Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Le nuove tecnologie immersive se da un lato possono essere un valido supporto verso l’attività umana, non privo di rischi, anche notevoli, dall’altro nascondono possibilità insospettate ad un occhio profano.
La simulazione della realtà in tre dimensioni, secondo un meccanismo che riproduce la visualizzazione mentale meditativa, ci permette di capire quanta sia la capacità di condizionamento della mente , se non addirittura la sua capacità di costruire la realtà.
In particolare nel mondo medico, l’utilizzo della tecnologia immersiva ci propone un riadattamento dell’antico detto mens sana in corpore sano .
In quest’articolo parleremo di:
Postmodernità e nuova realtà digitale
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Realtà aumentata, realtà virtuale, metaverso: modifiche dell’esistente
Abbiamo già trattato in precedenti articoli[1] quanto il mondo contemporaneo , “postmoderno”, si presenti come un “reincanto”, un reincanto del mondo e della tecnica, e come tali possibilità si presentino con una doppia valenza, negativa e positiva.
La proposizione, a tratti parodistica a tratti “evolutiva”, della realtà in senso immaginativo, simulativo, produttivo e riproduttivo è una delle “conquiste” dello sviluppo della tecnica, o meglio della tecnologia[2].
La “modificazione della realtà” , che in altri articoli abbiamo in quadrato in un senso specifico anche da un punto di vista metafisico[3] , passa attraverso dispositivi e protesi tecnologiche ben precise. Tra queste vi sono quelle che producono la realtà aumentata (AR), quella virtuale (VR) e, il cosiddetto Metaverso.
Le differenze stanno nell’aggiungere dei dati, delle informazioni e una maggiore “profondità” , per così dire, alla realtà per come la vediamo, ma anche toglierle per semplificare il quadro – e questa è la realtà aumentata , e vi si può accedere attraverso smartphone, PC e webcam e dispositivi vari (visivi, auricolari e tattili). Essa fa la sua apparizione la prima volta nel 1968 con gli occhiali di Ivan Sutherland, per poi affermarsi in maniera maggiormente elaborata e precisa negli anni ’90 e 2000. È usata in vari ambiti, dai videogiochi, all’archeologia, al design industriale, e poi musica, letteratura, turismo, ecc.
La realtà virtuale (VR), invece, è il trasporto in un ambiente completamente nuovo attraverso la tecnologia. Praticamente, è tutto creato da capo, che siano ambienti naturali, stellari, giochi di ruolo, ecc. La possibilità di accedervi è legata sempre all’utilizzo di computer, attraverso videogiochi che consentono di immergersi nell’ambiente virtuale, attraverso web e altre applicazioni e dispositivi specifici (visivi, auricolari, tattili o completamente avvolgenti come le cybertute).
La VR nasce già dalla metà del ‘900, con Morton Heling e il cinema esperienza, che immergeva lo spettatore nell’azione, e poi con il primo dispositivo realizzato dall’MIT nel 1977, l’Aspen Movie Map.
Si afferma a partire dalla fine degli anni 80, con la nascita proprio del termine Realtà Virtuale e Jaron Lanier, il quale fondò la VPL Research. Ma c’è da dire che tutto il discorso sul cyberspazio prende piede in determinati settori della letteratura, oltre che del cinema, come ad esempio nelle opere di William Gibson, David Cronenberg e tanti altri.
Sulla stessa onda letterario-fantascientifica-tecnologica nasce il Metaverso , da Snow Crash di Neal Stephenson del 1992, che crea una realtà virtuale ma con connessione sociale. Un vero e proprio mondo alternativo , fatto di città, centri commerciali, attività varie e al quale si accede attraverso il proprio avatar, che rappresenta appunto se stessi in un’altra dimensione. Il Metaverso si consacra sulla scena economica e mondiale alla fine del 2021 grazie al social network Facebook di Mark Zukerberg[4] .
A combinazione della realtà aumentata e di quella virtuale vi è la realtà estesa (XR) , che fornisce una forma di consapevolezza sensoriale digitale guidata dal mondo fisico circostante.
Ad un gradino più basso abbiamo la realtà assistita, che invece fornisce contenuti in 2D personalizzati e sovrapposti al mondo fisico (schemi, foto, video, informazioni audio o testuali)[5] .
“La simulazione della realtà in tre dimensioni ci permette di capire quanta sia la capacità di condizionamento della mente, se non addirittura la sua capacità di costruire la realtà.”
Algocrazia – Intervista a Francesco Perillo
Benefici per il mondo aziendale
Secondo Accenture [6]per il mondo del lavoro si delineano dei benefici dovuti all’utilizzo delle suddette tecnologie. Il mondo del digitale richiede dinamismo e approcci intelligenti, la possibilità di lavorare in modo efficiente, accurato e sicuro.
Anche dal rapporto con i clienti sono state delineate le modalità d’intervento relative alla realtà assistita e aumentata:
Guidare i lavoratori passo dopo passo attraverso procedure e attività operative standard
Semplificazione della documentazione di conformità, audit e normativa
Acquisire digitalmente l’esperienza della forza lavoro durante il lavoro e renderla disponibile per sessioni di formazione
Effettuare videochiamate con un esperto in remoto per supporto o approvazione su richiesta
Fornire dati contestuali in tempo reale da sistemi di sensori aziendali e intelligenti
Per quanto riguarda la realtà virtuale , invece, dalle varie offerte di formazione sono state messe in luce le seguenti utilità :
Far raggiungere competenza ai partecipanti in un tempo più rapido, con tassi di conservazione delle conoscenze fino al 40% superiori rispetto ai metodi di apprendimento tradizionali
Far svolgere ai dipendenti compiti difficili e pericolosi in un ambiente sicuro, riducendo potenzialmente errori costosi ed evitando gravi lesioni
Migliorare le abilità fondamentali delle persone come parlare in pubblico, empatia e intelligenza emotiva
Vedere un aumento generale del coinvolgimento e della soddisfazione
Aumenta il potenziale della tua azienda. Un messaggio alla volta.
Mostre Multimediali Immersive: il dibattito e le critiche
Il dibattito sulle tecnologie e su quelle più avanzate, quelle immersive, è oramai decennale e comprende la maggior parte delle discipline della conoscenza umana, dalla filosofia alla scienza, per passare alle meditazioni sull’etica, la morale, su quanto sia lecito o meno oltrepassare certi limiti oppure su quanto sia intelligente o meno rimanere ancorati a un mondo che non è più.
Bene, tale dibattito non poteva evitare il mondo dell’arte, che è pure essa oggetto di tridimensionalizzazione , per così dire, grazie alle suddette tecnologie. Le Mostre Multimediali Immersive prendono piede a partire dagli anni ’10 del 2000 – in Italia con Uffizi Virtual Experience (2016).
Con tali mostre ci si immerge in maniera interattiva con le opere , partecipando, percependo, manipolando quella che è l’immagine digitale dell’opera a sostituzione di quella originale.
Interessante la dichiarazione dello storico dell’arte Bruno Di Marino riguardo a queste nuove modalità di approccio all’arte: “Qui si parla [di quelle mostre che] propongono allo spettatore di fare un’esperienza tecnologica, immersiva e interattiva con l’opera d’arte, sostituendo l’oggetto artistico, annullandone l’aura. Il tipo di rapporto che si innesca con il pubblico è di carattere seduttivo, ma anche compartecipativo, dunque l’aspetto positivo è di renderlo attivo, di stimolarlo percettivamente. Il paradosso è che, a fronte di questo guadagno, c’è una perdita, una mancanza e, sicuramente, anche il pericolo di creare confusione. Credo che l’unica mostra multimediale che abbia davvero senso non sia quella che sostituisce in toto le opere (da Caravaggio a van Gogh), ma che semmai crei un’integrazione con esse, permettendone una diversa lettura. Oppure mostre che non si basino su opere, ma su concetti, su temi ecc. In questo caso è l’allestimento stesso a elevarsi a opera, il dispositivo a riacquistare una sua aura e un suo significato”.
Di Marino menziona uno dei temi principali riguardanti il dibattito mediatico, quello della perdita dell’aura dell’opera d’arte grazie ai nuovi dispositivi. Su ciò si espresse Walter Benjamin in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1982) con considerazioni inaspettate per il suo filone culturale.
Benjamin vedeva nell’avvento dei nuovi dispositivi mediatici la possibilità di democratizzazione dell’arte, di divenire fruibile per le masse. Tuttavia per Di Marino ciò non basta come abbiamo visto, o meglio, i suddetti dispositivi andrebbe utilizzati per integrare, non per sostituire.
Un modo per non respingere aprioristicamente il progresso tecnologico, ma per calibrarlo in maniera utile.
Con le Mostre Multimediali Immersive ci si immerge in maniera interattiva con le opere, partecipando, percependo, manipolando quella che è l’immagine digitale dell’opera a sostituzione di quella originale.
Il campo medico
Le tecnologie immersive trovano un interessante e importante utilizzo anche in ambito medico. La fusione tra neuroscienze e protesi tecnologico-mediatiche costituisce uno dei pilastri dell’ambito mediologico, ambito del quale abbiamo più volte parlato, e nei nostri articoli[7] e nei nostri webinar .
In questo campo la realtà virtuale viene utilizzata per le riabilitazioni, e può essere sia non immersiva – non immergendosi completamente nella nuova dimensione e conservando l’ambiente esterno – oppure immmersiva per come l’abbiamo definita.
Viene utilizzata anche la realtà aumentata. Il succo della terapia effettuata in questo modo è quello di trasmettere stimoli al paziente, il quale risponde in modo realistico a tali stimoli virtuali , compresa la reattività fisiologica e neurale (embodyment), oppure ha l’illusione di trovarsi in un altro luogo e dunque di poter simulare tutta una serie di azioni per lui impossibili o non comuni[8] .
Questo sistema viene dalla gamification nata dalle prime consolle di videogiochi, e poi evolutasi nell’Exergame che miscela movimento e videogioco (exercise e gaming). Ma il passaggio verso l’ambito riabilitativo avviene attraverso l’health fitness.
Infine, oggi si è approdati alla teleriabilitazione , prendendo in carico il paziente direttamente a domicilio. Le aree di utilizzo sono il trattamento delle patologie ortopediche (protesi all’anca, ginocchio e fratture varie); patologie neuromotorie (trauma cranico, ictus, Parkinson, sclerosi multipla e gli eventuali disturbi cognitivi ad esse correlati); la riabilitazione psichiatrica; il recupero cognitivo e della memoria.
Ma questi programmi possono essere applicati anche come strumento per promuovere la qualità di vita globale dei pazienti. Laddove si presentino disabilità motorie è possibile intervenire con importanti per riabilitare le funzioni motorie deficitarie; fare training per l’utilizzo di ausili per la mobilità; intervenire per riabilitarle.
I poteri della mente
È proprio riguardo la mobilitazione motoria che tali tecnologie celano interessanti “scoperte”, ma che scoperte non sono, alla luce di tutto il discorso da noi fatto sulle tecnologie-mediatiche in grado di catapultare verso la vera comprensione della realtà.
È interessante notare come queste terapie per il recupero motorio di un arto, ad esempio, simulino tale mobilitazione a livello mentale, immergendo il soggetto in una realtà nella quale egli riesce a muovere tale arto.
Alla base vi è l’attivazione di quell’area del cervello preposta al movimento dell’arto , attivazione che avviene pur non potendo muoverlo realmente, ma solo virtualmente.
È interessante notare come sia la mente a possedere quel gruppo di funzioni che porta all’effettivo movimento corporeo. È la mente che ha il comando, è la mente che decide cosa fare o non fare, è la mente che con i dovuti tempi tecnici, è in grado di far riprendere il corpo fisico da un trauma, essendo il corpo fisico sostanzialmente plastico e plasmabile dalla forza “sottile”, “invisibile” della mente.
Nel buddhismo esistono le 5 coscienze sensoriali , ognuna abilitata a presiedere i 5 sensi, e in più esiste la coscienza della mente. Bene, qui si va ad agire proprio su questo tipo di coscienze, per provocare il movimento del corpo , contrariamente a quanto siamo abituati a pensare per cui il movimento del copro è frutto delle abilità del corpo.
Un meccanismo dello stesso tipo venne evidenziato dalle ricerche del dott. Dietrich Lehamann dell’Università di Zurigo in collaborazione con il Lama buddhista Ole Nydhal[9] , dalle quali si evinceva che le zone del cervello che si attivano quando si pratica la meditazione, in particolare gli esercizi di “visualizzazione”, sono proprio quelle dedite alla vista.
E dunque il corpo non è semplicemente un ammasso di organi, un fascio di nervi, ossa, sangue, ecc. che agisce e reagisce su basi proprie, ma l’input fondamentale avviene dal cervello.
Ma in maniera ancor più profonda possiamo affermare che alla base vi è una “volontà cosciente” che determina l’attivazione del cervello , il quale secondo alcune teorie neuro-scientifiche è un “cervello esteso”, “incarnato”, “luogo della coscienza”10 e non viceversa.
E da qui abbiamo la mobilitazione corporea. Una forza invisibile (la coscienza e la sua volontà), la quale determina l’azione nel mondo visibile (le zone cerebrali e l’arto).
E ancora una volta, grazie alla comprensione del funzionamento della tecnologia-mediatica siamo giunti a comprendere il funzionamento della mente e della realtà.
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