Daniel Casarin – Imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale.
In una prospettiva che ci sembra sempre più chiara, si comprendono tutte le dinamiche a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno e mezzo in campo aziendale. Dalla tecnocrazia della comunicazione, nel marketing e nelle vendite, che sta invadendo ogni area delle nostre organizzazioni, all’illusione del controllo dei dati grazie agli automatismi, per non parlare della complessità involontaria e inevitabile che si genera come conseguenza all’infodemia su ogni livello e profondità: comprendiamo che solo domando consapevolmente questi aspetti saremo in grado di creare una corretta strategia aziendale nella nostra organizzazione. Partiamo da qui.
“Let there be change”, lascia che ci sia cambiamento. Questa è l’attuale narrazione mainstream che sta terrorizzando fino alle ossa alcune aziende grandi o piccole che siano. Una narrazione composta da quelle che sono state definite le cinque priorità dai grandi della consulenza d’oltreoceano: sostenibilità, cloud, gestione (e coltivazione) dei talenti, accelerazione e velocità (per non parlare di agilità) e obiettivi.
Una narrazione però che continua ad essere calata dall’alto, costantemente subita da molte realtà, nell’impossibilità di prendere atto di una deriva di qualche genere, aggiungo, come conseguenza di una totale e cieca fede nel progressismo. Dall’altro lato, una necessità concreta di questo cambiamento portato dall’anno di più o meno lockdown imposto. Una necessità di cambiamento legata principalmente all’utilizzo di tecnologie e innovazioni (ad ogni costo) nel campo della comunicazione e della connessione.
Il prezzo da pagare nelle nostre aziende per applicare o non applicare la trasformazione digitale a tutti i livelli sarà alto ma in diversi sensi e, attenzione, non solo nella sua mancata applicazione come si vuol far tipicamente credere.
/co·ràg·gio/
La contronarrazione sembra che ci spaventi ancor di più.
Per catalizzare o ancora meglio cavalcare l’Onda (N.d.A. consiglio vivamente di guardare il film che ne porta il titolo), cogliere una crescita e accedere costantemente a nuove opportunità, le aziende devono porsi aspirazioni e obiettivi coraggiosi, fare scelte difficili, attivare una leadership aperta, mobilitando risorse (su larga scala). Tutti argomenti che vedremo diventeranno chiavi di lettura e d’azione strategica nei prossimi mesi per mantenere una sostenibilità economica e non cadere in una spirale mortifera.
Abbiamo la giusta mentalità? Abbiamo i giusti strumenti? Abbiamo il /co·ràg·gio/?
Il coratĭcum o anche cor habeo latino? Che da cŏr, cŏrdis –cuore– e dal verbo habere –avere-, indicano la virtù umana legata alla fortitudo, la forza di superare un ostacolo ma anche la serenità nell’affrontarlo. Ma più che coraggio di affrontare l’innovazione digitale che sta letteralmente capovolgendo industrie, qui è importante avere il coraggio di affrontare la realtà. Una realtà che molto spesso, quasi mai, comprendiamo. E questo è il primo passo.
Da un’ideologia superficiale di fare azienda, che non contempla alcunché in profondità verticale e insieme esclude una visione a 360° del proprio contesto di mercato, in favore di una visione frazionata e de-strutturata del contesto aziendale in cui si opera, miope e contemporaneamente presbite. Oppure dall’ansiogeno e cieco “fare digitale” a tutti i costi, forsennato, con identica superficialità, ma qui mancanza parziale o totale di alcuna forma di cultura e quindi di strategia d’orchestrazione. Le sfumature sono molte.
Adv Media Lab e Ayros: insieme per diffondere nuove conoscenze e (buone) idee nell’attuale mondo aziendale
Della miopia
Da questa c’è da guardarsi bene. Questa porta a non comprendere come tutto sia connesso. Questo è vero nel più ampio senso spirituale e metafisico ma lo è assolutamente anche nel marketing del resto. Gli esempi che potrei portare sono centinaia. L’esperienza di un acquirente con un touchpoint di marketing in area servizio clienti influenza le sue aspettative e la sua percezione di un brand rispetto agli altri touchpoint. Vedi sull’argomento l’articolo: “Customer experience e servizio clienti“.
“Dietro le quinte, i processi e le priorità di un’area marketing provocano reazioni a catena in altre aree, che vanno dall’impatto leggero e diffuso sull’intera cultura aziendale fino ad una sostanziale modifica nell’allocazione degli investimenti“, tanto per citare Scott Brinker.
Avete afferrato il concetto?
Il marketing moderno è un insieme complesso di interdipendenze, soggetto all’effetto farfalla, quindi in grado di generare conseguenze di cui ancora non abbiamo conoscenza. Per questo dobbiamo fare (periodicamente) il punto su tali questioni, facendo chiarezza sui nostri obiettivi.
I tempi non perdoneranno, soprattutto nel contesto italiano.
Ricapitolando
Ora non dobbiamo chiederci se vogliamo andare “oltre”, perché si tratterà a breve di chiedersi come stare a galla, in uno scenario mondializzato non a nostro favore. Così ancora più importante è non lasciarci paralizzare dalla paura del nuovo o ancor peggio cadere nella trappola della miopia.
Il Leviatano mosso in primis dall’informazione, o meglio dall’infodemia, in un continuo moto crea il fatidico Caos. Un’infodemia essenzialmente unidirezionale che rende quasi intellegibile ai più avere una visione a medio e lungo termine (la miopia), creando tutte le conseguenze del caso (in primis un costante stato confusionario: la presbiopia). Questa infodemia resa possibile da un progresso tecnologico in misura incomparabilmente superiore rispetto ai periodi precedenti.
Ma anche un’infodemia che nel marketing diventa arma di competitività e vantaggio totale, mai esistita grazie alla generazione di dati che produce. Un’arma oggi, quella dell’informazione, capitale per chi ne detiene il controllo (nelle sue derive come nelle sue peculiarità e capacità, di influenzare e pre-influenzare le persone).
Se sapremo guardare attentamente questo scenario, l’infodemia attuale ci mostrerà il suo reale volto e la sua identità, di costante e incessante movimento, un flusso che proviamo ad afferrare ma è inconsistente, si dissolve, come l’innovazione guarda caso nel suo precipitoso vortice.
Caos e Cosmo
Come equilibrare (ben si intenda: non fermare) questo continuo e incessante moto perpetuo che ci trascina facendoci ripetere totalmente assuefatti il sinistro motto “Let there be change” senza averne compreso l’ideologia?
- Il primo contrafforte sta nella cultura propria e nel livello di cultura della nostra azienda, nel suo significato più autentico, nell’approfondimento, nel suo contrario di superficialità orizzontale. Non affamata curiosità insaziabile e speculazione scientifica, forma di tracotanza, ma come volontà di com-prensione. Questo porta (nel migliore dei casi) inevitabilmente e istintivamente a prendere controllo dell’informazione dentro e fuori dall’azienda, non in modo frammentario e provvisorio ma organizzato.
- Dopo la cultura, il secondo contrafforte ce lo fornisce il grado di “ordine” o meglio di architettura che riusciremo a portare nelle nostre organizzazioni, per mitigare gli effetti indesiderati e negativi di questa entropia (ma su questo torneremo più avanti).
- Un’architettura del marketing e della trasformazione digitale di queste aree, dentro e fuori dell’azienda , porterà a sviluppare una sintesi positiva e (potenzialmente) allo sviluppo di una piattaforma in grado di equilibrare coesione e diversità. Un primo approfondimento lo trovi su: “Digital Transformation: come renderla agile, sostenibile ed efficace” ma anche su questo argomento torneremo più avanti.
Mai come oggi in Italia vi è urgenza di tornare a vivere questi temi per governare il Caos informativo/digitale che ci circonda e che, anche se non ce ne accorgiamo, è già nella nostra organizzazione.
Perché comunque la si rigiri, ora paghiamo il conto della nostra furbizia, nell’accordarci a chi ha preteso che il suo ombelico diventasse il centro dell’universo e ora scopre traiettorie senza punto di riferimento.
A noi la scelta.