Daniel Casarin: Sì, queste aziende hanno sicuramente saputo adattarsi, diventando più antifragili, più che semplicemente resilienti. Vorrei fare un approfondimento con voi sul tema del cambiamento culturale, una delle parole chiave che ho trovato spesso nel libro: cambiamento e cultura. Che cosa sta accadendo e cosa è accaduto in questi ultimi anni rispetto alla necessità di mettere le persone al centro?
Eleonora Valé: La cultura aziendale esiste fin dalle origini dell’impresa, ma oggi è diventata un tema cruciale. In un contesto sempre più dinamico e fluido, con ruoli professionali in continua evoluzione, il cambiamento deve passare anche attraverso le modalità operative. La cultura aziendale va rivista, partendo dalla comprensione di quella costruita e consolidata nel tempo: bisogna valorizzare le radici e la storia dell’organizzazione, rispettando i principi su cui si è basata, per poi costruire il cambiamento su questi fondamenti.
Non si tratta, quindi, di cancellare tutto, ma di costruire una cultura che metta le persone al centro. A questo scopo, abbiamo identificato otto dimensioni chiave che promuovono il benessere a livello culturale, evitando che le iniziative di wellbeing siano semplici interventi di facciata, senza reali benefici per la vita delle persone.
Oggi si parla anche di burnout organizzativo, legato agli aspetti strutturali di progettazione, gestione del lavoro e contesto ambientale e sociale che, se non curati, possono generare danni psicologici, sociali e fisici. Questa problematica è strettamente connessa a come lavoriamo e a come facciamo le cose. Un fattore essenziale è rappresentato da strategie e priorità aziendali: se queste sono chiare e ben definite, se si lavora in modo sostenibile e organizzato, con chiarezza dei ruoli e obiettivi condivisi, le persone si sentono gratificate e valorizzate.
Un altro aspetto è legato alla leadership. Uno stile di leadership orientato all’empowerment delle persone e alla valorizzazione dei talenti unici favorisce il benessere. Al contrario, dinamiche di micromanagement aumentano stress e insicurezza, abbassano l’autostima e riducono l’engagement, poiché i dipendenti si sentono costantemente controllati e percepiscono una mancanza di fiducia da parte dei propri superiori.
Il 69% delle persone afferma che le figure dirigenziali influenzano il loro benessere più di amici, familiari e terapeuti, a dimostrazione di quanto sia centrale il ruolo della leadership nel creare un ambiente di benessere all’interno dell’organizzazione. Un altro aspetto fondamentale è la sicurezza psicologica: sentirsi in un luogo in cui ci si può esprimere liberamente e portare valore, senza il timore di censurarsi con pensieri del tipo “meglio non dirlo, tanto abbiamo sempre fatto così”. In questo modo si evita lo spreco di innovazione e valore e si promuove il benessere individuale.
Tra le otto dimensioni che abbiamo identificato, il punto chiave è chiedersi come possiamo creare ambienti di lavoro sani, intervenendo sul quotidiano. Come svolgiamo le attività? Quali regole ci diamo? Come i nostri team si supportano reciprocamente?
Un altro elemento essenziale nella cultura del benessere è la dimensione della comunità e dell’apprendimento. Una vera “community” è un luogo in cui si può apprendere tra pari, sentirsi supportati e superare la logica competitiva del “mors tua vita mea” con un approccio più collettivo: “se io miglioro, migliori anche tu e miglioriamo tutti”.
Questo senso di collettività e valore condiviso si sviluppa promuovendo un’organizzazione meno strutturata a silos e più orientata al dialogo tra le funzioni. È un tema ampio che richiede investimenti e intenzionalità, ma i benefici, come diceva Alberto, sono tangibili e si riflettono sulla crescita dell’intera organizzazione.
Daniel Casarin: Sì e tra l’altro la prossima domanda è proprio per lui. Arrivo al tema tecnologico, a Trainect in questo caso, cosa ci puoi raccontare sul ruolo della tecnologia da addetto ai lavori? Perché sappiamo ovviamente che il tema è molto caldo. E qui Alberto dividerei le cose in due: rispetto a quello che è appunto il tema delle risorse umane, quello che è poi l’impatto della tecnologia in quel contesto, e ovviamente rispetto a quello che è la tua esperienza.
Alberto Ronco: Entrambe le cose sono strettamente collegate, perché oggi la tecnologia è un grande abilitatore del cambiamento. Dopo la pandemia, strumenti come quello che stiamo utilizzando per questa intervista sono diventati parte della normalità, permettendoci di fare meeting e attività online. Questo ci consente di risparmiare tempo, di gestire più attività e di dedicare spazio al pensiero creativo. La tecnologia, quindi, ha abilitato molte innovazioni e continua a essere un fattore cruciale in questo processo.
Anche nel mondo HR, come sottolineava Eleonora, la tecnologia ha contribuito all’evoluzione della figura dell’HR, rendendola sempre più strategica e vicina al business. Questo ha permesso di superare l’approccio tradizionale, più amministrativo e burocratico, grazie a strumenti di automazione che semplificano le attività, consentendo agli HR di concentrarsi sul valore aggiunto del loro lavoro: la relazione con le persone, che sono l’asset più importante dell’azienda.
Dopo la pandemia, l’adozione della tecnologia è esplosa in modo trasversale, aiutando le aziende a migliorare i flussi di lavoro e a concentrarsi sulle priorità. Allo stesso tempo, è emersa con maggiore chiarezza la fragilità psicologica delle persone, un aspetto da considerare non solo nella sfera privata, ma anche durante le ore lavorative, specialmente con l’affermarsi dello smart working e la progressiva erosione del confine tra lavoro in ufficio e lavoro da casa. Questo ha reso fondamentale ascoltare i dipendenti e comprendere il loro stato di benessere.
Per noi di Trainect, la tecnologia è stata un fattore abilitante, permettendoci di cambiare le regole del gioco e offrire alle aziende la possibilità di occuparsi realmente del benessere delle persone, anche su larga scala. Il nostro approccio parte dalla misurazione continua del benessere aziendale: valutiamo il wellbeing score, che include il benessere fisico, mentale, sociale, emotivo e finanziario.
Da qui, supportiamo ogni lavoratore con una piattaforma tecnologica che lo aiuta a migliorare il proprio benessere in modo innovativo. Offriamo percorsi personalizzati, contenuti di meditazione, brevi corsi per gestire le emozioni e l’ansia, suggerimenti per l’attività fisica e informazioni su come gestire i propri risparmi, come ad esempio il TFR. Questo approccio mira a migliorare il benessere olistico della persona, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più sano e produttivo.
Quando i dipendenti stanno meglio, i risultati si riflettono anche sul business: migliorano le prestazioni, la qualità della vita lavorativa e la soddisfazione. Allo stesso tempo, le aziende ottengono una visione complessiva dello stato di benessere dei propri dipendenti e dell’efficacia delle iniziative intraprese. La domanda è: le attività messe in campo hanno un reale impatto? Vengono utilizzate? Quale effetto hanno sul business?
Abbiamo anche sviluppato una correlazione tra il benessere e tre indicatori chiave: produttività, collaborazione e rischio di burnout. Questo ci permette di stimare l’impatto economico del benessere aziendale, quantificando in modo preciso il valore che un buon livello di wellbeing porta all’organizzazione.
Daniel Casarin: Molto interessante. Questo ci porta a un altro punto centrale in ambito tecnologico: l’intelligenza artificiale, parola chiave del momento. Alberto, hai descritto la tecnologia come uno strumento abilitante. Ora, per avviarci verso la conclusione di questa intervista, vorrei chiederti quali scenari futuri intravedi riguardo all’intelligenza artificiale, non tanto in termini di implementazione tecnica, ma come nuovo “soggetto” all’interno dell’organigramma aziendale. Spesso viene definita assistente virtuale o soggetto abilitante, e nei progetti di implementazione vediamo emergere una dinamica interessante: si sta creando, talvolta, un divario tra coloro che utilizzano i tool di IA e coloro che non lo fanno.
Che cosa stai osservando in merito all’integrazione di questa nuova figura nelle organizzazioni, e quali sviluppi prevedi in futuro?
Alberto Ronco: Sì, questo è un tema molto dibattuto oggi. L’intelligenza artificiale è sempre più presente a tutti i livelli aziendali ed è, in effetti, un acceleratore di innovazione che permette di fare quel passo in avanti tanto necessario.
Nel libro trattiamo diversi casi aziendali in cui la tecnologia ha contribuito a migliorare concretamente il benessere organizzativo. Noi stessi, confrontandoci con le aziende, ci siamo chiesti come evolvere ulteriormente e come supportare il nostro lavoro. Con Trainect, infatti, il nostro obiettivo è fornire agli HR strumenti efficaci per guidare il benessere in azienda, coordinando attività e monitorando la misurazione del wellbeing.
Abbiamo compreso che l’IA può offrire una risposta concreta, soprattutto nella gestione delle iniziative di benessere. Da un lato, la nostra piattaforma e app per i dipendenti utilizzano l’IA, grazie al machine learning, per suggerire contenuti e attività mirati a migliorare il benessere individuale. Dall’altro, sul versante gestionale, mettiamo a disposizione degli HR strumenti che consentono di creare e implementare strategie di benessere in modo semplice ed efficace.
In effetti, partire con una strategia ben definita è essenziale in qualsiasi attività, e abbiamo visto come l’IA possa supportare gli HR proprio in questo. Ad esempio, abbiamo integrato un modello di linguaggio avanzato (LLM), in collaborazione con OpenAI, che consente di interagire direttamente con le aziende e gli HR, analizzare quanto fatto in passato e gli obiettivi aziendali, e proporre una prima bozza di strategia di wellbeing. Ovviamente, l’intervento umano resta centrale per concretizzare queste proposte, ma questo strumento offre una guida iniziale al processo da seguire.
Con queste implementazioni, aiutiamo le aziende a migliorare i loro progetti di benessere, identificando le attività più efficaci e suggerendo modi per coinvolgere un maggior numero di persone. L’IA diventa così un vero e proprio assistente per gli HR, sostenendo la loro missione di promuovere il benessere e incrementare la qualità della vita lavorativa in azienda.
Daniel Casarin: Grazie Alberto ultima battuta proprio per Eleonora sul tema IA e risorse umane. Cosa mi sai dire dal tuo punto di vista di specialista?
Eleonora Valé: Dal mio punto di vista di specialista delle persone, non certo della tecnologia, considero l’intelligenza artificiale uno strumento con cui dobbiamo confrontarci in modo positivo. È una realtà che sta entrando nelle nostre vite e che, quindi, va conosciuta. Il mio approccio è quello di mantenere una sana curiosità, evitando resistenze o timori iniziali come il classico “ho paura solo perché non capisco”. È una reazione umana naturale difendersi di fronte al cambiamento, ma l’IA, se conosciuta e usata bene, può davvero arricchire il ruolo degli HR.
In effetti, può liberare le persone da attività ripetitive e di basso valore, come il data entry, permettendo loro di esprimere appieno il proprio potenziale umano. In questo senso, l’intelligenza artificiale e l’intelligenza umana si completano, elevando il valore che l’essere umano può offrire grazie alla sua unicità. Ma è fondamentale farne un uso consapevole, evitando atteggiamenti estremi come il rifiuto totale (“Non ne voglio sapere!”) che alimenta solo paure e preoccupazioni, oppure l’entusiasmo cieco (“Faremo tutto con l’IA, la tecnologia salverà il mondo!”).
In realtà, il rischio non è la tecnologia in sé, ma l’uso che ne facciamo. Dobbiamo sempre ricordarci della nostra parte più autenticamente umana, del contatto e dei bisogni fondamentali che restano invariati, anche di fronte a ogni progresso tecnologico. Personalmente, pratico yoga, e credo che questa idea di radicamento e grounding sia cruciale: siamo piccole formiche in un universo immenso, e dovremmo tenerlo sempre a mente. Altrimenti, rischiamo di perderci e allontanarci da ciò che ci rende umani.
Daniel Casarin: Grazie ancora di tutto ragazzi. È stato un vero piacere avervi qui con noi, partendo appunto dall’edizione Wellbeing Revolution abbiamo approfondito veramente tanti aspetti. Grazie ancora e alla prossima!
Daniel Casarin, imprenditore ed analista indipendente, si dedica al mondo della comunicazione, del marketing, del business design e della trasformazione digitale. Con oltre 20 anni di esperienza, esplora l’impatto delle tecnologie emergenti in ambito economico e organizzativo. Attraverso Adv Media Lab e altre iniziative imprenditoriali, collega la sua expertise multidisciplinare al mondo dell’impresa.
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