Silvia Salese – Psicologa, docente e speaker ad orientamento ed approccio sistemico.
I processi attentivi sono aspetti critici dei meccanismi neurali, cognitivi e comportamentali connessi al processo decisionale. Tuttavia, il ruolo di tali processi spesso non è molto focalizzato dalla ricerca, in particolare per gli studi che coinvolgono il comportamento di consumo.
La psicologia del consumatore si focalizza anche su questo: da cosa è determinata l’attenzione dell’interlocutore, cosa gli interessa realmente, cosa lo attrae inconsapevolmente e come prende le sue decisioni.
In questo articolo esploreremo brevemente i differenti tipi di attenzione per poi concentrarci sulla parte che più ci interessa: quella pratica e operativa.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione.
Il mondo dell’attenzione selettiva
L’attenzione selettiva è un processo critico di controllo esecutivo da cui gli esseri umani e altri animali dipendono per campionare le informazioni nell’ambiente al fine di evitare il sovraccarico di informazioni.
Siamo in un negozio di alimentari: cosa guarderemo consapevolmente? E cosa vedremo comunque? Ed in ultimo, cosa ci perderemo?
I tre eventi non rappresentano la stessa cosa: nel primo caso scegliamo cosa guardare, a quali stimoli porre la nostra attenzione. Nel secondo caso invece rientreranno tutti gli stimoli che verranno in contatto con il nostro campo visivo e attentivo comunque, al di là delle nostre scelte: un prodotto nuovo, un colore che ci cattura, uno slogan… et voilà! Il nostro carrello si riempie di cose che non erano scritte sulla lista della spesa.
Non dobbiamo dimenticare inoltre che non tutto ciò che è presente nel negozio sarà visto consapevolmente da noi: persone, oggetti, scritte, avvisi etc. C’è un mondo di informazioni che ci circonda, la maggior parte delle quali rimangono sullo sfondo e non verranno mai percepite; questo accade perché possediamo un meccanismo di filtraggio del cervello che aiuta il comportamento a dirigersi verso l’obiettivo massimizzando la ricompensa, migliorando la rappresentazione di stimoli comportamentali salienti e smorzando le rappresentazioni di stimoli comportamentali irrilevanti.
La selettività può anche essere influenzata dalla natura degli stimoli stessi, come il colore, il contrasto e la presenza o meno di una ricompensa associata. A causa della natura ampiamente comprensiva di questo concetto, l’attenzione selettiva potrebbe essere considerata lungo tre
diverse dicotomie:
Attenzione dall’alto verso il basso vs dal basso verso l’alto (meglio nota come attenzione top-down e bottom-up)
Attenzione spaziale versus attenzione centrata sull’oggetto
Attenzione consapevole versus attenzione inconsapevole
Queste differenziazioni hanno lo scopo di tracciare un quadro di base dei processi cognitivi dell’attenzione che svolgono un ruolo chiave nel processo decisionale per promuovere la scelta ottimale di marketing e guidare le preferenze comportamentali. Vediamole un momento insieme.
L’attenzione selettiva è un processo critico di controllo esecutivo da cui gli esseri umani e altri animali dipendono per campionare le informazioni nell’ambiente al fine di evitare il sovraccarico di informazioni.
Le nevrosi del mondo moderno: intervista a Marco Terranova
Perché non vediamo i soldi sugli alberi
I processi top-down e bottom-up di selezione della nostra attenzione sono considerati processi distinti che coinvolgono meccanismi neurali distinti.
Nei processi top-down, l’attenzione è dispiegata strategicamente e diretta all’obiettivo. Questo tipo di selettività attenzionale può influenzare la selettività spaziale, la selettività dell’oggetto, così come la selettività dell’azione, a seconda degli obiettivi del compito. Le sue caratteristiche sono molto semplici:
È controllata, ovvero avviene con consapevolezza e in base alle aspettative
È lenta, ovvero richiede l’innesco dei circuiti lenti di elaborazione delle informazioni, ovvero quelli attentivi consapevoli
È volontaria, ovvero avviene in base ad una focalizzazione scelta da chi percepisce
A livello meccanico, i processi top-down migliorano la preparazione delle attività attraverso le regioni di controllo frontoparietale in concerto con le pertinenti regioni coinvolte nell’elaborazione degli eventi cognitivi, ancora una volta in base agli obiettivi delle attività.
Questo tipo di attenzione infatti si attiva sempre in funzione di un obiettivo in base alla rilevanza dello stimolo.
Torniamo alla nostra spesa nel negozio di alimentari: abbiamo una lista (un’azione di per se stessa saggia per non perdersi nei meandri degli acquisti di impulso) e quindi degli specifici prodotti-target.
L’attenzione dall’alto verso il basso si attiverà in base alla rilevanza che avranno per noi determinati reparti e scaffali ma sempre in relazione a ciò che c’è scritto sulla lista.
A causa di questo tipo di attenzione, possiamo osservare in noi e nelle persone in generale un fenomeno interessante chiamato “cecità attenzionale”, ovvero quel fenomeno che ci rende completamente ciechi verso stimoli ed oggetti che non ci aspettiamo di vedere e che in un determinato momento sono soppiantati nel nostro campo cognitivo da qualcosa che riteniamo più rilevante.
Oltre al famosissimo esperimento del Gorilla invisibile , alcuni ricercatori hanno dimostrato che le persone possono essere cieche anche di fronte ad un albero… di soldi! In un campus universitario Heyman e colleghi hanno pinzato 3 banconote da un dollaro a tre rami di un albero e per due settimane hanno osservato la gente che camminava vicino all’albero annotando se schivava i rami o avvistava il denaro (presupponendo che se qualcuno avesse visto il denaro si sarebbe fermato per raccoglierlo o almeno per accertarsi della stranezza).
Cosa è accaduto?
Complessivamente sono state osservate 396 persone mentre camminavano sulla stradina in cui si trovava l’albero, 203 uomini e 193 donne. Dai risultati dell’osservazione è emerso che solo 12 persone sono passate in mezzo ai rami senza evitarli, mentre tutte le altre sono riuscite a schivarli in tempo. Di queste ultime, però, solo una piccola parte ha notato la presenza del denaro appeso, il che la dice lunga su tanti elementi che compongono la nostra esperienza con la realtà!
Nei processi attentivi dal basso verso l’alto (bottom-up) invece, l’attenzione è rapidamente e involontariamente attratta dalle caratteristiche salienti della scena visiva. I processi bottom-up operano su input sensoriali grezzi che passano attraverso l’analisi percettiva e portano a un eventuale output motorio, un comportamento.
Ritornando sulla scena del negozio di alimentari, veniamo colpiti da un prodotto che non abbiamo mai visto prima e che quindi non era nella nostra lista: se ci ha colpiti, in fretta e furia stabiliamo che lo dobbiamo avere e lo acquistiamo.
I meccanismi neurali dei processi dal basso verso l’alto sono più difficili da valutare, ma spesso implicano cambiamenti di livello sensoriale inferiori, inclusa una maggiore attività della corteccia visiva.
Seguendo Russo in merito all’attenzione bottom-up in relazione ai processi di acquisto, possiamo facilmente definire questo livello come un processo:
Automatico, ovvero che avviene senza l’intervento della consapevolezza
Veloce, grazie all’innesco di circuiti rapidi di ricezione delle informazioni
Involontario, ovvero che non richiede nè l’impiego di uno specifico focus dell’attenzione nè della razionalità
Dunque l’attenzione bottom-up viene innescata dagli stimoli esterni che risaltano dallo sfondo e che si impongono all’attenzione.
Gli stimoli che risaltano sullo sfondo creano un’attivazione neuronale maggiore, ovvero nel processo di selezione visiva sono selezionati e privilegiati rispetto a tutti gli stimoli.
L’attenzione spaziale e l’attenzione centrata sull’oggetto
Esistono almeno due modi molto diversi tra loro grazie ai quali il cervello opera una selezione degli stimoli visivi: uno facilitando l’elaborazione di una certa posizione spaziale del campo visivo in cui uno stimolo atteso può comparire, l’altro facilitando l’elaborazione delle caratteristiche percettive di un oggetto indipendentemente dalla sua posizione.
Per esperienza condivisa, tutti sappiamo che grazie al fenomeno del guardare con la coda dell’occhio è possibile spostare l’attenzione nello spazio a prescindere dallo sguardo.
In questo caso accade che, mentre manteniamo lo sguardo in una direzione, portiamo la nostra attenzione in un altro punto, magari per ascoltare un discorso senza farci notare. Di fatto, per ognuno di noi è possibile inoltre controllare le dimensioni del fuoco dell’attenzione, e non solo il suo spostamento.
Alcune ricerche hanno confermato infatti che un osservatore, entro certi limiti, può variare l’estensione dell’area occupata del fuoco dell’attenzione, concentrando le risorse su di un’area più ristretta o distribuendole su una più ampia.
Naturalmente quando il fuoco è ristretto, cioè quando l’attenzione è concentrata, la velocità di analisi risulta essere maggiore, e l’informazione al suo interno è analizzata più velocemente e accuratamente.
Esiste però anche un’altra ipotesi, secondo la quale l’attenzione non si muove e non è distribuita nello spazio, ma è piuttosto basata sull’oggetto (object based).
A prima vista questo tipo di distinzione potrebbe apparire inutile, visto che, ovviamente, anche gli oggetti occupano uno spazio; ma pensiamo alla rilevanza che ad esempio potrebbe avere nel marketing: distinguere il concetto di oggetto e di posizione spaziale potrebbe essere di fatto fondamentale per comprendere su quale o quali elementi focalizzare la comunicazione, cambiando di fatto l’approccio e l’operatività.
Per dimostrare che l’attenzione può selezionare gli oggetti a prescindere dallo spazio, sono stati condotti degli esperimenti in cui venivano presentate ai soggetti due figure di oggetti sovrapposti, occupanti quindi la medesima posizione spaziale. Il compito dei soggetti era riportare due caratteristiche degli oggetti (ad esempio dire se un oggetto era disegnato con
una linea continua o tratteggiata, e se l’altro era inclinato a destra o a sinistra).
In una condizione le due caratteristiche riguardavano lo stesso oggetto, mentre nell’altra due
oggetti diversi. L’esperimento ha dimostrato chiaramente che la prestazione nel compito era più accurata quando le due caratteristiche riguardavano lo stesso oggetto rispetto a quando riguardavano due oggetti diversi.
Questi risultati sono stati interpretati come prova del fatto che l’attenzione opera selezionando gli oggetti, e non in base a coordinate spaziali.
In effetti, la diminuzione di accuratezza quando le due caratteristiche riguardavano due oggetti differenti non è spiegabile in base alla necessità di riorientare spazialmente l’attenzione da un oggetto all’altro, in quanto i due oggetti occupavano la medesima posizione, come nell’esempio qui in basso.
In questo esempio il soggetto doveva semplicemente dire il nome della lettera centrale nera. I risultati hanno indicato che l’attenzione tende a selezionare le lettere più esterne che hanno lo stesso colore della lettera centrale, trascurando quelle più vicine ma di colore diverso.
Questo fatto è difficilmente spiegabile se si accetta un modello puramente spaziale dell’attenzione, che prevede la selezione di un’area uniforme.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione.
Attenzione consapevole (fino a un certo punto…)
Abbiamo già parlato del fatto – e dimostrato – che non possediamo dunque un sistema pienamente affidabile di lettura della realtà in un precedente articolo.
Secondo gli studi psicologici sulla percezione, con i nostri apparati di senso, di fatto, ricostruiamo costantemente la realtà, di cui quindi non abbiamo una visione oggettiva e lineare, ma una percezione influenzata da una complessa ed intricata serie di fattori.
A questo piatto , aggiungiamo altri ingredienti: il fatto incontestabile che si possa percepire uno stimolo senza l’intervento di un’immediata consapevolezza del fenomeno, un pizzico di connotazioni emotive, che normalmente hanno un ruolo gerarchicamente superiore nel direzionare la nostra attenzione, e una spolveratina di motivazioni e bisogni irrisolti, specie se subcoscienti, che letteralmente ci possono portare “a spasso” nell’esplorazione automatica del mondo. Il piatto è pronto, ma comprensibilmente, non di semplice preparazione.
Come evidente in base agli assunti di partenza e alle conseguenze pratiche dell’economia comportamentale , l’essere umano segue logiche (o meglio, illogiche) di razionalità limitata. In altre parole, siamo incapaci di elaborare stimoli e informazioni in maniera completa e corretta, e questo per via degli automatismi cerebrali che scattano senza l’intervento del processo cosciente, specie quando riguardano appunto le sfere emotive ed istintive.
Facciamo un esempio, che sempre risulta estremamente interessante quando lo si ricostruisce insieme in ambito consulenziale o formativo.
Pensa al tuo ultimo acquisto non previsto, ovvero a qualcosa che hai acquistato al di fuori delle necessità quotidiane. Fatto? Bene. Ora cerca di rispondere sinceramente a queste domande:
Perché lo hai acquistato?
Dove lo hai trovato esattamente? Dove si trovava sullo scaffale (o in che posizione se lo hai acquistato online)?
Se ti trovavi in un punto vendita, quali odori c’erano in quel momento? E se eri a casa?
Che colori aveva il packaging?
Quali stimoli hai incontrato i dieci minuti prima di imbatterti in questo prodotto?
Il giorno dell’acquisto, come stavi? A cosa stavi pensando? Di cosa ti stavi occupando?
A quale bisogno implicito rispondeva il tuo acquisto?
Quale problema o frustrazione profonda ha soddisfatto?
Ed in ultimo, ritorna indietro e rispondi: perché lo hai acquistato?
Normalmente – e quando questo esercizio è fatto seriamente – la prima risposta data alla domanda “perché lo hai acquistato?” risulta molto dissimile dall’ultima.
Questo perché abbiamo portato alla consapevolezza elementi che fino ad un attimo prima erano lasciati sullo sfondo.
Tuttavia gli elementi ripescati dalla nostra memoria sono solo una piccola porzione di tutti quegli stimoli che ci influenzano senza che ne siamo coscienti, che non lasciano quindi traccia nella nostra memoria e che rimarranno inconsapevoli pur avendo influenzato il nostro comportamento.
La rilevanza di questi stimoli è tale da indurre le ricerche e le misurazioni di marketing a focalizzarsi proprio su questi: ciò che non è razionale e che non viene percepito coscientemente ma che condiziona le nostre azioni.
Le porzioni del nostro cervello deputate alla ricezione automatica e involontaria degli stimoli sono quelle coinvolte nel processo di risposta veloce a uno stimolo senza che si perda tempo prezioso con l’elaborazione dei dati.
Sono parti antiche , per così dire, ovvero quelle parti che abbiamo in comune con il cervello dei mammiferi e dei rettili, di cui abbiamo precedentemente parlato in un articolo .
Da un punto di vista strutturale, hanno un ruolo determinante i gangli della base, aree cerebrali maggiormente predisposte ai comportamenti meccanici (putamen, nucleo caudato e nucleo accumbens) e che da molti vengono definiti strutture dell’abitudine, proprio per via del fatto che si attivano automaticamente, meccanicamente, permettendoci dunque di farci risparmiare tempo ed energia.
Questo processo di selezione delle informazioni, proprio perché sotto soglia cosciente, si contrappone all’attivazione corticale, connessa invece alla selezione consapevole delle informazioni (ad esempio in relazione ad una ricerca specifica di prodotti e servizi, in relazione alla visione di prodotti o brand conosciuti, e così via).
È ovvio che processi inconsapevoli e processi consapevoli hanno un ruolo differente e complementare nella scelta di consumo, e che pertanto richiedano un’attenzione specifica da parte del marketer.
Se i processi consapevoli permettono una maggiore possibilità di analisi dei dati, maggiore flessibilità e un grande effetto sul pensiero e sul comportamento, è anche vero che comportano un grosso dispendio di risorse cognitive ed energie, risorse che non sempre il consumatore possiede.
Diversamente, se i processi inconsapevoli – fino a quelli subliminali – sono difficili da appurare e da organizzare, è anche vero che hanno un’enorme capacità di condizionamento delle nostre decisioni, e che pertanto non possono essere dimenticate da chi si occupa di comunicazione e marketing.
Vuoi richiedere un’ analisi della tua brand image per aumentarne le performance?
Il marketing dell’attenzione in pratica
Dunque che fare? Come sempre il primo passo da compiere è chiarirsi le idee su chi vogliamo siano i nostri interlocutori e andare un po’ più in profondità rispetto a risposte scontate (“i miei clienti” non funziona. Che tipo di clienti? Con quali caratteristiche? Con quali emozioni? E così via).
Per fare questo ti consiglio innanzi tutto di leggere l’articolo che introduce la psicologia dei consumi e di scaricare la griglia gratuita per procedere ad un’analisi più approfondita.
In secondo luogo è utile chiederti quale tipo di attenzione vuoi sollecitare, in base allo stile dell’azienda o del brand, o in base alla campagna che stai strutturando.
In linea generale, puoi attenerti a questi elementi guida, divisi appunto per sollecitazione.
Ricorda che non esistono manuali o prontuari quando si parla di psicologia dei consumi; si tratta piuttosto di trovare degli indirizzi da cui farsi accompagnare, da personalizzare e, cosa più importante di tutte, da mettere in pratica e analizzare. Passiamo dunque alla parte operativa.
Attenzione top-down in pratica
Nei processi dall’alto al basso, l’attenzione viene strategicamente diretta all’obiettivo coinvolgendo il ragionamento e il pensiero volontario.
In questo caso non parliamo di salienza, come per l’attenzione bottom-up, ma di rilevanza per l’osservatore. Va da sè che occorra per questo farsi specifiche domande su ciò che l’osservatore ritiene rilevante, considerando che questo può differire anche moltissimo da quanto riteniamo rilevante noi.
Qui, giocano un ruolo importante alcuni elementi, quali:
Il valore che il brand possiede agli occhi di chi lo osserva. La preferenza di un brand data da precedenti esperienze o per lo sviluppo ottimale della brand awarness, può determinare preferenze e dirigere l’attenzione. In questo risulta fondamentale la reputazione, naturalmente, e la coerenza conquistata dal brand
La risposta emotiva indotta dalla comunicazione deve poggiare le basi su valori, effettiva utilità o sull’engagement del consumatore. Indispensabile conoscere i trend e il sentiment generale. Si pensi al valore del rispetto ambientale negli ultimi anni
Il brand, il prodotto o servizio deve essere riconoscibile. Per questo motivo la ripetizione del messaggio e la sua presenza omni-channel sono importanti per diffondere la brand awareness e la riconoscibilità
La chiarezza con cui si comunica, essenzialmente, il perché una certa soluzione migliorerà la vita di chi la sceglierà
Attenzione bottom-up in pratica
Come riferito sopra, l’attenzione dal basso all’alto è rapidamente e involontariamente attratta dalle caratteristiche salienti della scena visiva. Va da sé che in questo caso il marketer dovrà giocare in primis sul livello di attrattività del messaggio, in modo che:
Colori, contrasti, forme abbiano un appeal tale da diventare salienti per l’osservatore
Parole, suoni, immagini e video siano in grado di suscitare emozioni comunicando sensazioni o significati codificabili a livello immediato, quasi istintivo
Lo sfondo non risulti confusivo ma sia una valida cornice per l’elemento che deve rappresentare il focus dell’attenzione
Siano evidenti i vantaggi o le peculiarità dell’oggetto della comunicazione. In questo caso si possono usare i contrasti, le comparazioni e la brillantezza affinché risultino chiare differenze e benefici
Sia palese l’elemento che deve suscitare interesse. Un solo elemento, normalmente, dovrebbe attirare l’attenzione, motivo per cui questo deve essere evidente e facilmente percepibile
Ci possa essere un rimando alla sensorialità, non solo visiva. Più un messaggio è poli-sensoriale, e più risulta coinvolgente
Sia altrettanto chiara la call to action, chiedendosi sempre (e rispondendo con la propria comunicazione): la persona che sarà attratta da questa immagine (o slogan, o video, o altro), subito dopo, cosa deve fare?
La comunicazione sia coerente e armonica con i codici culturali . Gli scivoloni in tal senso non sono ammessi
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione.
Conclusioni
Senza minimamente pretendere di aver dato un quadro esaustivo sull’attenzione, spero quanto meno di aver offerto uno scorcio sul variegato mondo di come funziona il processo attentivo.
Soprattutto, il maggiore vantaggio che si può trarre dalla psicologia dei consumi nei riguardi dell’attenzione, è di non dare le cose per scontato.
Se è pur vero che ci sono delle metodologie per esplorare in modo “oggettivo” come avvenga la scansione visiva di uno stimolo , e se di conseguenza è vero che ne possiamo trarre delle indicazioni generali, è anche vero che le persone e i gruppi di persone si differenziano enormemente anche su questo.
Come abbiamo visto, molto dipende dagli interessi pregressi, dalle tendenze del momento, dai bisogni impliciti, dallo stato d’animo, dalla condizione sociale, dalle esperienze di consumo precedenti e così via.
Come sempre, vale l’ormai usato e abusato adagio “metti al centro il tuo cliente”, ma anche nel caso dell’attenzione non fermiamoci a pochi, sparuti pensieri in merito: esploriamo, domandiamo, proviamo, analizziamo.
Là dove c’è attenzione, c’è possibilità di conoscenza e di esperienza. Partiamo da qui e facciamo passi semplici, ma ad un buon grado di profondità. I risultati non tarderanno ad arrivare.
Bibliografia
Corbetta M., Shulman G. L., Control of goal-directed and stimulus-driven attention in the brain, Nature Reviews, Neuroscience, 3(3), 201–215, 2002
Control of goal-directed and stimulus-driven attention in the brain
Dell’Acqua R., Turatto M., Attenzione e percezione. I processi cognitivi tra psicologia e neuroscienze, Carocci, Roma, 2006
Hyman I., Sarb B. & Wise-Swanson, B., Failure to see money on a tree: inattentional blindness for objects that guided behavior. Frontiers in Psychology, 5, 2014. DOI: 10.3389/fpsyg.2014.00356
Moore T., Zirnsak M.,Neural Mechanisms of Selective Visual Attention,
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Russo V., Psicologia della comunicazione e neuromarketing , Pearson, Milano, 2017
Vo K. D., Evaluating the Role of Attention in Decision Making, Department of Psychology and Neuroscience, Duke University, 2020