Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: le criticità dell’autonomia differenziata

La questione dell’autonomia differenziata solleva criticità, evidenziando un divario tra l’elenco dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP) individuati dal Comitato per l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (CLEP) e le funzioni richieste da Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia nelle pre-intese con il Governo Gentiloni.

Si nota che le funzioni oggetto di autonomia differenziata (gestione del personale, regolamentazione dell’attività libero-professionale, accesso alle scuole di specializzazione, politiche tariffarie, valutazioni di equivalenza terapeutica dei farmaci, istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi) rientrano nell’ambito extra-LEP, suscitando preoccupazioni riguardo alla possibile differenziazione territoriale delle politiche pubbliche in ambito sanitario.

Il disegno di legge Calderoli prevede la possibilità di avviare negoziati per il trasferimento di funzioni, risorse umane, finanziarie e strumentali dalle regioni interessate.

In altre parole, per entrambi i servizi essenziali (LEA e LEP), i rischi delle politiche sull’autonomia differenziata sono relativi alla possibilità, di aumentare il divario tra centro-nord e sud, bypassando di fatto la coesione territoriale e la possibilità di ricevere tali servizi essenziali da parte dei cittadini del sud sul proprio territorio di riferimento.

Da un certo punto di vista, possiamo dire che questo tipo di politiche federaliste, basate su un principio non sbagliato, di fatto creano non solo delle fratture del territorio nazionale ma non tengono conto di problematiche ataviche, storiche, socio-economiche effettive che vedono i territori del sud Italia in una iniziale e perdurante rapporto di svantaggio verso quelli del centro-nord.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: demografia e risorse

Poi segue il capitolo del rapporto Svimez sul Mezzogiorno, che discute delle prospettive di allocazione delle risorse del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) tra le regioni italiane, considerando le differenze territoriali nell’evoluzione demografica a lungo termine della popolazione.

Finora, l’allocazione basata sull’età ha sfavorito il Mezzogiorno, poiché la popolazione più giovane richiede minori cure.

Il capitolo si propone di valutare l’impatto degli andamenti demografici futuri, previsti per circa sessant’anni (2022-2080), sulla distribuzione delle risorse sanitarie tra le regioni.

Le previsioni demografiche dell’ISTAT indicano una diminuzione complessiva della popolazione italiana di 13 milioni di residenti entro il 2079, con una maggiore riduzione nelle regioni meridionali.

Nel medio periodo (riparto 2033), si verifica una redistribuzione delle risorse che favorisce il nord a scapito del Mezzogiorno, con una perdita di 0,9 punti percentuali delle risorse totali per quest’ultimo.

L’effetto età, influenzato dall’invecchiamento più accentuato nel sud, controbilancia in parte la perdita causata dall’effetto popolazione. Tuttavia, nel lungo periodo (riparto 2080), gli andamenti demografici accentuano ulteriormente la redistribuzione delle risorse a favore delle regioni del centro-nord.

Mantenendo invariato il meccanismo attuale di allocazione delle risorse del SSN tra le regioni, i cambiamenti demografici porteranno a una rilevante redistribuzione delle risorse dal sud al nord nel corso dei prossimi sessant’anni.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: istruzione

Per quanto riguardo il capitolo sull’istruzione, secondo il rapporto Svimez il capitale umano è cruciale per la crescita e l’innovazione. Aumentare il livello medio di istruzione della popolazione in età lavorativa può associarsi a un incremento del PIL pro capite nel lungo periodo.

In Italia, la crescita occupazionale post-Covid ha beneficiato principalmente dei più istruiti, con un aumento del 15,4% degli occupati con istruzione terziaria nel Mezzogiorno. Tuttavia, la struttura produttiva nazionale e la limitata dimensione media delle imprese ostacolano l’assorbimento di qualifiche più elevate.

La laurea assicura redditi più alti, ma in Italia la spesa per l’istruzione superiore è inferiore alla media OCSE. Il paese mostra ritardi nella differenziazione di percorsi formativi professionalizzanti, contribuendo al divario educativo.

Nonostante progressi nella quantità di istruzione, i servizi per l’infanzia e l’istruzione terziaria presentano criticità, con forti divari territoriali e carenze infrastrutturali nel Mezzogiorno. Questi deficit generano effetti negativi sulla performance degli studenti, aumentano la dispersione scolastica e impattano il mercato del lavoro, specialmente nel Mezzogiorno.

Nonostante miglioramenti nella dispersione scolastica, gli early leavers nel 2022 erano ancora al 11,5%, con tassi più alti nel sud. Il divario tra il centro-nord e sud si è ampliato anche nelle immatricolazioni universitarie, con flussi migratori che portano giovani studenti meridionali verso il centro-nord.

La quota di laureati tra gli emigrati meridionali è in aumento, ma le migrazioni interne aggravano la perdita di capitale umano qualificato nel Mezzogiorno, minando la crescita economica della regione.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: terra di cultura

Uno dei più grandi peccati, che si evince dal rapporto Svimez, è la perdita di capitale umano, sociale e lavorativo da parte del Mezzogiorno.

E al di là del dato meramente lavorativo, professionale, economico, quantitativo, è una perdita di qualità veder partire per il centro-nord o per l’estero quote così importanti di giovani, e meno giovani, formati sui nostri territori e anche alla luce della cultura dei nostri territori.

Il sud Italia vanta una grande tradizione culturale, a partire dalla più antica università pubblica del mondo (1224), che non a caso prende il nome da uno dei sovrani più illuminati, dal punto di vista culturale d’Europa, ovvero Federico II.

Mezzogiorno, e in maniera ancor più generale Mediterraneo, terra di cultura e di bellezze artistiche e paesaggistiche, la cui non difficile genesi storiografica è rintracciabile nelle radici greco-romane.

Mezzogiorno crocevia di culture diverse, talvolta opposte, speculari, ma che nella naturale vocazione inclusiva tipica del carattere mediterraneo trovano interessanti terreni di coniugazione.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: disagio sociale

Nel 2022, il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale in Italia è diminuito, in particolare per categorie di grave deprivazione e bassa intensità di lavoro.

Tuttavia, il Mezzogiorno rimane l’area con la quota più elevata di persone a rischio e con un divario crescente rispetto al centro-nord.

L’indicatore di povertà lavorativa indica che nel 2022 l’11,5% dei lavoratori italiani era in povertà, concentrando il 60% dei lavoratori poveri nel Mezzogiorno.

La povertà assoluta in Italia è più diffusa nelle famiglie numerose e raggiunge l’11% per quelle con quattro membri e il 22,5% per quelle con oltre cinque membri. Le famiglie di soli stranieri presentano un’incidenza particolarmente alta, arrivando al 33,2% a livello nazionale e al 37,8% nel Mezzogiorno.

Nel 2022, la povertà coinvolge quasi 1,3 milioni di minori, con un’incidenza variabile dal 11,5% al centro al 15,9% nel Mezzogiorno.

Il Reddito di Cittadinanza ha mostrato una tendenza al calo nel 2022, con una diminuzione dei beneficiari, principalmente nel Mezzogiorno, mentre la Legge di Bilancio 2023 ha introdotto misure restrittive e sostituito il RdC con il nuovo sistema, suscitando preoccupazioni sul sostegno al reddito e l’efficacia delle politiche attive del lavoro.

Infine, la qualità della formazione, la carente domanda di lavoro e i bassi livelli di istruzione tra gli occupabili sono considerati nodi critici che potrebbero aggravare il fenomeno della povertà.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: prospettive del no profit

Il non profit ha assunto un ruolo cruciale nei settori sociali, sostituendo i servizi dismessi dal pubblico, secondo il rapporto Svimez.

La distribuzione territoriale delle organizzazioni non profit mostra quote elevate nel nord ovest e nel Mezzogiorno, ma quest’ultimo ha una minore copertura territoriale.

Nel periodo 2015-2021, il volontariato ha registrato una perdita nazionale di 867.489 unità (-15,7%), influenzata da fattori demografici, invecchiamento e crisi di fiducia istituzionale.

Il settore dei servizi sociali coinvolge circa un ente su dieci del non profit, con una presenza significativa nel Mezzogiorno.

Il PNRR prevede investimenti per il Terzo Settore, ma la distribuzione territoriale delle risorse assegnate solleva preoccupazioni sulla conformità alla quota del 40% per il Mezzogiorno.

La situazione richiede monitoraggio continuo. Gli interventi a livello nazionale sono:

  • 500 milioni di euro per sostegno alle persone vulnerabili e prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, di cui 169 milioni di euro (33,8%)
  • 500 milioni di euro per percorsi di autonomia delle persone con disabilità, di cui 171 milioni di euro (34,2%)
  • 450 milioni di euro per housing temporaneo e stazioni di posta, 115 milioni di euro (25,6%).

Mezzogiorno e rapporto Svimez: autonomia differenziata e rischi

La terza parte del rapporto Svimez è incentrata sul tema dell’equità all’interno delle politiche pubbliche, a cominciare dall’autonomia differenziata e dai suoi rischi per il mezzogiorno.

Il cantiere dell’autonomia differenziata ha avuto un’accelerata con l’approvazione del disegno di legge Calderoli, puntando a un’attuazione completa delle proposte di autonomia.

Tuttavia, ci sono preoccupazioni riguardo al conflitto con principi costituzionali, rischi di frammentazione delle politiche pubbliche e impatti negativi sull’economia e sulla società, specialmente considerando gli shock recenti.

Il disegno di legge potrebbe portare a una frammentazione insostenibile e a un congelamento dei divari territoriali.

Alcuni aspetti critici includono la mancanza di criteri chiari per l’accesso all’autonomia differenziata e la necessità di garantire finanziamenti adeguati per evitare disuguaglianze nei servizi. La proposta attuale potrebbe creare una babele regolamentare e favorire regioni forti a spese di altre.

L’autonomia differenziata comporterebbe un significativo assorbimento dell’IRPEF regionale, raggiungendo circa il 90% nel Veneto e tra il 70 e l’80% in Lombardia ed Emilia-Romagna.

Gli effetti includerebbero una contrazione del bilancio nazionale, con il 30% del gettito IRPEF trattenuto dalle tre regioni rispetto al totale nazionale.

In caso di autonomia differenziata concessa nel 2017, le compartecipazioni al gettito dei tributi statali genererebbero un surplus di circa 5,7 miliardi (IRPEF) o oltre 9 miliardi (IVA e IRPEF).

Questo solleva il rischio di un extra-finanziamento per le regioni autonome, non vincolato a meccanismi di responsabilizzazione della spesa per le funzioni delegate.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: Unità d’Italia e contraddizioni

I rischi, le criticità, i pericoli, le problematiche molte delle quali già in atto come definite dal rapporto Svimez, e in particolar modo relative ai percorsi privilegiati che inevitabilmente le regioni del centro-nord acquisirebbero sul Mezzogiorno d’Italia attraverso i meccanismi dell’autonomia differenziata riportano al centro alcune delle questioni fondamentali e storiche del nostro paese.

La questione meridionale e la nascita imperfetta, se non addirittura falsata in partenza, dello Stato unitario è una di queste.

Al di là di facili retoriche, in un senso o nell’altro, di provvedimenti molto spesso sbandierati, molto spesso sbagliati, molto spesso male attuati, la problematica che lede la coesione territoriale nazionale resta.

Forse l’autonomia differenziata, che ha raccolto alcune delle istanze dei movimenti federalisti italiani, lo ha fatto senza tenere conto del processo unitario iniziale, che non è stato quel processo così democratico, e sicuramente anti-federale sin dalla nascita.

Ad una possibilità effettivamente federale di poter unire l’Italia all’insegna della differenza di culture, tradizioni, modelli di vita ed economie, si è preferito accorpare, e in taluni casi depredare e violentare, il meridione, esportandovi il modello amministrativo e culturale piemontese, e spremendo il sistema economico e produttivo del primo a vantaggio del secondo.

È questa forse la base di una questione, analizzata da fior di pensatori di grande calibro (da Gramsci a Croce), e a partire da ciò si sono man mano sviluppate le contraddizioni, i divari, i limiti alla coesione nazionale, e che l’autonomia differenziata non sembra riuscire a riequilibrare, ma casomai ad acuire.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: PNRR e coesione territoriale

Il capitolo XIII, all’interno della terza parte del rapporto Svimez è dedicato al PNRR e a quanto il piano complessivo di sviluppo che parte dalla UE, rivolto ai paesi membri, possa incidere dal punto di vista della coesione territoriale.

La Terza Relazione sul PNRR identifica 83 interventi critici per un totale di 95,5 miliardi di euro, con il 50% del valore concentrato nel Mezzogiorno.

Dopo la revisione, rimangono 78 interventi per oltre 83 miliardi, di cui circa il 47% localizzato nel Mezzogiorno. Le misure finanziate sono 78 per oltre 83 miliardi, con l’urgenza di risolvere i nodi attuativi.

Il REPowerEU italiano ha risorse totali di 18,7 miliardi, ma le regioni del Mezzogiorno potrebbero assorbire meno del 30%.

Gli incentivi fiscali, in particolare per la transizione verde, sono concentrati e rischiano di limitare il potenziale trasformativo del PNRR.

La mancanza di una chiara politica industriale è stata sottolineata con il PNRR che privilegia il consolidamento rispetto alla coesione, potenziando la divergenza regionale.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: politica industriale e sud

Il capitolo successivo del rapporto Svimez si incentra sulla politica industriale e la possibilità di rilancio del Mezzogiorno.

Nel contesto globale di complessità economica e corsa alle tecnologie pulite, il governo americano ha lanciato imponenti piani, tra cui il Chips and Science Act e l’Inflation Reduction Act, con finanziamenti notevoli.

L’Europa, preoccupata da una possibile guerra dei sussidi, ha risposto con il Green Deal Industrial Plan e l’adozione del Temporary Crisis and Transition Framework.

La Commissione europea ha proposto la Strategic Technologies for Europe Platform (STEP) come soluzione temporanea, ma l’istituzione di un Fondo sovrano è considerata essenziale.

Gli aiuti di Stato alle imprese in Italia e nell’UE sono diminuiti rispetto al 2020, ma l’accesso differenziato nel Mezzogiorno solleva preoccupazioni.

La politica industriale italiana manca di una visione a lungo termine, e l’analisi dell’accesso alle agevolazioni evidenzia la necessità di orientare la politica industriale verso le esigenze specifiche del Mezzogiorno, inclusi strumenti selettivi e correzioni territoriali per promuovere lo sviluppo e l’integrazione del sistema produttivo meridionale.

L’esperienza degli Istituti Tecnologici Superiori (ITS Academy) potrebbe contribuire a rafforzare le competenze avanzate.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: politiche di coesione

Secondo il rapporto Svimez, nel periodo tra il 2022 e il 2023, sono stati apportati significativi cambiamenti al quadro normativo che regola l’attuazione della politica di coesione europea e nazionale.

La Commissione europea ha anche proposto la Piattaforma per le Tecnologie Strategiche per l’Europa (STEP) per stimolare gli investimenti nelle tecnologie critiche.

A livello nazionale, il decreto-legge 13/2023 ha modificato la governance della politica di coesione, potenziando il ruolo del Ministro delegato alla politica di coesione e del Dipartimento per le Politiche di Coesione.

Per quanto riguarda il ciclo 2014-2020, al 31 dicembre 2022, le spese certificate hanno raggiunto gli obiettivi dei programmi, con un avanzamento finanziario dell’87,1%. Tuttavia, le risorse disponibili per la politica di coesione europea in Italia ammontano a circa 65,8 miliardi di euro, con il 90,3% impegnato e il 64,9% speso.

L’avanzamento dei Programmi Operativi Regionali (POR) varia, con le regioni più sviluppate che presentano un progresso superiore alla media nazionale, mentre alcune regioni in transizione registrano un avanzamento più lento, come Sardegna e Abruzzo.

Infine, l’attuazione finanziaria dei Piani Sviluppo e Coesione (PSC) mostra un avanzamento al 30 giugno 2023 del 53,2% per le risorse impegnate e del 28,4% per quelle erogate. Le Regioni del Sud presentano difficoltà nella realizzazione finanziaria dei PSC, mentre le Regioni del Centro-Nord registrano un progresso più rapido.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: infrastrutture e servizi

Il Capitolo XVI del rapporto Svimez sul Mezzogiorno affronta la questione della mobilità dei cittadini, analizzando la domanda, l’offerta infrastrutturale, le Città metropolitane del sud e gli investimenti nel trasporto passeggeri.

Nel 2022, il modello di mobilità nazionale post-Covid ha aggravato la non sostenibilità, con un aumento dell’uso dell’auto. Nel Mezzogiorno, i livelli di domanda sono inferiori, l’auto copre oltre il 70% degli spostamenti, e il trasporto pubblico è confinato.

Le infrastrutture non mostrano progressi significativi, e le regioni del sud, tranne la Campania, incrementano i divari infrastrutturali. Le Città metropolitane meridionali soffrono di carenze nella mobilità sostenibile e mostrano debolezze sia nella domanda che nell’offerta.

Gli investimenti, sebbene proporzionalmente maggiori al sud, evidenziano ritardi nell’attuazione. Vi è una carenza di interventi per le reti corte, sottolineando la necessità di bilanciare le grandi opere con soluzioni locali per affrontare le esigenze della mobilità urbana.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: ANAC e tassi di corruzione

Poi, il rapporto Svimez sul Mezzogiorno passa ad analizzare il fenomeno della corruzione, difficile da definire universalmente, e che provoca distorsioni sistematiche e una perdita di fiducia nella società. La comprensione precisa richiesta per contrastarla è ostacolata dalla sua natura sfuggente.

La Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) di ANAC fornisce 70 indicatori per misurare il rischio di corruzione, concentrati su contesto, appalti e dati comunali.

Nel 2022, il Rapporto Svimez esamina gli indicatori nella sezione “appalti” per valutare il rischio nella Pubblica Amministrazione italiana.

Le analisi evidenziano dinamiche complesse, indicando che il fenomeno è multidimensionale. Il nuovo codice dei contratti pubblici e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza impattano sulle dinamiche degli appalti, introducendo principi di risultato, fiducia, e accesso al mercato, oltre a favorire la digitalizzazione del ciclo di vita degli appalti.

L’uso di big data e machine learning offre opportunità per migliorare la misurazione della corruzione.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: cambiamento climatico

La quarta parte del rapporto Svimez sul Mezzogiorno è sulla transizione che va accompagnata favorendo tanto lo sviluppo quanto la coesione.

A cominciare con il capitolo sul cambiamento climatico, nel rapporto tra nord e sud.

Nel 2022, l’Italia ha registrato l’anno più caldo e siccitoso mai documentato, con una temperatura media superiore di 1,23°C rispetto al trentennio 1991-2020 e una diminuzione delle precipitazioni del 22%.

Le variazioni termiche non sono uniformi, con la Pianura Padana orientale, la costa adriatica e la penisola salentina che mostrano aumenti significativi.
Il bacino del Mediterraneo, incluso l’Italia, affronterà maggiori fenomeni atmosferici estremi e desertificazione entro il 2050.

L’aumento delle temperature impatta sull’agricoltura, sulla produzione alimentare, sulla salute e sull’industria, con previsioni di riduzione del reddito pro capite entro il 2100.

L’agricoltura è vulnerabile, richiedendo investimenti in innovazione, ma le disparità tra nord e sud nell’adozione di pratiche innovative potrebbero accentuarsi.

Nonostante le sfide, il settore agricolo meridionale offre opportunità di sviluppo, guidato dalla crescente domanda di prodotti di qualità e dall’importanza nell’export e nel turismo.

L’innalzamento delle temperature ha effetti territoriali differenziati, con un impatto positivo medio nei settori economici del centro-nord e un impatto negativo per il Mezzogiorno.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: transizione e sud

Il capitolo analizza le trasformazioni nel settore energetico europeo, in risposta alle recenti crisi, alla transizione ecologica e alle tensioni internazionali.

Prima del conflitto russo-ucraino, l’UE dipendeva fortemente dalle importazioni russe di fonti fossili, ma la crisi ha spinto Bruxelles a puntare sulla sicurezza energetica attraverso RepowerEU, cercando di ridurre le importazioni russe e aumentare le energie rinnovabili.

Nel petrolio, le importazioni russe sono diminuite, sostituite da Norvegia, USA, Kazakhistan e Arabia Saudita.

Nel gas, la riduzione della dipendenza russa è stata limitata, ma le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) sono cresciute del 66%. Tuttavia, i prezzi più elevati del GNL creano sfide di competitività.

La strategia europea si focalizza sulla crescita delle energie rinnovabili, con obiettivi ambiziosi. Tuttavia, la dipendenza dalla Cina per componenti chiave, come nei pannelli solari, è problematica. La Cina ha un ruolo predominante anche nella filiera dell’idrogeno verde.

L’Italia, fortemente dipendente dal gas, sta cercando di diversificare le fonti, ma la questione russo-ucraina ha reso il gas una fonte di dipendenza rischiosa, minacciando la sicurezza energetica. La Strategia solare dell’UE punta sull’espansione fotovoltaica, ma la dipendenza da componenti cinesi è un ostacolo.

Il Mezzogiorno italiano, centrato sull’energia del gas, deve accelerare le energie rinnovabili. Tuttavia, la strategia di diventare un hub energetico rischia di generare nuove dipendenze. La politica industriale dovrebbe promuovere la produzione rinnovabile in tutto il paese, considerando le specificità territoriali e contrastando le dipendenze strategiche.

Inoltre, il Mezzogiorno deve sviluppare una strategia basata sulle sue risorse e specializzazioni, garantendo la coesione territoriale. L’individuazione delle vulnerabilità nelle filiere verdi deve integrarsi in una visione europea, affinché il contributo del Mezzogiorno rafforzi la filiera continentale senza subire la concorrenza degli attori globali.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: logistica economica e transizione

Il capitolo della rapporto Svimez sul Mezzogiorno sul potenziamento della logistica e dell’intermodalità sostenibile nel Mediterraneo è cruciale per consolidare il ruolo economico globale dell’Italia, specialmente nei settori marittimi.

Dopo il calo dei flussi commerciali del 2020, nel 2021 le modalità di trasporto italiano hanno recuperato i volumi pre-pandemici, evidenziando una forte crescita nel traffico Ro-Ro, aereo e container.

Il Mezzogiorno ha registrato notevoli performance nei comparti marittimi. L’efficientamento della rete logistica del centro-sud, integrata con i porti, può offrire alternative all’infrastruttura obsoleta dei valichi alpini, contribuendo al trasporto intermodale e alla riduzione del congestionamento stradale.

Tuttavia, la sfida principale è la capacità ferroviaria limitata, richiedendo investimenti e politiche di incentivo mirate.

Nel contesto del Green Deal, la ZES Unica per il Mezzogiorno può svolgere un ruolo strategico, ma il suo successo dipenderà dalla semplificazione amministrativa, dall’integrazione con le politiche industriali e infrastrutturali e dalla valorizzazione delle specificità territoriali.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: turismo

Il rapporto Svimez sul Mezzogiorno poi passa al settore turistico italiano, descritto dettagliatamente attraverso il Conto satellite del turismo (CST) pubblicato dall’ISTAT ogni due anni.

Il CST utilizza la classificazione ATECO per definire le industrie turistiche in base a diverse branche produttive, stimando la quota del valore aggiunto riferibile ai prodotti effettivamente fruiti dai turisti.

Nel 2020, il valore aggiunto della filiera turistica italiana si è attestato a oltre 71 miliardi, contribuendo al 5,6% del PIL nazionale.

Tuttavia, il Mezzogiorno mostra un notevole sottodimensionamento nella filiera turistica rispetto alle regioni centro-settentrionali e ad altri paesi dell’OCSE.

Il recupero post-Covid delle presenze turistiche nel Mezzogiorno è più lento, evidenziando la necessità di politiche nazionali mirate per sfruttare il notevole potenziale turistico della regione.

Un programma di sviluppo turistico integrato potrebbe contribuire significativamente alla crescita economica del Mezzogiorno.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: sud e turismo low cost

Il turismo è un altro dei capisaldi del Mezzogiorno, e che tuttavia, come si evince dal rapporto Svimez, ha subito comunque un sottodimensionamento rispetto alle regioni centro-settentrionali e ad altri paesi OCSE.

Forse, uno dei fenomeni degni di nota è tutto quel complesso di turismo low cost che investe ad esempio la città di Napoli, notevole centro turistico, e la Campania la prima regione al mondo dove si mangia meglio, secondo la classifica di Taste Atlas.

Ma, questa modalità per certi versi spontanea della capacità di autorganizzazione della cittadinanza nell’offerta di case vacanza e servizi (soprattutto nel campo della ristorazione), non è coadiuvata da opportune infrastrutture e progettualità dell’amministrazione.

Infine, sembra assente anche una progettualità verso un turismo maggiormente incentrato sulla cultura e la valorizzazione di tale patrimonio presente nei diversi luoghi della città.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: gap digitale

L’ultimo capitolo della quarta parte del rapporto Svimez sul Mezzogiorno è dedicata al digitale e alle differenze tra zone del paese.

L’Italia si posiziona al 19º posto nel ranking del Digital Economy and Society Index (DESI) tra i 27 paesi dell’UE, evidenziando ritardi significativi nella digitalizzazione.

Le competenze del Capitale umano (25º posto) e i Servizi pubblici digitali influenzano notevolmente questa classifica, con l’Italia collocata al 19º posto anche nella digitalizzazione della Pubblica amministrazione.

Le regioni meridionali mostrano indici DESI inferiori alla media nazionale (49,6), con differenze significative tra di loro. Il gap nelle competenze digitali è evidente nel Mezzogiorno, con il sud che registra valori inferiori alla media nazionale nel Capitale umano.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) emerge come strumento chiave per colmare il digital divide, con un focus sulla digitalizzazione della P.A., connettività e competenze digitali attraverso investimenti mirati.

La formazione avanzata tramite le ITS Academy potrebbe contribuire a potenziare le competenze digitali, ma sono necessari sforzi coordinati per superare le criticità strutturali e ridurre il divario digitale.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità
Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Mezzogiorno e rapporto Svimez: ridiscutere UE e Unità d’Italia

Possiamo dunque completare l’analisi effettuata dall’annuale rapporto Svimez sul mezzogiorno, con tanto di problematiche e criticità, e con tanto di ulteriori nostre riflessioni e brevi approfondimenti sulle radici di tali problematiche e criticità.

Un auspicio, un’opportunità di lavoro da perseguire dovrebbe andare forse, o meglio uscire, da certi parametri impostati a livello sovra-nazionale dalle politiche UE, che come abbiamo commentato sembrano essersi allontanate nel corso del tempo sempre più da quello spirito originario che intendeva l’unione dei popoli d’Europa, come un’unione di popoli, effettiva, politica, democratica (dal greco démos-kràtos = potere del popolo), per diventare un’unione di burocrazie di potere, guidata da comitati tecnici e forze bancarie – tra l’altro private, e dunque sganciate da un effettivo potere finanziario sovrano e popolare.

Dall’altro, da un punto di vista interno, forse una ripresa di una forma federale sana, equilibrata, e non sulla base di un certo senso comune – come quella sorta su spinta leghista prima e poi mitigata dalla riforma Bassanini, e ripresa sempre dal potere di contrattazione delle regioni del nord – sia una di queste soluzioni.

Una forma federale che però si innesti su un equilibrio effettivo delle risorse, delle strutture produttive delle amministrazioni politiche, e sulla base di una revisione sana anche dei processi storici che hanno portato all’Unità d’Italia.

Mezzogiorno e rapporto Svimez: tra problemi e possibilità

Roberto Siconolfi, classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo. Uno dei suoi campi principali di ricerca è il mondo dei media, in tutti i suoi aspetti, da quello tecnico a quello storico e antropologico, fino a giungere al piano “sottile”, “magico”, “esoterico”.

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