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La verità: provvedimenti istituzionali in Occidente
Ma vi sono stati anche dei provvedimenti politici, ad opera delle istituzioni democratiche, finalizzati a combattere disinformazione e fake news, e sempre in virtù di un malinteso principio di verità:
- Alcuni paesi europei, come la Germania e la Francia, hanno introdotto leggi contro la disinformazione e le fake news che hanno portato alla rimozione di contenuti online e alla sospensione di account, spesso colpendo influencer populisti
- UE: il Digital Services Act (DSA), 2022, prima applicazione fissata per il 17 febbraio 2024. Il DSA mira a creare un ambiente digitale più sicuro regolamentando la rimozione di contenuti illegali, inclusi incitamento all’odio, terrorismo e disinformazione. Richiede alle piattaforme di social media di essere trasparenti riguardo alle loro pratiche di moderazione dei contenuti e di fornire rapporti regolari sulle rimozioni di contenuti. Introduce obblighi per proteggere i diritti fondamentali degli utenti, come la possibilità di contestare la rimozione dei loro contenuti. Il General Data Protection Regulation (GDPR), promulgato il 2018, che non riguarda direttamente la censura, ma impone rigide norme sulla protezione dei dati personali degli utenti, influenzando come le piattaforme gestiscono e trattano i dati. Il Regolamento contro la disinformazione (2022), con la Commissione Europea che ha introdotto un codice di condotta volontario che richiede alle piattaforme di social media di combattere la disinformazione, rimuovendo contenuti falsi e promuovendo fonti affidabili
- USA: la sezione 230 del Communications Decency Act (1996), che protegge le piattaforme online dalla responsabilità per i contenuti pubblicati dagli utenti, permettendo loro di moderare i contenuti senza temere ripercussioni legali. Tuttavia, è oggetto di dibattito e proposte di riforma per limitare questa protezione, soprattutto riguardo alla disinformazione e all’incitamento all’odio. Altre leggi mirano a combattere l’abuso sessuale dei minori online e il terrorismo, richiedendo alle piattaforme di rimuovere rapidamente tali contenuti e di collaborare con le autorità
La verità: gli altri regimi
Ma un discorso simile può essere effettuato per quel mondo non occidentale che passa nella vulgata comune come non democratico. E forse la differenza, non da poco, starebbe anche qui, in regimi politici dove palesemente si fa menzione di forti possibilità da parte dello Stato di intervenire in campi non pubblici (come le piattaforme web), sono forse più comprensibili tali interventi. E questo nei seguenti paesi:
- Cina, che ha implementato un sistema di censura e sorveglianza su internet noto come Great Firewall, che blocca l’accesso a molti siti web occidentali come Google, Facebook, Twitter e YouTube. E poi controllo su piattaforme come WeChat e Weibo
- Russia, che ha bloccato l’accesso a vari siti web che considera minacciosi per la sicurezza nazionale, inclusi quelli di oppositori politici, ONG e media indipendenti. Oltre all’introduzione di leggi severe contro la diffusione di notizie false
- Iran, che blocca numerosi siti web stranieri e servizi di social media come Facebook, Twitter e YouTube, considerandoli pericolosi per la moralità pubblica e la sicurezza nazionale. Inoltre, le autorità iraniane monitorano attivamente l’attività online e arrestano blogger, attivisti e utenti di social media che criticano il governo
- Turchia, che ha bloccato l’accesso a siti come Twitter, Facebook e YouTube in diverse occasioni per limitare la diffusione di informazioni durante crisi politiche o proteste. La Turchia richiede alle piattaforme di social media di rimuovere contenuti che ritiene offensivi o pericolosi per la sicurezza dello Stato
- Arabia Saudita, che censura severamente contenuti online considerati blasfemi o critici nei confronti della famiglia reale e del governo. Il governo saudita utilizza software di sorveglianza per monitorare e arrestare attivisti e dissidenti
- Egitto, che ha bloccato l’accesso a centinaia di siti web di notizie, blog e organizzazioni per i diritti umani
- Ungheria, che inseriamo in questo paragrafo per via delle politiche considerate non propriamente liberal-democratiche e il cui governo ha subito pressioni e critiche per leggi che limitano la libertà di stampa e la diffusione di informazioni online
La verità: finché ci sono fake news c’è speranza
Tornando alla questione fake news, una riflessione di carattere giuridico-politico andrebbe stesa, sul quanto questa lotta alle fake news, in nome di una presunta verità sia per davvero compatibile con i nostri ordinamenti.
A farlo è il prof. Carlo Magnani con un saggio dal titolo per certi versi provocatorio, “Finché ci sono fake news c’è speranza” [1].
Il clima censorio, e i provvedimenti, da parte sia delle piattaforme (private), che dei soggetti istituzionali (UE e paesi UE, e USA), contraddicono il diritto, e la nostra stessa costituzione.
La quale già lascia la possibilità e la libertà di espressione ad una sana dialettica politica, consentendo ai partiti di fare la loro propaganda anche sostanzialmente dicendo bugie, così come è sempre stato.
Negli ordinamenti liberali, e l’Italia è uno di questi, la libertà d’opinione è un diritto imprescindibile, che può essere limitato solo in alcune circostanze speciali, in presenza di reati di tipo penale (come il raggiro, la frode, l’inganno, la menzogna, le truffe e falsi ideologici).
Addirittura difficile da stabilire è l’abuso delle libertà costituzionalmente garantite, come nel caso dei persuasori occulti. Ricordiamo che il diritto moderno sancisce il principio di autorità, non quello di verità.
La libertà d’espressione va attuata sulla base della mera autenticità del fatto raccontato, ed escludendo, ovviamente, l’offesa alla dignità umana.
La verità: la tecnica rivela, lasciamoglielo fare!
Altra considerazione interessante effettuata dal professor Magnani è quella relativa alla tecnica, la quale rivela, come già un Martin Heidegger ci ha riferito in un alcuni dei suoi scritti principali [2].
Un discorso da noi ripreso anche in altri articoli, la tecnica evidenzia quelle parti inconsce dell’uomo, che hanno bisogno di esprimersi e in qualche modo trovano sfogo nei media, e nei nuovi media.
Per Magnani la tecnica non trasforma l’individuo, ma lo rivela, o meglio rivela queste parti, e che è quantomeno inutile reprimere, censurare.
La tecnica, internet in questo caso, non corrompe, non è da demonizzare, perché fa emergere tali parti.
A riguardo Magnani riprende alcune considerazioni del filosofo Maurizio Ferraris su Infosfera e documedialità per il quale “L’infosfera realizza non l’Intelletto Generale, bensì la biblioteca di Babele“, e dunque l’idea romantico-idealista, per la quale tutto è perfetto e l’uomo trova una sua espressione massimamente armonica in internet, va superata per una maggiore comprensione della ricchezza sociale.
E la realtà è quella della documedialità, dove si ha produzione continua di documenti e ridondanza di informazioni, che portano alla diffusione di chiacchiere e alla prevalenza della quantità sulla qualità.
Sempre Ferraris riflette sul web e sulla post-verità, evidenziando come la mancanza di sincerità, pertinenza e chiarezza nelle informazioni porti a una disinformazione sistematica, trasformando il web in un’arena di caos informativo piuttosto che in un’accademia di dialoghi.
La verità: oltre il relativismo
Ma se in ambito strettamente informativo, o meglio documediale, la diffusione di post-verità si fonda sulla sostanziale moltiplicazione delle fonti, discorso però che non prevede che restringendo le fonti si abbia un migliore rapporto con la verità, Maurizio Ferraris affronta la questione verità, anche da un punto di vista filosofico.
Il filosofo contesta tutta una serie di concezioni decostruzioniste, post-strutturaliste, tanto in voga nella filosofia contemporanea occidentale e che tanto hanno formato anche il senso comune (da Deleuze, a Guattari, a Lyotard a Deridda, ecc.), e lo fa proprio lui il quale viene da un percorso filosofico di questo tipo.
Ferraris contesta l’errore fondamentale di queste visioni che confondono il piano ontologico con quello epistemologico. In pratica il non riuscire a definire correttamente, da un punto di vista scientifico, una cosa, non vuol dire che quella cosa non esista. E dunque se pure io non conosco la formula per definire l’acqua (H2O), non vuol dire che essa non abbia esistenza.
Questo è l’errore di questo tipo di visioni, le quali, appunto in un clima di relativismo generale, e di anti-autoritarismo radicale, persino nei confronti del pensiero, della scienza, e della realtà, la quale esige inevitabilmente un metodo, una logica, e una sorta di disciplina e gerarchia nel giungervi, invece buttano via il bambino con tutta l’acqua sporca come si suol dire, cancellando con un colpo di spugna la realtà stessa.
La verità: manifesto del nuovo realismo
Ferraris dà vita al movimento del nuovo realismo, e a un manifesto per il quale:
- Anche se la scienza non è la misura ultima della realtà, non bisogna dire addio alla realtà oggettiva
- I populismi mediatici e la post-verità non sono un problema ma il sintomo della situazione generale
- Vi è una confusione di piano tra ontologia ed epistemologia
- L’accettazione della realtà è fondamentale per la sua critica, non la mera interpretazione, in quanto l’immaginazione senza limiti, tipica del mondo postmoderno, non permette neanche il cambiamento
- C’è bisogno di un ritorno all’illuminismo e ai suoi ideali di progresso e sapere, verità e realtà, altrimenti vi è un ritorno all’inquisizione, al mistero e al principio di autorità
Conclusione
Tutta questa dissertazione sul concetto di verità e della sua rappresentazione in ambito mediatico-politico, ci fa anche riflettere su due ultimi brevi spunti.
Il primo è che le radici della verità sono forse non solo oggettive, nel senso illuministico, e ovviamente nemmeno relativistiche, ma interiori.
Una verità interiormente percepita come tale forse arriva più di mille parole per definirla, ma comunque esiste e non mette in crisi l’esistenza di un piano di realtà convenzionale.
E forse le radici di tutto ciò vanno ricercate nel mondo pre-moderno e nel sacro.
Secondo spunto attiene al metodo: è forse necessario tornare ad imparare a pensare e a saperla ricercare la verità, con metodo, rigore, ma anche ad insegnare, a fare pedagogia, una pedagogia che sia in grado di insegnarlo questo metodo e questa logica.
È necessario tornare a quell’antica pratica educativa greca che era la paideia.
Forse che da questo caos informativo, da questa Babele, e anche da questa totale dissoluzione del modo stesso di pensare e di rapportarsi dalla realtà, possa tornare un modo sano e senza bisogno alcuno di censura.
Bibliografia
[1] Magnani C., Finché ci sono fake news c’è speranza. Libertà d’espressione, democrazia, nuovi media, Rubbettino Università, 2021.
[2] Heidegger M., Die Frage nach der Technik (1953), in Vorträge und Aufsätze, Neske, 1957, trad. it. La questione della tecnica, in Saggi e discorsi, Mursia, 1976, pp. 5-27.
Roberto Siconolfi, classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo. Uno dei suoi campi principali di ricerca è il mondo dei media, in tutti i suoi aspetti, da quello tecnico a quello storico e antropologico, fino a giungere al piano “sottile”, “magico”, “esoterico”.
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