Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Il brand è forse uno degli strumenti più importanti e allo stesso tempo caratteristici, che consentono ad un’azienda di attrarre soggetti, che siano clienti, o affiliati, per così dire, che lavoreranno in vario modo presso quell’azienda.
Il brand è ben più di una semplice immagine, ma un “simbolo”, come originariamente inteso, in quanto è “carico”, carico di forze, concettuali e “spirituali”. Il brand è il “simbolo” nella realtà postmoderna ed economica.
In quest’articolo parleremo di:
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La potenza del simbolo
“In principio fu il simbolo” – dal greco συμβάλλω “mettere insieme, far coincidere” (comp. di σύν “insieme” e βάλλω “gettare” e quindi “tenere unito”) –, opposto a diabolo – dal greco διαβάλλω “gettare attraverso, calunniare”.
Il simbolo prima di tutto!
E prima pure del linguaggio secondo Gilbert Durand (1972), il quale giustamente fa risalire la nascita delle civiltà ad un’origine mitica, da potenze cosmiche dalle quali derivano i fatti della terra, e proprio grazie ad un’emanazione che procede dal “simbolo” e che attesta la qualità più profonda del “simbolo”.
Una funzione ordinatrice , dunque, “unire”, “portare all’uno”, “tenere insieme”, “coagulare”, “condensare”, è questa la forza, la “potenza intrinseca” del simbolo.
Ma ancora, la funzione assunta dal totem , o ancora il demone – inteso non nel senso dell’entità malvagia – il lars o mane o genius per i greci e i romani, ovvero quella forza procreatrice, generatrice, primordiale che presiede alle origini – origine proprio concreta – delle famiglie, delle tribù, delle genti, e di tutte le entità collettive – stirpi, popoli, nazioni, ecc.
E infine una funzione archetipica: i simboli come condensazione di stati dell’essere diversi, dai quali si genera l’essere nella carne. Forme primordiali, che vivono nel platonico hyperuranios topos[1] , e che da questo luogo, residenza delle entità sovrasensibili poi giungono al nostro piano, quello sensibile, terreno.
Il simbolo dunque è pregno di forze “sottili”, di qualità invisibili che poi, dal mondo invisibile, passano in quello visibile , incarnandosi in alcuni esseri precisi o in alcuni gruppi precisi.
E i simboli presiedono massimamente le attività di tali gruppi, rappresentandone la condensazione massima delle loro energie.
È questa la funzione delle egregore, le forme di pensiero collettive invisibili, che si collegano ai simboli, e che vedono nei marchi e nei brand la loro nuova versione , quella delle realtà postmoderna, di mercato o che in altre occasioni abbiamo definito di “paganesimo di ritorno[2] “, un ritorno in nuova veste “parodistica” per quanto riguarda la massa, ma che offre anche interessanti spunti di evoluzione.
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Marchi: tecnica e marketing dei nuovi simboli
In questo quadro il marchio rappresenta la realizzazione stilistica, perfettamente tecnica, del simbolo nell’ambito aziendale , nel marketing, e più in generale in tutto ciò che concerne la produzione di beni e servizi.
Il marchio differisce se in formato meramente grafico, e in tal caso si definisce “emblema”, o se nell’immagine vi è inserita anche una scritta (il nome dell’azienda, es. Nike), e in tal caso si definisce “logo”.
Il marchio deve essere realizzato in una precisa maniera stilistica , estetica, con un segno grafico distintivo, che lo renda immediatamente riconoscibile (es. Nike o Coca Cola) e per molti di essi con il preciso rispetto di alcune tecniche di disegno. Tra queste tra queste vi è la sezione aurea o proporzione divina o costante di Fidia (es. Apple o Pepsi Cola), esistente sia nel campo delle arti figurative che in matematica.
Infatti, in ambito delle costruzioni questo preciso rapporto già veniva usato nell’antichità e in maniera consapevole, e per alcuni ricercatori addirittura prima ancora che lo usassero i greci, ad esempio in Babilonia o nell’antico Egitto (piramidi).
Secondo alcuni tale rapporto è una costante delle stesse proporzioni universali[3] , un modello simile alle reti di Hartman e Curry[4] , e dunque la precisione dell’universo e delle sue armonie poggia proprio su tutto ciò.
Sempre nell’elaborazione tecnica dei marchi si fa uso della regola dei terzi , con la quale si suddivide l’immagine in terzi, appunto, ponendo il soggetto all’interno di uno dei punti di intersezione. Ciò è utile per conferire dinamismo all’immagine.
E ancora è possibile l’uso delle griglie, del “flat design” , che dà un’immagine minimalista e tridimensionale al marchio o ancora l’elaborazione di marchi dinamici e adattabili con la dinamicità di internet.
“Il brand è ben più di una semplice immagine, ma un “simbolo”, come originariamente inteso, in quanto è “carico”, carico di forze, concettuali e “spirituali”.”
Il brand
Il livello più avanzato di questa simbologia è invece il brand. Il brand indica nel gergo aziendale sempre il marchio, ma quando intriso dei valori fondanti dell’azienda.
Il brand rappresenta lo scopo, purpose , ovvero il motivo per cui qualcosa esiste, il fondamento di ogni esperienza, e che lo rende brand rilevante e necessario[5] .
Nel 2018, Accenture Strategy conduce la 14° annuale Global Consumer Pulse Research. Alla domanda “che cosa ti attira nel comprare certi brand rispetto ad altri?”.
Il 66% degli intervistati vede nel brand una grande “storia”, perché fa quello che dice e rispetterà le sue promesse
Il 66% riscontra in esso la trasparenza aziendale, riguardo materiali, rapporto con i dipendenti, ecc…
Il 65% nota se l’azienda tratta bene gli impiegati
Il 62% il brand ha valori etici e dimostra autenticità in tutto ciò che fa
Il 62% vede se la produzione sia improntata alla riduzione dell’uso della plastica e alla tutela dell’ambiente
E dunque dal brand si percepisce tutta una realtà complessa che va ben oltre il logo, ma racconta una storia , una storia fatta di tanti eventi, fattori, caratteristiche (dal semplice marketing, alla produzione, alla concezione economica nel complesso, al rapporto con i valori etici e le questioni politiche fondamentali del nostro tempo).
E dunque si combina in esso il logo, l’eventuale slogan, e tutto ciò che quella specifica azienda vuole comunicare. Ad esempio la Volvo esprime nel suo brand il principio di “sicurezza e sostenibilità”, oppure la Nike, che in Just do it dà il senso eroico dell’impresa.
L’età del digitale e il metaverso: il futuro del brand
Anche il brand, è sottoposto allo scorrere del tempo, e ai passaggi epocali della storia. Uno di questi è il passaggio all’età del digitale.
Da una ricerca del 2018 (Deloitte analysis & IPSOS), su un campione di 300.000 persone, due terzi dei responsabili marketing ritengono che il digitale e i social media siano i canali migliori per costruire un brand[6] . E ancora, che le imprese che avevano destinato 1,34 volte in più del loro marketing budget ai social media o ai canali digitali, hanno visto migliorare la performance del brand nell’ultimo anno.
Ad esempio, di quelli che investono nel social media marketing, il 77% ha riscontrato rispetto all’anno precedente un miglioramento delle prestazioni del brand rispetto al 57% delle imprese che non lo fanno.
Altro interessante passaggio è quello dell’ingresso nel metaverso, e la trasformazione dell’e-commerce in i-commerce, il commercio “immersivo” caratterizzato da transazioni nel nuovo ambiente digitale[7] .
In questo caso, l’insegnamento fondamentale che tengono bene a mente le aziende è quello di non creare brand alternativi, ma di rimanere fedeli al proprio , in quanto l’integrità e la coerenza contano sempre , indipendentemente dalla piattaforma. Con il metaverso che enfatizza un nuovo livello di importanza sull’immagine del brand, questi devono definire più chiaramente la propria personalità, i valori fondamentali e la posizione sulle questioni sociali[8] .
“Essere tutto per tutti” è una condanna a morte in quanto rende impossibile l’identificazione precisa, in un ambiente in cui tale identificazione è la ragione principale della sua proprietà.
È interessante notare che la qualità IRL (nella vita reale) è ancora importante. Se un’auto è nota per essere inaffidabile nel mondo reale, i consumatori la vedranno tale anche nei mondi digitali ed eviteranno quel prodotto. Questo perché tutte le interazioni con il brand creano un’unica personalità e immagine di esso, indipendentemente dal fatto che si verifichino nel mondo fisico o digitale.
E dunque i professionisti del marketing devono comprendere che il modo in cui un marketer definisce la personalità del proprio brand e che il modo in cui un consumatore lo vede sono spesso diversi. Quindi bisogna dare autenticità, personalità, specificità, evitare di essere ingannevoli ovvero “come si comporterebbe il brand” in quel tipo di ambiente.
Il tutto secondo regole di economia comportamentale, non di economia: come in Fortnite dove i consumatori acquistano o competono per oggetti rari per elevare la percezione del loro status. I brand devono avere una comprensione esperta di come le persone pensano, si comportano e rispondono a segnali e segnali.
E infine sperimentare e sperimentare.
Guida completa per il metaverso
Quando si parla di metaverso non ci si riferisce a una moda passeggera o a un servizio dal futuro incerto, ma ad un ecosistema digitale supportato e condiviso da alcune tra le più grandi aziende del settore informatico e tecnologico.
Brand: tra economia e magia
Proprio a riguardo il brand fonde più livelli, più piani d’azione. Innanzitutto vi è quello simbolico come da noi già analizzato, poi vi è quello dei valori dell’azienda , incarnati e compresi nello stesso brand.
Infine vi è la forza “sottile” che esprime il simbolo nell’ambito squisitamente economico, ma non solo. L’economia, al di là delle sue banalizzazioni prettamente materialistiche, è ben più di una realtà meramente materiale. L’economia è una forma di magia , l’”economia è spirito”, e va avanti attraverso le leggi dello spirito.
A riguardo quale modo migliore se non quello del brand, per attrarre a sé il cliente/utente/consumatore/commerciante/produttore, e dunque tutta la catena, la filiera legata a uno specifico gruppo economico?
Una forza, quella del brand, che dunque esula dalle logiche semplicemente utilitaristiche che possono investire e che investono sicuramente un prodotto. E quando compro un paio di Nike, o un’automobile della Volvo, o qualunque altro oggetto, elettrodomestico, abito, ecc., sto acquistando quell’oggetto, quel prodotto perché semplicemente mi serve, o perché scatena in me tutta una serie di sensazioni che mi portano ad acquistarlo e farlo mio?
E perché forse è già mio! Questa è la magia dell’economia, questa è la magia del brand!
“Quando acquisto un oggetto, lo acquisto perché semplicemente mi serve, o perché scatena in me tutta una serie di sensazioni che mi portano ad acquistarlo e farlo mio?”
Bibliografia
Durand G, Le strutture antropologiche dell’immaginario. Introduzione all’archetipologia generale , Dedalo, 2009.
Evola J., Rivolta contro il mondo moderno , Edizioni Mediterranee, 2010.
Malanga C., La Geometria Sacra in Evideon , Spazio Interiore, 2015.
Platone, Fedro , a cura di Mati S., Feltrinelli, 2013.
1 L’iperuranio, il mondo delle idee, delle forme, al di là del cielo, e che è descritto da Platone nel Fedro (370 a.c.)
2 https://blog.advmedialab.com/postmodernita-Postmodernità e media: il reincanto del mondoe-media-il-reincanto-del-mondo
3 Corrado Malanga comprende tale numero come costante nel suo modello onnicomprensivo dell’universo detto Evideon (2015)
4 Reti di natura magnetica che investono la terra in direzione orizzontale, verticale e diagonale e con un preciso rapporto tra loro.
5 To Affinity and Beyond: From Me to We: The Rise of the Purpose
6 Shared stories: building brand in the digital age
7 Building a brand in the metaverse
8 What the Metaverse Means for Brands and Branding