interni (vasi, sierose e visceri)
Sensazioni propriocettive (o profonde), che provengono dai segnali originati dall’interno del corpo, esclusi i visceri; possono arrivare dal sistema muscolo-scheletrico, dal vestibolare dell’orecchio, dalla pressione e così via
Tutti questi input sensoriali vengono captati da specifiche cellule o gruppi di cellule capaci di trasmettere l’informazione al cervello attraverso il sistema nervoso centrale. Il cervello a sua volta elaborerà queste informazioni e infine, grazie alla modalità in cui verranno organizzate e tradotte, si avrà la percezione.
Facciamo degli esempi nei consumi e tuffiamoci per un momento nel mondo del senso della vista, uno dei più rilevanti nel marketing.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione aziendale.
Vedere il mondo
La vista ha un ruolo determinante nello studio della psicologia dei consumi e nella comunicazione in generale. Dal momento che quasi due terzi degli stimoli che arrivano al sistema nervoso centrale passano attraverso il sistema visivo, è opportuno dare una posizione di rilievo all’immagine, sia essa il prodotto di una campagna pubblicitaria, sia essa un packaging, o ancora il sorriso del negoziante momento dell’incontro con il cliente.
Abbiamo avuto modo di parlare di come avviene la percezione visiva in un mio precedente articolo relativo all’eye-tracking , per cui non mi dilungherò nella spiegazione tecnica di come essa funzioni. Ci basti solo ricordare il concetto seguente: “la percezione visiva è diversa dalla distribuzione fisica della luce sulla retina perché è il risultato di un vero e proprio processo di traduzione e interpretazione” .
Pensiamo ad esempio al colore, la cui percezione è influenzata enormemente dai significati che vi attribuiamo; difficilmente, ad esempio, vestiremmo di rosso ad un funerale.
La psicologia dei consumi indaga, rispetto allo stimolo visivo, diversi fattori:
1) La facilità vs la difficoltà nella percezione visiva stessa
Pensiamo ai molti casi in cui occorra fare in modo che un solo stimolo attiri l’attenzione, e che il contorno rappresenti la cornice o il contesto; in questo caso è ovvio che lo stimolo target debba essere ben visibile. Per stabilire se lo sia effettivamente o meno, devono essere valutati tutti gli aspetti: il consumatore dove incontrerà quel particolare stimolo? In quale posizione? Cosa vedrà tutto intorno? E dove lo vedrà? Nella psicologia del comportamento digitale è in primo luogo necessario conoscere il dispositivo dal quale si collegherà il consumatore, e le diverse grandezze degli schermi vanno ben studiati e valutati. Pensate al fastidio generato da immagini confuse, testi troppo piccoli e colori sfocati sul nostro smartphone. Immediatamente la percezione genererà una reazione, che sovente corrisponde al chiudere quella pagina e passare ad un’altra.
2) I significati culturali delle immagini e dei colori utilizzati
Aspetto importantissimo per chi si rivolge a differenti Paesi. L’Oreal, ad esempio, usa sapientemente i significati culturali attribuiti alla sensualità. Guardate le immagini sottostanti: un medesimo prodotto, in questo caso un lucida-labbra, troverà la comunicazione più appropriata al Paese di interesse scegliendo una testimonial che rimanda a identificazioni diverse. Se per la Francia la sensualità è mostrabile e, anzi, incoraggiata nelle forme e negli atteggiamenti, negli Stati Uniti la consumatrice la troverà più appetibile se associata al candore e all’innocenza. Una questione di codici culturali.
3) Le sensazioni fisiche generate dal colore
Di fatto influenzano le emozioni e l’arousal, ovvero l’attivazione fisiologica temporanea del sistema nervoso. Secondo diversi autori si può facilmente individuare l’effetto dei colori in base alla loro presenza in natura. I colori accesi come il rosso o il giallo – ovvero il colore del sangue e del sole – inducono uno stato di eccitazione. Non a caso il rosso è il colore della passione, della sensualità e, ai suoi estremi, del pericolo e della rabbia; idem per l’arancione, che viene usato per comunicare vitalità, gioia, calore. Con l’arousal si osservano naturalmente anche cambiamenti nella pressione sanguigna, nella frequenza respiratoria, nel movimento oculare, ragione in più per ragionare sugli effetti che i colori possono indurre.
Ricordiamo ad esempio Alixir, la linea “luxury” di alimenti Barilla famosa come “unsuccess story”. Perché non venne amata dai consumatori? Diversi esperti adducono il fallimento di Alixir proprio al colore: l’uso del nero per un alimento di consumo quotidiano non è stato apprezzato, un po’ come la confezione della “Mozzarella Francia” di qualche anno fa.
“Quasi due terzi degli stimoli che arrivano al sistema nervoso centrale passano attraverso il sistema visivo, è opportuno dare una posizione di rilievo all’immagine, sia essa il prodotto di una campagna pubblicitaria, sia essa un packaging.”
Il lavoro tra vocazione e responsabilità – Intervista a Massimiliano Pappalardo
Conclusioni
Sebbene molto ci sarebbe da dire sull’argomento, con questo articolo speriamo di aver generato almeno la curiosità e l’interesse verso il variegato mondo della percezione nel lettore.
Se l’obiettivo è stato raggiunto, emergerà una vastità di domande sulle quali varrebbe la pena interrogarsi prima di generare una campagna di marketing, pubblicare un post, progettare un punto vendita o riorganizzare un ufficio. Esiste il modo perfetto di farlo? No, e non è questo l’obiettivo della psicologia dei consumi.
Esistono tuttavia modalità che risultano armoniche e interessanti per il consumatore, questo sì. Come sempre, partiamo dal presupposto che il primo step sia l’individuazione della propria nicchia di mercato e delle caratteristiche psicografiche della buyer persona. Il ruolo della percezione è fondamentale in questo e non deve essere dato per scontato.
D’altronde cosa c’è di più affascinante del comprendere come gli altri costruiscono il loro mondo?
Alla prossima puntata.
Bibliografia
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