Andrea Ruboni – è un esperto di advertising e analisi dati con una vasta esperienza nel settore del B2B, e-commerce e turismo.
Per migliorare la customer experience, creare pubblicità mirate e analizzare le abitudini di acquisto in contesti virtuali e fisici, i marketer dipendono dai dati che tracciano l’attività degli utenti all’interno di siti web e altri canali digitali.
Questi dati, conosciuti principalmente come cookie , derivano dalle informazioni provenienti direttamente dagli utenti, sono raccolti automaticamente, e costituiscono uno strumento estremamente affidabile per il marketing.
Alcune tra le più grandi aziende del settore informatico e tecnologico come Google e Apple hanno annunciato che nei prossimi anni elimineranno o bloccheranno del tutto la possibilità di raccogliere e analizzare i cookie, per favorire una maggiore privacy degli utenti.
Ma cosa significa praticamente per i marketer? Lo chiariremo analizzando alcuni punti chiave:
Le aziende devono assicurarsi che gli utenti abbiano la possibilità di gestire al meglio i propri dati personali e di decidere cosa condividere e con chi. Tutto questo per far sì che vengano rispettate volontà, esigenze e preferenze in merito alla protezione dei dati. Il consenso all’utilizzo dei dati diventa indispensabile
I dati dei clienti e degli utenti non provengono esclusivamente dai cookie di terze parti, ma possono essere raccolti direttamente attraverso interazioni più o meno dirette tra il brand e il cliente . Così facendo, si possono comunque creare profili personalizzati senza venire meno a regole che si fanno via via più stringenti. Chiamati first-party data, sono dati proprietari che non scompariranno insieme ai cookie di terze parti
Una strategia di comunicazione trasparente è essenziale : negli ultimi anni a venire meno è stata proprio la fiducia nei confronti dei brand da parte degli utenti, che possono adesso tornare ad essere partecipi di quello che è l’intero processo di raccolta, analisi e uso dei loro dati
Concentrarsi sui dati attualmente disponibili è importante perché si tratta di informazioni che continueranno a rimanere a disposizione dei brand una volta che i cookie di terze parti verranno gradualmente rimossi
L’intenzione di Google è quella di rimuovere i cookie di terze parti all’interno del loro browser internet Chrome a partire dalla fine del 2022. Contemporaneamente, Apple si dichiara pronta a eliminare l’accesso agli identificatori dei suoi dispositivi iOS (siano essi smartphone, tablet o computer).
È il momento di chiedersi: che cosa cambierà per il marketing? E che cosa sarà necessario fare per non farsi trovare impreparati?
Nel dettaglio parleremo di:
La politica sulla privacy di Google minaccia davvero di ridimensionare drasticamente le potenzialità del marketing digitale e minare il futuro del cosiddetto open internet?
Cosa aspettarsi da un futuro senza i cookie di terze parti
Secondo un recente studio condotto da Adobe , solamente il 37% delle aziende intervistate si è definito pronto per un futuro privo di cookie di terze parti.
I clienti richiedono, giustamente, maggiore trasparenza su come i loro dati personali vengono raccolti e gestiti e vogliono poter decidere in prima persona quali dati condividere e a quali condizioni.
Negli ultimi anni vi sono state numerose fughe di dati all’interno dei database di organizzazioni, e questo ha portato alla violazione e alla compromissione di milioni di password, email e profili personali. Come facilmente intuibile, l’impatto è stato estremamente negativo.
Secondo Gartner , circa l’81% dei clienti si rifiuta di supportare e/o consigliare ad altri una azienda per la quale non nutre una particolare fiducia, mentre l’89% degli intervistati si è detto pronto a distanziarsi immediatamente da un brand nel caso in cui quest’ultimo tradisca la loro fiducia.
Tuttavia, nonostante un aumento nella richiesta da parte degli utenti di maggior controllo sui propri dati e sugli utilizzi che ne fanno le aziende, i clienti si aspettano comunque un alto livello di personalizzazione dell’offerta. È un circolo vizioso: la personalizzazione dell’offerta fino a poco tempo fa era garantita proprio dai cookie di terze parti che andranno perlopiù a scomparire nel prossimo futuro.
Con una minore possibilità di affidarsi ai cookie di terze parti per garantire ai clienti lo stesso livello di personalizzazione dell’offerta, diventa fondamentale per le imprese esplorare tutte le possibilità a loro disposizione per non farsi trovare impreparate.
Un futuro non completamente privo di cookie
Trattandosi di un cambiamento che oseremmo definire epocale, è comprensibile l’incertezza e la titubanza nell’agire da parte delle imprese, che al tempo stesso devono considerare possibili alternative.
Innanzitutto, non bisogna commettere l’errore di pensare che tutti i cookie verranno rimossi o resi superflui: l’eliminazione riguarderà solamente quelli di terze parti e all’interno di determinate piattaforme. Rimarranno invece tutti gli altri cookie e si potrà continuare a raccogliere dati sui propri utenti e clienti , seppur con modalità differenti.
Se da un lato è vero che le grandi aziende come Google e Apple andranno gradualmente a rimuovere i cookie di terze parti dalle loro rispettive piattaforme, continuerà ad essere possibile la raccolta dati all’interno dei siti web e delle piattaforme gestite in prima persona dalle imprese.
Non potendo più fare ricorso ai cookie di terze parti, le aziende dovranno concentrarsi sui dati generati dalle interazioni dirette con i propri clienti , all’interno di un social network (condivisioni ed engagement, ad esempio) oppure di un sito web (analisi dei comportamenti di navigazione degli utenti). Al tempo stesso, diventerà importante fare tutto il possibile per fidelizzare i clienti.
Come abbiamo detto in precedenza, gli utenti vogliono avere sempre più controllo in merito all’utilizzo dei loro dati personali e alle modalità con cui essi vengono raccolti.
Per l’utente medio, non è più sufficiente che un brand chieda il consenso per raccogliere i loro dati, ma è fondamentale la massima trasparenza in quello che è l’intero processo di raccolta, analisi e uso dei dati.
Inoltre, con la necessità di doversi concentrare esclusivamente sui cookie e sui dati raccolti in prima persona , senza più fare affidamento ai cookie di terze parti di Google (che diventeranno presto inutilizzabili), diventano importanti le tempistiche con le quali ci si interfaccia con gli utenti. La personalizzazione dell’offerta e dell’esperienza di acquisto devono avvenire più rapidamente e, per quanto possibile, in tempo reale.
Se un cliente decide di effettuare un acquisto dopo aver visto un banner pubblicitario o aver ricevuto una email promozionale, è necessario che il sistema si aggiorni in modo tempestivo così che l’utente non veda più un banner pubblicitario ormai obsoleto o continui a ricevere email promozionali non più pertinenti.
Lo stesso discorso è valido per quanto riguarda l’engagement. Se un utente decide di condividere alcuni dei propri dati personali con un brand oppure di interagire attraverso uno o più canali digitali, è importante che abbia dei riscontri immediati sulle sue scelte e ne veda i risultati.
“Con la necessità di doversi concentrare esclusivamente sui cookie e sui dati raccolti in prima persona, diventano importanti le tempistiche con le quali ci si interfaccia con gli utenti. La personalizzazione dell’offerta e dell’esperienza di acquisto devono avvenire più rapidamente e, per quanto possibile, in tempo reale.”
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Come prepararsi ad un futuro senza cookie di terze parti
Con l’imminente rimozione dei cookie di terze parti (in particolare su Google) e una volta che questi cambiamenti diventeranno effettivi tra il 2022 e il 2023, per i marketer di tutto il mondo sarà importante individuare e applicare metodi alternativi.
Di seguito ti offriamo 4 soluzioni per prepararti al meglio a questo futuro privo di cookie di terze parti.
1. Concentrati sui dati proprietari
Con l’imminente scomparsa dei cookie di terze parti, il primo suggerimento che possiamo darti è di ripiegare su fonti alternative per raccogliere tipologie di dati simili. Stiamo parlando dei first-party data, o dei dati proprietari. Di che cosa si tratta esattamente?
I dati proprietari altro non sono che tutte quelle informazioni che puoi raccogliere direttamente dai tuoi attuali clienti oppure dagli utenti che visitano il tuo sito web o interagiscono con il tuo profilo sui social network (per esempio su Facebook o Instagram).
I first-party data possono essere ricavati dall’elenco degli iscritti a una tua mailing list, oppure andando ad analizzare la cronologia degli acquisti dei tuoi clienti. Nel caso dei social network invece, un esempio di dati proprietari può essere l’analisi dell’engagement prodotto dai tuoi contenuti, come i commenti o le condivisioni.
Con un pacchetto di dati proprietari a tua disposizione, sarai in grado di identificare meglio i tuoi utenti in base alle loro attività, ai comportamenti d’acquisto e alle preferenze, e potrai essere più accurato nella personalizzazione dell’offerta su ciascuno dei canali che utilizzerai nella tua strategia di marketing.
Tuttavia, in alcuni casi questo potrebbe essere più facile a dirsi che a farsi: i clienti vogliono un’offerta quanto più personalizzata possibile ma senza sacrificare la privacy.
Come è facilmente intuibile, a volte soddisfare entrambe le condizioni di questa richiesta può risultare difficile , perché un’offerta promozionale, per poter essere personalizzata, ha bisogno di dati identificativi univoci per ciascun cliente.
Senza la possibilità di ricorrere ai cookie di terze parti raccolti su un motore di ricerca come Google o senza gli identificatori univoci dei dispositivi, per esempio quelli Apple basati sul sistema operativo iOS, questa operazione potrebbe risultare complicata. Ma esiste una soluzione.
Come saprai, da diversi anni sono ormai disponibili numerose soluzioni di CRM, facilmente adottabili e inglobabili all’interno della propria strategia di marketing. In questo caso, il CRM può essere utilizzato per suddividere i dati proprietari in segmenti basati su specifici attributi o su azioni compiute dai clienti e dagli utenti.
In altri termini, per quanto non sarà più possibile identificare ciascun utente singolarmente, sarai comunque in grado di raggruppare utenti con caratteristiche simili all’interno delle categorie più appropriate.
Il livello di personalizzazione non sarà altrettanto accurato, ma con la necessità del dover soddisfare direttive sempre più stringenti, rimane comunque una delle soluzioni migliori.
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2. La privacy prima di tutto
Man mano che ti districherai in questo futuro privo di cookie di terze parti concentrandoti invece sui first-party data, devi sempre tenere a mente la ragione che ha portato aziende come Google e Apple a prendere la decisione di rimuovere i cookie di terze parti o di limitare gli identificatori univoci dei dispositivi. Quello che è venuto meno è la fiducia da parte dei clienti e degli utenti nei confronti dei brand.
I cookie di terze parti hanno creato l’impressione di essere seguiti su internet ovunque si vada , oltrepassando quello che è il confine tra la necessità di offrire e ricevere un’offerta personalizzata e il consenso all’uso di dati raccolti autonomamente.
Quante volte ti è capitato di fare una ricerca su Google e dopo poco tempo trovare post sponsorizzati su un social network riguardante prodotti simili a quelli visti ad esempio su Amazon? I cookie di terze parti sono i principali responsabili e fino a poco tempo fa la raccolta dei dati avveniva automaticamente e senza richiedere un consenso particolare.
Con l’introduzione del GDPR, ogni sito web raggiungibile dall’Europa ha dovuto rapidamente adeguarsi per soddisfare le direttive dell’Unione Europea in merito alla raccolta e al trattamento dei dati sensibili degli utenti online, ponendo di fatto le basi per quello che Google farà entro il prossimo anno, ossia rimuovere i cookie di terze parti dal proprio motore di ricerca.
Quando si parla di privacy ci si riferisce principalmente al consenso che gli utenti danno alla raccolta e al trattamento dei loro dati personali, ed è proprio su questo che devi concentrarti. Da un lato devi assicurarti che i tuoi clienti siano bene informati sull’uso che farai dei loro dati, dall’altro è importante che l’utilizzo dei dati raccolti non vada oltre al limite imposto dal consenso stesso.
Se ad esempio un utente decide di registrarsi a una mailing list e autorizza l’uso dei suoi dati per essere informato in merito a future promozioni, sconti o altre offerte, devi assicurarti che i dati di quell’utente vengano utilizzati esclusivamente per quello scopo, senza estendere l’utilizzo ad altre attività al di fuori della mailing list.
In questo caso, esistono soluzioni di CRM in grado di aiutarti nel processo: sono le Consent Management Platforms (CMP, o piattaforme per la gestione del consenso dei dati) che assicurano da un lato il rispetto delle direttive europee stabilite dal GDPR e dall’altro informano su come i dati devono essere raccolti, analizzati e utilizzati per non violare il consenso degli utenti.
3. Esplorare metodi alternativi per indicizzare i contenuti
I first-party data costituiranno gran parte delle fonti a tua disposizione in futuro. Di grande importanza sono i metodi (decisamente più proattivi) con cui sarà possibile raccogliere questi dati.
Se dovessimo comporre una lista di tutti i metodi possibili, probabilmente avremmo abbastanza materiale per redigere una piccola enciclopedia, pertanto ci limiteremo a quelli che sono i più promettenti e i più efficaci:
Targeting contestuale : l’inclusione di banner pubblicitari all’interno di un sito web che sia rilevante per gli interessi e le caratteristiche del pubblico che vuoi raggiungere
Targeting cohort : le attività di raggruppamento degli utenti in base a caratteristiche comportamentali simili, come ad esempio la cronologia delle ricerche, ma senza individuare singolarmente ciascun cliente
Targeting probabilistico : spesso chiamato fingerprinting, si tratta di un metodo basato sull’utilizzo dei metadata di un utente
Targeting social : l’utilizzo di dati pubblicamente disponibili come ad esempio quelli relativi all’engagement sui profili presenti su social media come Facebook, Instagram eccetera
Non devi usare tutti questi metodi contemporaneamente per essere efficace , ma al tempo stesso è bene che tu inizi a sperimentarli fin da subito, così da poter individuare quelli più adatti a te.
4. Individuare soluzioni adeguate al mercato europeo
Una delle motivazioni principali per la rimozione dei cookie di terze parti è l’intenzione di garantire una maggiore privacy online per gli utenti.
In Europa, è entrata in vigore ormai da alcuni anni la GDPR (General Data Protection Regulation, o Regolamento generale sulla protezione dei dati), un regolamento pensato per garantire il rispetto alla privacy degli utenti e la sicurezza delle modalità con cui le aziende raccolgono e utilizzano i dati degli utenti stessi.
Se è obbligatorio per tutte le aziende europee (e per tutte le aziende estere che operano in Europa), il GDPR non vale in altre parti del mondo. Negli Stati Uniti o nei Paesi asiatici, per esempio, non è prevista (almeno allo stato attuale) alcuna normativa simile alla GDPR e questo rende difficile l’implementazione, a livello globale, di nuovi sistemi per la garanzia della privacy degli utenti.
Prendiamo ad esempio il FLoC (Federated Learning of Cohorts) creato da Google.
Pensato essenzialmente come un sostituto ai cookie di terze parti, quello del FLoC è uno strumento in grado di raggruppare gli utenti in base ad interessi comuni, evidenziati ad esempio tramite la cronologia delle ricerche all’interno del motore di ricerca, ma senza identificare ciascun utente individualmente.
Tuttavia, la sua sperimentazione è stata temporaneamente sospesa in Europa e secondo alcuni esperti la causa potrebbe essere ricercata in alcune incompatibilità con il GDPR.
L’introduzione del FLoC rimane, da parte di Google, uno degli obiettivi più importanti, ma questo dimostra quanto complicato possa essere l’argomento privacy su internet.
Se un futuro privo di cookie di terze parti pare inevitabile, bisogna assicurarsi che le soluzioni adottate per affrontarlo siano compatibili con tutte le direttive e i regolamenti . Tra l’altro, la maggior parte delle aziende impegnate nella creazione di strumenti per il marketing si trova negli Stati Uniti, dove l’approccio alla privacy online degli utenti è decisamente poco regolamentato.
Cosa cambierà per i brand?
Fin dalla metà degli anni ’90 i cookie di terze parti hanno contribuito a una crescita esponenziale delle attività del digital marketing , offrendo ai marketer la possibilità unica di tracciare gli utenti attraverso diversi canali e di creare profili affidabili basati sulle loro abitudini e cronologie di acquisto.
Fintanto che i cookie di terze parti non scompariranno del tutto, rimangono probabilmente uno degli strumenti più utili a tua disposizione perché, attraverso diversi canali, siano essi ad esempio il PPC (pay-per-click), il social media marketing o altri, ti permettono di avere un’idea più precisa di quelle che sono le “performance” del tuo brand.
Sapere con certezza, mediante l’analisi dei cookie raccolti, quanto effettivamente i tuoi canali sono efficaci nella strategia di marketing ti permetterà di individuare gli strumenti e gli elementi migliori su cui concentrarsi, da mantenere ed espandere in ottica futura.
In Adv Media Lab, proprio come te, abbiamo a cuore la privacy dei nostri utenti. Per questo il nostro team di esperti si sta preparando a quella che si preannuncia come una vera e propria rivoluzione. Siamo a tua completa disposizione per permetterti di districarsi tra dati e regolamenti e per aiutarti a usare tutte le informazioni necessarie a pianificare il tuo futuro.
La politica sulla privacy di Google minaccia davvero di ridimensionare drasticamente le potenzialità del marketing digitale e minare il futuro del cosiddetto open internet?
Come cambierà il futuro del digital marketing?
I marketer devono trovare alternative valide ai cookie di terze parti per poter continuare ad offrire contenuti personalizzati ai propri clienti , assicurarsi di non perdere la loro fiducia, trasformare i lead generati in nuove vendite e incrementare il volume di affari.
Tuttavia, la maggior parte delle alternative ai cookie di terze parti richiede tempo per essere adeguatamente implementata, così da poterne sfruttare tutto il potenziale. Per un digital marketer, questo significa che non c’è un minuto da perdere.
Non si tratta soltanto di creare una base solida costituita dai cosiddetti dati proprietari (first-party data), ma significa mettere insieme un vero e proprio catalogo di strumenti per l’identificazione di fonti alternative ai cookie di terze parti, così da continuare ad operare efficacemente.
La graduale rimozione dei cookie di terze parti non deve essere necessariamente vissuta come una catastrofe. Sicuramente, come spesso accade quando avviene un cambiamento così radicale, agli inizi le difficoltà saranno tante e numerose saranno le sfide da superare. Ma possiamo provare a ripensare questo evento – ormai inevitabile – come un catalizzatore , grazie al quale le aziende hanno l’opportunità di fare un passo indietro, chiedersi cosa sia possibile fare per migliorare la customer experience dei propri clienti e cercare nuove soluzioni.