Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
La tecnologia progredisce sempre più e a livelli oramai esponenziali. Alla luce di ciò, vi può essere un’integrazione tra il progresso tecnologico e l’ecologia?
Questo tema è all’ordine del giorno, non solo in ambito culturale, ma anche in quello politico, per i provvedimenti da attuare al fine di giungere a una sempre maggiore integrazione tra la sfera tecnologica, appunto, con quella ecologica, oltre che con quella economica e sociale.
Dobbiamo analizzare e comprendere i vari passaggi storici, e le concezioni filosofiche, che più di tutti hanno caratterizzato e caratterizzano i rapporti tra tecnologia ed ecologia.
A partire dalle riflessioni di Martin Heidegger sulla tecnica, e dalla distinzione che egli faceva tra la tecnica antica e quella moderna, effettueremo un excursus sull’evoluzione dei processi storici e del relativo rapporto tra evoluzione tecnico-tecnologica ed ecologia.
In questo articolo parleremo di:
Webinar & Live Q&A – 21 Febbraio dalle 16:00
Riflessioni sulla tecnica
Si è soliti affrontare la tecnologia nei suoi aspetti meramente tecnici ed utilitaristici, e, nel migliore dei casi, alla luce dei vari leit motiv del nostro tempo.
Tra questi leit motiv vi è sicuramente il rapporto tra la tecnologia e l’ecologia , nel famigerato processo di transizione ecologico-digitale .
Oppure, per quanto riguarda gli esperti del settore, ci si concentra sulla cosiddetta governabilità o non governabilità dei progressi tecnologici, o ancora sulla tollerabilità di essi.
Proprio per via di un surplus di progressi e nuove e continue scoperte, in quella che è stata definita da alcuni filosofi della comunicazione come Cosimo Accoto una nuova era inflazionaria , giungono nuove tecnologie la cui “portata della loro rappresentazione del mondo minaccia i confini delle precedenti nozioni culturali di realtà”[1] .
Ma il punto fondamentale di tutto ciò sta, dal nostro punto di vista, nell’ambito filosofico e metafisico della questione, e a riguardo ci vengono in aiuto le riflessioni sulla tecnica di Martin Heidegger.
Secondo il filosofo tedesco: “l’essenza della tecnica non è affatto qualcosa di tecnico”[2] . La tecnica dunque non è semplicemente un mezzo, ma un modo del disvelamento[3] della verità.
Che cos’è la tecnica per Martin Heidegger?
Da queste basi possiamo partire per delle riflessioni strutturate sulla tecnologia. Con le specifiche di Martin Heidegger sulla tecnica che va oltre la tecnica .
Essa è un qualcosa che incatena l’uomo , sia che la accetti con entusiasmo che la neghi con veemenza. Benché egli sia animato da volontà di dominio, sulla tecnica, oltre che sul mondo, la tecnica minaccia di sfuggire al suo controllo.
L’uomo si rapporta ad essa in maniera prettamente strumentale, esatta da un punto di vista funzionale, ma non comprende però la sua vera essenza, che non ha nulla di tecnico in quanto tale ma che dona però il potere di conoscere.
La tecnica infatti include sia il significato greco di ποίησις , che di τέχνη , e dunque tanto produzione quanto saper fare nel senso artigianale o delle arti superiori e belle arti.
τέχνη e conoscenza sono connesse per i greci: saperne di qualcosa, secondo una modalità che dona apertura dunque, e che proprio in quanto tale è aprente, disvela.
La tecnica in ultima analisi non serve solo a fare e maneggiare, ma il suo ambito decisivo si trova nel disvelare e nella disvelatezza, laddove risiede la verità (aletheia ).
E da qui possiamo effettuare un’importante differenza tra la tecnica classica e quella moderna.
“La tecnica è un qualcosa che incatena l’uomo, sia che la accetti con entusiasmo che la neghi con veemenza. Benché egli sia animato da volontà di dominio, la tecnica minaccia di sfuggire al suo controllo.”
Tecnica classica e tecnica moderna: integrazione o dominio della tecnologia sulla natura
Per Heidegger la tecnica classica è pro-duzione , nel senso appunto di disvelamento, in relazione con la verità, portare innanzi a qualcosa, quella moderna è pro-vocazione , nel senso di richiedere, al fine di accumulare energia per poi riutilizzarla.
Disvelamento che indica sia il portare innanzi qualcosa, ma anche l’apparizione della verità.
Una doppia natura che è comunque condivisa da entrambi i tipi di tecnica.
Quindi se la tecnica classica è in qualche modo integrata alle dinamiche naturali, quella moderna pretende dalla natura la fornitura di energia per l’accumulo e l’utilizzo.
E quindi: “l’energia nascosta nella natura viene messa allo scoperto, ciò che così è messo allo scoperto viene trasformato, il trasformato immagazzinato, e ciò che è immagazzinato viene a sua volta ripartito e il ripartito diviene oggetto di nuove trasformazioni”[4] .
L’uomo prende parte a questo processo, ma questo operare non è puramente umano, né tantomeno la tecnica è un operare puramente umano.
Tutto con la tecnica moderna è un oggetto da manipolare, tutto deve essere finalizzato a qualcosa, pure l’uomo stesso, il suo pensiero e le componenti stesse della natura.
Tutto diventa riserva pronta all’uso nel grande processo della tecnica e perde la sua funzione originaria. E di conseguenza il Reno non è più semplicemente un fiume, ma un elemento incorporato nella centrale[5] di energia elettrica.
Il mondo come Gestell, im-posizione, ovvero “il modo di disvelamento che vige nell’essenza della tecnica moderna senza essere esso stesso qualcosa di tecnico” [6] , e quindi la richiesta, l’appello, che l’uomo effettua alla natura intesa come fondo da lavorare: ecco l’essenza della tecnica moderna!
Tecnologia: pericolo o salvezza? L’ammonimento di Heidegger
Il punto finale per Heidegger, per risolvere quel processo di oggettivazione di cui è portatrice la tecnica e che rende ogni ente come fine a qualcosa, può essere risolto recuperando l’altra accezione di tecnica secondo i greci, e cioè quella di ποίησις .
Secondo la massima di Friedrich Hölderlin, per il quale: Ma là dove c’è il pericolo, cresce / Anche ciò che salva.
Un’operazione che può essere fatta cogliendo il senso della tecnica, comprendendo “nella tecnica ciò che ne costituisce l’essere, invece di restare affascinati semplicemente dalle cose tecniche, infatti, quando pensiamo la tecnica come strumento, restiamo anche legati alla volontà di dominarla”[7] .
Attraverso la poesia, il mito, l’arte molto più affini alla sua essenza, come la meditazione dell’artista il quale non si chiude davanti alla costellazione della verità[8] , l’uomo realizza l’alternativa all’inevitabile destino catastrofico di un modello che usa il mondo come fondo di energie da immagazzinare ed impiegare.
Dunque la tecnica, e più in generale la tecnologia, ha una nuova sfida se vuole sopravvivere: quella di rapportarsi con la verità e l’essenza delle cose , e riagganciarsi al lato artistico e creativo dell’uomo.
Webinar & Live Q&A – 17 Novembre dalle 16:00
Il reincanto della tecnica in Michel Maffesoli
Se il dio della tecnica intesa come volontà di dominio sul mondo è Prometeo, quello della tecnica intesa come assecondamento dei ritmi della natura, portando a galla l’estro creativo che non sopprime ma valorizza l’essere e l’esserci è Dioniso[9] .
In altre occasioni abbiamo parlato su quanto il mondo attuale e post-moderno abbia in sé un che di dionisiaco, di pagano. Un paganesimo di ritorno, contemporaneo, a tratti parodistico .
Rientrano in tutto ciò la riscoperta dell’ecologia con annessi culti della natura, determinati stili di vita, artistici, di fare aggregazione in senso comunitario e tribale alla luce di un idolo, di un totem , che può essere tanto la squadra del cuore di calcio, quanto il vip dello star system , l’influencer della rete, il genere musicale e la band preferita, l’evento sportivo o il rave party.
In questo processo rientra anche la tecnica , quello che Maffesoli definisce come il reincanto del mondo , attraverso la tecnica.
Una tecnica però che non separa più dal mondo con la volontà di dominarlo, alla maniera del dio giudaico-cristiano che separa l’uomo dal giardino dell’Eden affinché lo coltivi.
Né tantomeno del progresso rivoluzionario tipico dell’ottocento e di un Karl Marx, il quale affidava a Prometeo la capacità di rompere con i legami storici, le radici che uniscono tra loro i secoli.
Dioniso e la reintegrazione della tecnologia con la natura
Il tempo di Dioniso è all’opposto un tempo radicato, del radicamento dinamico, nel quale l’uomo crea sì, ma all’interno dei meccanismi della natura e non al di fuori.
L’uomo che a detta di Pascal è canna pensante , è dunque pensante ma anche canna, perché si pensa ma alla luce delle proprie radici, e dunque in comunione con la natura.
Il disincantamento del mondo della modernità fredda aveva sorpassato anche l’equilibrio del mondo classico, che compensava la volontà di dominio con valori spirituali, simbolici e con la concezione della totalità.
Ma ora il reincanto del mondo porta ad una reintegrazione . Con Dioniso e il postmoderno, il divino si ricongiunge alla terra, ed è pienamente vissuto dall’uomo.
Un modo, forse, per mettere in atto quella necessità heideggeriana di coniugare tecnica e arte, tecnica e conoscenza, tecnica e mito, tecnica e magia.
La tecnica, e la tecnologia, realizzano, così una possibilità di integrazione con la natura!
Tecnologia e differenza filosofica tra mondo moderno e classico
Su questo crinale, di una differenza tra ciò che è moderno con ciò che è classico, potremmo articolare una riflessione e una possibilità di integrazione tra la tecnologia e la natura, l’ecologia, tutto ciò che è ambiente circostante all’uomo o, che meglio, si integra all’uomo stesso.
Il mondo classico era animato da valori, dottrine e modi di concepire e percepire il mondo unificanti, organici, olistici si direbbe oggi. Non vi era la separazione da ciò che è esterno a sé da parte del soggetto, separazione avvenuta poi in campo filosofico e scientifico.
Pensiamo al razionalismo e alla filosofia di Cartesio con la scissione tra res cogitans (anima, psiche) e res extensa (corpo, materia), e Kant, con la scissione tra Sollen (dover essere) e Sein (essere) .
Pensiamo al modello delle scienze empiriche a base illuminista e positivista, che vedranno il soggetto come conoscitore dell’oggetto, della natura e della realtà, come di un qualcosa a lui esterno, e da manipolare a piacimento.
Tutto ciò ha però, secondo la filosofia tradizionalista di un Guénon, come base di partenza una frattura, una scissione, una deviazione[10] , che ha sganciato, separato il soggetto dal mondo a lui circostante, a cominciare da ciò che sta in alto – o dentro – per così dire (lo spirito), con ciò che è a lui vicino, ovvero gli altri soggetti e gli oggetti.
La natura come parte di sé: la prima integrazione tra tecnologia e natura
In questa ottica la natura è parte di sé, è un tutt’uno con l’uomo e con il soggetto , di conseguenza il soggetto non vive e non può vivere il mondo come qualcosa da manipolare a proprio piacimento : una prima forma di integrazione tra tecnologia e natura.
E il mondo classico era pieno di divieti espliciti in tal senso, pensiamo ad esempio al divieto di andare oltre le colonne d’Ercole che vigeva per i romani. Divieto che sarà ampiamente oltraggiato dall’uomo moderno, con la sua voglia di scoprire nuove terre, e sovente di sottomettere nuove terre e nuove popolazioni.
Violare determinate leggi determinava il peccato di hybris per i greci, una tracotanza anti-divina, contro le leggi del cosmo, la quale determinava a sua volta il monito e la punizione degli stessi dei.
Ma tante altre sono le culture portatrici di saggezza in questo senso, pensiamo al mondo orientale e alla violazione del dharma nell’induismo.
Violare il dharma è violare le leggi del fato, nel senso del destino divino, decidere di non essere ciò per cui si è destinati (il proprio compito terreno).
Un’analogia con i talenti di cristiana memoria, obbligatoriamente da coltivare, pena la sottrazione di essi .
Questo è il patrimonio storico e universale dell’uomo nel suo rapporto con il Tutto, con il creato e con la natura.
Webinar & Live Q&A – 6 Dicembre dalle 16:00
Mondo moderno e tecnologia: le rivoluzioni industriali
Con la modernità, quindi, tutto il complesso di forze e conoscenze che va sotto il nome di tecnologia acquisisce un nuovo ruolo , una nuova impostazione.
È questo il tempo delle rivoluzioni industriali (dalla seconda metà del settecento in poi) le prime due, che affermano la forza dell’industria pesante, l’avvento del capitalismo, e relativamente anche di meccanismi di profonda manipolazione della materia, delle risorse naturali stesse.
Relativamente a ciò anche l’inizio di quelle problematiche legate all’inquinamento. Dall’acqua all’aria, la mano dell’uomo provoca l’immissione di sostanze nuove, nocive e tossiche, nell’acqua, nella terra e nell’aria.
Pensiamo solo alla macchina a vapore, pensiamo agli idrocarburi e al petrolio.
Si immette e si estrae, si estrae dalla natura, dalle sue risorse, in un ritmo continuo che prende sempre più, che altera sempre più.
Sarà il post-fordismo , il superamento del lavoro standardizzato, di fabbrica, e l’inizio dei meccanismi maggiormente basati sui servizi e sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) a dare la svolta aprendo al capitalismo cognitivo .
Una nuova forma di economia , una nuova forma di estrazione di valore, che tanto nelle dinamiche finanziarie quanto in quelle del lavoro nell’ambito del digitale o della rete, inizia a prendere dal cervello, dalla mente, e dal corpo umano stesso le sue risorse , squilibrando ulteriormente il rapporto tra tecnologia e natura (corpo e funzioni cognitive).
Wellbeing revolution di Alberto Ronco ed Eleonora Valè
Inquinamento e manipolazione della natura: la prima forma di squilibrio della tecnologia
Volendo rintracciare una prima forma tangibile di squilibrio delle dinamiche della natura ad opera della tecnologia , non possiamo non notare quanto l’attività industriale dell’uomo, e quanto ad essa connesso, abbia causato importanti forme di inquinamento oltre che di manipolazione di tali dinamiche.
Ciò a partire sia dall’immissione di elementi nocivi nell’ambiente , immessi dagli scarichi industriali, pensiamo solo all’ammoniaca, al cloro, ai metalli pesanti, ai cianuri. E poi l’inquinamento delle acque, del suolo, acustico, elettromagnetico, radioattivo.
Da un punto di vista delle manipolazioni dell’ambiente per motivi di produzione industriale e del consumo scriteriato delle risorse annoveriamo deforestazioni, desertificazioni, erosioni di catene montuose, manomissione alimentare, grandi disastri, ecc., con tutto ciò che consegue alle popolazioni, tra problemi di salute (zone sviluppate del pianeta), carestie e necessità di migrazioni (zone meno sviluppate).
La quarta rivoluzione industriale: una nuova era della tecnologia
L’ultima delle rivoluzioni industriali, costituisce una nuova era della tecnologia e dei rapporti tra tecnologia ed ecologia.
Il motto stesso dei Fab Lab, delle nuove fabbriche e dei dispositivi in 3D tipici dell’industria 4.0, dal bit all’atomo , mostra una vera e propria inversione del paradigma creativo stesso.
Il bit non è più produzione dell’atomo, ma al contrario, la parte inorganica (il bit) produce quella organica (l’atomo).
Il mondo materiale compare per opera del mondo informatico, virtuale.
In altri articoli abbiamo definito questo processo alla Matrix[11] , una specie di proiezione mentale del tuo Io digitale , il modo in cui si inverte il processo di creazione, ed è la macchina a generare, ovviamente sotto la direzione della mente umana.
Un processo che non si arresta al semplice mondo dei dispositivi 3D, ma prosegue con l’intelligenza artificiale e la sua capacità generativa.
Nuovi sconvolgimenti, dunque, e sconvolgimenti sostanziali della realtà , in quella che abbiamo definito precedentemente come l’era mediale inflazionaria.
Sconvolgimenti che riprendono e sorpassano gli stessi contesti nei quali Heidegger effettuò le sue riflessioni sulla tecnica (l’era dell’energia atomica), andando ancor più oltre, verso scenari altrettanto deflagranti ma per innovazione e sconvolgimento del reale.
La natura è parte di sé, è un tutt’uno con l’uomo e con il soggetto, di conseguenza il soggetto non vive e non può vivere il mondo come qualcosa da manipolare a proprio piacimento.
Tecnologia ed ecologia: una riconciliazione possibile
Alla luce di tutto ciò, è possibile una riconciliazione tra tecnologia ed ecologia, tornando a far rientrare la tecnologia, o la tecnica come dicevamo in precedenza, all’interno di dinamiche naturali?
Da più parti si parla di una transizione ecologico-digitale – per digitale possiamo intendere tutto il complesso di forze tecnologiche allo stato avanzato –, ma quanto questa transizione è qualcosa che appunto integra i due fattori e quanto essa è invece qualcosa di artificiale?
Quanto c’è di ecologico in determinate forze digitali, e quanto tali forze se non ben tollerate dall’uomo, possono portare a una disintegrazione ancor più forte e letale di quella immaginata nei confronti della natura, e dello stesso uomo?
È possibile, dunque, usare i nuovi media tenendoli ben ancorati alle dinamiche della natura, dalle quali non si discosta la coscienza umana?
È possibile disporre di una tecnologia non inquinante, o a basso impatto, pur nella sconvolgente potenza dei suoi dispositivi?
È possibile che l’uomo, possa conservare la sua essenza umana più profonda, pur nell’utilizzo o addirittura nella massima integrazione con dispositivi tecnologici tra i più avanzati e sofisticati?
Sono queste alcune delle domande principali che occorre immettere nell’ambito della riflessione filosofica.
Tecnologia ed ecologia: i piani governativi
Circa una possibilità di integrazione tra la tecnologia e l’ecologia, diversi piani governativi sono in atto, in quella che viene definita nello specifico transizione ecologica e digitale.
Innanzitutto premettiamo che per piani governativi intendiamo quell’insieme di progettualità, agende, programmazioni varie che sono tenute da quegli organismi sovrannazionali , e che costituiscono il potere politico di ultima istanza. Gruppi e conglomerati portatori di interessi di varia natura che si fondono, tra l’altro, con le più grandi agenzie e oligopoli mediatici .
Grande risalto alla transizione è dato da istituzioni sovranazionali come l’ONU, il World Economic Forum e l’Unione Europea , con piani quali l’Agenda 2030[12] , The Great Reset[13] e il Recovery Plan[14] .
L’idea alla base di tutto ciò è quella legata al climate change , una volta definito global warming , ovvero che sia l’uomo, attraverso la sua attività di emissione di CO2, a provocare cambiamenti climatici.
Di conseguenza è necessario convertire tutto il sistema economico-sociale al cosiddetto modello green , i cui capisaldi sono il superamento dell’economia ad idrocarburi e l’adozione su vasta scala della digitalizzazione.
Secondo la International Energy Agency (IEA): “Le tecnologie digitali e i dati hanno un enorme potenziale per accelerare le transizioni di energia pulita nel settore energetico”[15] .
Tecnologia ed ecologia: programmi specifici
In sintesi l’utilizzo della nuova tecnologia digitale in modo da supportare i processi di transizione ecologica si muove sulle seguenti direttive :
L’integrazione delle energie rinnovabili in maniera sempre più crescente e il miglioramento dell’affidabilità delle reti
Il miglioramento dell’efficienza energetica e dei materiali e la riduzione delle emissioni
Il decentramento e il coordinamento della distribuzione di energia , oramai non più centralizzata
A tal fine saranno utilizzate l’Intelligenza Artificiale (IA) , nella raccolta ed elaborazione dei dati e le smart grid , ovvero le reti elettriche intelligenti, al fine di monitorare e gestire l’energia elettrica da tutte le fonti di generazioni.
Si trasforma anche il ruolo dei consumatori che diventano prosumer , partecipanti all’autoconsumo collettivo di energia. D’altro canto, i gestori possono monitorare meglio la distribuzione energetica.
Transizione: quanto inquina la tecnologia?
Come abbiamo definito anche in altri articoli vi è un atteggiamento entusiastico nei confronti di alcuni progressi della tecnologia, e dei relativi progetti politici.
Questa adesione entusiastica, fideistica, irrazionale, è mossa dall’ignoranza di una certa parte dell’opinione pubblica, da interessi specifici economici in ambito della riconversione green del sistema, e infine da progettualità, idee e valori di taglio politico, culturale, e di concezione del mondo (si veda la questione del paganesimo di ritorno).
Sul piatto della bilancia, infatti, andrebbero posti anche i dati in merito all’inquinamento di questa trasformazione ecologica e digitale, e in ambito della stessa emissione della CO2.
Tra gli altri, da uno Studio sulla sostenibilità di Iab Italia e YouGov del 2021 emergono i dati su un alto impatto ambientale delle nuove tecnologie.
Il 53% degli intervistati dice di cambiare il suo smartphone e il suo tablet anche se perfettamente funzionante.
Per di più in pochi sono al corrente dell’impronta di carbonio lasciata dalle operazioni digitali (dal 55% al 70% degli intervistati).
L’invio di una mail produce l’emissione di 4g di CO2 e i calcoli sul risparmio di questa attività (mandando una mail inutile in meno a settimana ad esempio) sarebbero di 7280 tonnellate l’anno, ovvero 26000km percorsi in auto.
Tecnologia ed ecologia: i nostri percorsi
Tra webinar ed articoli abbiamo tracciato una via per portarci a vivere con consapevolezza i processi di cambiamento e i fenomeni della nostra epoca.
Tra questi vi è sicuramente il processo di avanzamento nell’ambito della tecnologia e del digitale, e la relativa capacità del soggetto, dell’uomo, di riuscire a padroneggiare quelle che sono delle vere e proprie forze , che abbiamo definito titaniche alla maniera di un Ernst Jünger[16] , o che come abbiamo visto in questo articolo hanno tutt’altro che natura semplicemente tecnica.
Bene, questa attitudine, questa capacità, questa consapevolezza atta ad integrare la tecnologia-mediatica, il digitale, nella vita dell’uomo, va trasferita anche all’esterno della vita dell’uomo. E per esterno intendiamo il contesto ambientale, la natura.
Processi e progressi tecnologici che avranno sicuramente una portata sconvolgente, anche da questo punto di vista, ma che non vanno respinti, disprezzati, fuggiti, né tantomeno come sosteniamo abbracciati in maniera entusiastica e fideistica.
È necessaria una terza via, la via della presenza , la capacità di rapportarsi ad essi con la quiete meditativa, direbbe un Marshall McLuhan[16] , grazie allo sviluppo di qualità nuove dell’umano o forse vecchie e dimenticate, o forse ancora, meglio sarebbe dire, permanenti, sempre presenti e che connotano l’uomo in quanto tale, e dunque diverso dalla macchina.
Non male proprio per l’epoca delle macchine, vero?
Webinar & Live Q&A – 21 Febbraio dalle 16:00
Tecnologia: la nostra transizione
Presenza mentale ed intelligenza emotiva alla stregua di un maestro spirituale, capacità di azione come quella di un guerriero tolteco, etica da samurai o da cavaliere medievale, se questo è il XXI secolo abbiamo qualche dubbio.
Eppure siamo nel XXI secolo, nel tempo dei personal computer, degli smartphone, dei social network, della realtà virtuale e dell’intelligenza artificiale.
Se è possibile agire con etica in tutto ciò, è possibile anche costruire percorsi etici nel rispetto delle forze della natura con tutto ciò.
Uno sviluppo tecnologico che rientri in queste dinamiche e che fluisca con queste dinamiche, come Dioniso fluisce in maniera creativa con le stesse forze naturali e creative delle quali è portatore.
Ecco la nostra transizione!