Per quanto si parli di costruire un digital mindset, riuscire ad applicarlo non è così immediato e semplice come si potrebbe pensare. Il punto è che solitamente il tutto viene considerato partendo dalla solidità del caso aziendale.
In una prima fase di transizione si applicano molto limitatamente strumenti per comprendere come questi modificano i processi e per valutarne la relativa ed effettiva efficacia. Questo è senza dubbio uno dei momenti chiave che mette alla prova la mentalità digitale, riflettendo nella maggior parte dei casi una visione semplicistica e duale:
- Conservativa e reazionaria – Chi mantiene una visione scettica o conservativa sarà restio a valutare altre soluzioni rispetto a quella/e su cui hanno investito o acquistato, bloccando quindi tutta la prima fase conoscitiva, di testing fondamentale per appunto comprendere quali innovazioni apportare nella propria organizzazione
- Progressista e superficiale – Chi affronta il progetto tecnologico con entusiasmo superficiale e tecnicismo, limitandosi a vedere gli strumenti come un riflesso o simulazione delle capacità umane. Questo punto di vista è critico per la sua tendenza a proiettare le proprie caratteristiche umane e sociali sulla tecnologia (vedi ad es. l’IA)
In entrambe i casi parliamo di una visione ingenua, pregiudizievole e limitata.
Nella società dell’informazione semplicemente non abbiamo tempo per l’agire razionale a lungo termine. Messi sotto pressione, ripieghiamo sull’intelligenza. L’azione intelligente però si orienta alle soluzioni e ai risultati rapidi. Quasi mai efficaci sul lungo termine.
Cercare e testare altre opzioni e soluzioni implica ulteriori INVESTIMENTI di tempo e denaro che non tutti sono disposti a “perdere”.
Ma qui sta la differenza.
Chi ha fiducia ma soprattutto conosce i benefici della trasformazione digitale non si fermerà a provare una sola soluzione, ma partirà dai primi fallimentari test per approfondire pro e contro.
Oggi è molto più difficile quantificare il valore delle tecnologie emergenti che non sono ancora ampiamente utilizzate. I metodi basati sul budget sono spesso prevenuti contro le tecnologie innovative, in parte perché non considerano il valore dei guadagni derivanti dall’apprendimento e degli effetti di spillover.
Il problema è che abbiamo scoperto – come già evidenziò Jeanne Ross anni fa – che tanti imprenditori vedono il digitale come una forma più avanzata di digitalizzazione, invece di sfruttare le opportunità per ricostruire un’attività e possibilmente un’industria.
Le lezioni che stiamo imparando dai brand di maggior successo?
- Creare una struttura di governance per l’esplorazione delle tecnologie emergenti e non delegare la responsabilità su strutture IT, il digitale è una trasformazione aziendale
- Iniziare con il caso d’uso, ma aumentare la visibilità sull’intero caso aziendale
- Selezionare i partner in modo strategico per avere un aiuto professionale
- Essere pazienti e tenaci
- Prepararsi a co-creare con i propri clienti
- Iterare il caso d’uso fino a quando non si evolve nell’intera organizzazione
- Adottare un approccio graduale alla scalabilità
Lo riporta il filosofo tedesco Byung-chul Han: ogni trasformazione mediale decisiva dà vita a un nuovo regime. Medium è dominio (…) I media digitali realizzano il dominio dell’informazione. Ai fini dell’ottenimento del potere è ora decisivo il possesso delle informazioni. Se Carl Schmitt fosse ancora vivo, riscriverebbe nuovamente il suo principio di sovranità: sovrano è colui che dispone delle informazioni in rete.
La questione non è tecnica.