Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Il mondo delle emoji[1] realizza una fusione interessante tra una forma di linguaggio sintetico e simbolico e la tecnologia-mediatica.
Questo tipo di “linguaggio” è interessante proprio per il nostro tipo di ricerche, dove si evidenzia una sorta di approccio “magico” alla realtà, ottenuto proprio grazie all’ausilio dei media.
Digital marketing trend 2022
Affrontare al meglio il 2022 significa immergersi rapidamente nei principali trend del marketing digitale, cercando di capire come sfruttarli a proprio vantaggio e sfruttarne il massimo.
Emoji: psico-linguaggio sintetico
Con l’avvento delle chat e dei social network si è prodotta un’interessante forma di linguaggio: gli emoji.
In una piccola immagine, che sia uno smile, una faccina arrabbiata o che piange, un cuore, una bandiera, o un gesto manuale, vi una “riduzione”, o meglio una “sintesi” della sfera linguistico-emozionale.
È come se l’atto del dire qualcosa e quello del linguaggio non verbale, del corpo, delle emozioni espresse mentre si parla, che in una conversazione possono essere scindibili – almeno da chi mantiene una certa “presenza di sé” –, con gli emoji si siano fusi in un unico momento.
“More text, less literacy”, una delle massime che circolano in ambito cyber-culturale, ovvero riuscire a sintetizzare un’intera espressione, frase, talvolta dialogo in un’unica immagine, in quello che per Samuel Shpall[2] è un risparmio notevole di testo.
Un risparmio che è anche di tempo e di energia relativa, e che può andare a vantaggio di altre attività più creative o pregne di emozionalità.
Evitare inutili perdite di tempo in discorsi estenuanti, evitare di frammentare l’attenzione in una marea di parole, evitare di disperdere il proprio stato emotivo in mille rivoli.
Bene, questo è possibile, concentrando tutto in una sola immagine: ottimizzare il proprio tempo, ridurre la dispersione emotiva e potersi dedicare ad altro!
Ma per Shpall, questi sono i sintomi di una società pigra, che preferisce chat, emoji e sms a quella che una volta poteva essere una dispendiosa conversazione in persona.
L’emoji è informazione carica di emozionalità, secondo un processo di carico di “energia” psico-emotiva che è incorporato nei social media e nella tecnologia-mediatica più in generale[3] .
Se così non fosse, non sarebbe possibile distinguere, grazie alla semplice e diretta percezione, quando uno stesso emoji significa una cosa e quando un’altra, alle volte addirittura opposta.
E ponendo la giusta attenzione, spesso, è possibile anche capire quando un emoji che dovrebbe avere un determinato significato, ne ha un altro, perché privo del carico emozionale opportuno.
E tanti equivoci sorgono proprio nell’allineamento della propria personalità o del proprio “stato” momentaneo alla scrittura in chat e tramite proprio gli emoji, e di rimando dalla chat alla vita reale.
O ancora, l’emoji fornisce anche una certa facilità nell’alleggerimento degli argomenti discussi nelle chat. Proprio come nella vita reale una conversazione viene risolta solo con qualche occhiata o espressione facciale, in un interessante intreccio di emozioni e parole.
Più precisamente, secondo un articolo dell’Asian-Pacific Journal of Second and Foreign Language Education[4] , gli emoji rispondono a 8 precise connotazioni nell’ambito della comunicazione:
Per segnalare l’atteggiamento proposizionale che sta alla base dell’enunciato e che lo farebbe essere difficile da identificare senza l’ausilio dell’emoji
Per comunicare una maggiore intensità in un atteggiamento proposizionale che è già stato codificato verbalmente
Rafforzare/attenuare la forza illocutoria[5] di un atto linguistico
Contraddire il contenuto esplicito dell’enunciato (umorismo)
Contraddire il contenuto esplicito dell’enunciato (ironia)
Aggiungere un sentimento o un’emozione al contenuto proposizionale dell’enunciato (atteggiamento affettivo verso l’enunciato)
Aggiungere un sentimento o un’emozione all’atto comunicativo nel suo insieme (sentimento o emozione parallelamente all’atto comunicativo)
Per comunicare l’intensità di un sentimento o di un’emozione che è stata codificata verbalmente
L’emoji è il carico emozionale fuso nell’immagine, una forma di psico-linguaggio sintetico che apre a scenari nuovi, ma forse anche vecchi, nell’ambito della comunicazione e che per certi versi furono già descritti da Walter J. Ong in Oralità e scrittura . Le tecnologie della parola (1982).
Una “tecnologizzazione della parola” che apre a due versanti, entrambi da noi già affrontati[6] .
Il primo è quello dell’intelaiatura del medium con la sfera neuro-cognitiva umana e i suoi relativi processi.
Il secondo è quello dell’avvento, grazie ai nuovi media, del “villaggio globale”. O meglio un ritorno ad un’arcaicità primordiale, orale e simbolica.
Media e processi neuro-cognitivi
I media sono intessuti con la nostra sfera neuro-cognitiva.
E questo va dalle ricerche di un McLuhan, con il medium come estensione, “protesi”, dei sensi e delle facoltà umane in un “campo unificato”.
O di un Floridi, con l’“infosfera” che connette le sfere psichiche degli individui in un’unica coscienza collettiva a mezzo tecnologico-mediatico.
O ancora un De Kerckhove, con il social network che “estende il sistema limbico del corpo singolo a quello della folla” (2014, p. 144).
Da qui si giunge sino ai nostri modelli di approccio alla cosa ancor più profondi, e che abbracciano la dimensione “sottile”, “energetica”, di tale intelaiatura, con i media che prendono forma, vita: piccole forme di vita in crescita ed ausiliarie dell’essere al quale sono collegate!
E questo lo si nota dal legame che si è costruito nel corso del tempo con il loro utilizzo, una specie di “cavo invisibile” collega le nostre menti ad essi, e talvolta anche con meccanismi di “dipendenza”.
Ciò è riscontrabile pure con le sinergie stabilitesi molte volte tra il soggetto e il medium e tra il soggetto e l’ “altro” attraverso il medium – es. pensare a una persona e ricevere il suo messaggio in chat.
O ancora, dal come essi reagiscono al nostro uso, presupponendo un certo grado di connotazione “energetica” che essi stessi hanno acquisito – vedere i risultati in termini di visualizzazioni e commenti che ottiene la condivisione di un post con un determinato contenuto emozionale, oppure condiviso senza una reale forza di elaborazione e senza un certo grado di attenzione[7] .
A riguardo, proprio gli emoji sembrano avere un’ottima capacità di attrarre empaticamente l’altro[8] , “attingere all’architettura cognitiva”[9] umana e di direzionarla in un determinato modo.
Tanto che le espressioni facciali – le faccine in questo caso – sorridenti o meno, hanno una tale forza da essere normalmente usate in psicologia per influenzare risposte e comportamenti dei pazienti in una determinata situazione.
Da questo punto di vista, uno dei più grandi precursori degli emoji potrebbe essere il filosofo Wittgenstein, il quale già in una delle conferenze all’Università di Cambridge alla fine degli anni ’30, definì i problemi che gli uomini possono avere nell’esprimersi.
Wittgenstein disse che una delle migliori possibilità di esprimere determinati termini (es. pomposo, maestoso, ecc.) potrebbe essere quella di disegnarne le relative espressioni visive.
Wittgenstein è un precursore degli emoji!
Le emoji hanno un’ottima capacità di attrarre empaticamente l’altro, “attingere all’architettura cognitiva” umana e darle una direzione precisa.
Adv Media Lab e Ayros: insieme per diffondere nuove conoscenze e (buone) idee nell’attuale mondo aziendale
Linguaggio o simbolo? Il ritorno al premoderno
Giovanni Sartori vede l’epoca odierna come quella dell’avvento dell’Homo Videns[10] , e cioè di quel tipo umano che ha perso la capacità di astrazione del cervello, costruitasi nel corso dei secoli attraverso la lettura e la forza di elaborazione del pensiero conseguente alla lettura.
L’Homo Videns, dunque, perde tale capacità così come perde la capacità di filtrare i dati e le informazioni in ingresso dal video, proprio per la sua continua e sola esposizione al video.
L’Homo Videns è in pratica una spugna che assorbe informazioni e dati in ingresso, senza però saper più elaborare e filtrare.
Oltre a ciò, con l’Homo Videns, si manomette il percorso logico-razionale e anche il linguaggio, doti che fanno dell’uomo l’“uomo”, e non semplicemente la bestia.
Il “linguaggio prima di tutto” per Sartori, che tratta dunque con logica moderna le vicende e le trasformazioni che invece attengono al mondo della postmodernità e della postmedialità.
Con l’avvento della postmedialità, dei media come agenti dei processi storici e della modifica antropologica umana, con la capacità dei media di farsi “ambiente” e dunque di riconfigurare la vita umana a più livelli, si trasforma anche questo particolare settaggio, questo “driver umano” per cosi dire, che fa dell’uomo quello che abbiamo conosciuto.
L’uomo si immerge in un gigantesco e arcaico “villaggio globale” fatto di immagini, dati, informazioni, che sono esse stesse a ricostruire l’uomo per come lo conosciamo.
Questo accade a più livelli, per Roberto Maragliano (pedagogista) “i media pensano dentro di noi e ci orientano ad agire […] nei modi della reticolarità, del connessionismo e del costruzionismo”. (1998)
E così anche il processo che Marshall McLuhan ha definito di ritribalizzazione del mondo, potrebbe portare e porta l’uomo a venire fuori dai modelli che abbiamo conosciuto con l’avvento dell’alfabeto e della lettera stampata.
Il ritorno della parola, dell’oralità, e dunque del mondo dell’orecchio e della percezione provocano delle modifiche del tessuto neuro-cognitivo e dell’essere umano più nel complesso.
Tenendo dunque il passo con questa metamorfosi storica, che riporta l’antico al presente, potremmo vedere in certi modi di esprimersi tipici dei social network, delle chat, gli emoji per la precisione, un sorpasso/ritorno del simbolo a discapito del linguaggio, della parola.
E i dati che abbiamo a disposizione per ora, ci sono tutti!
Secondo un sondaggio del 2015 della Bangor University, il 72% dei partecipanti di età compresa tra i 18 e i 25 anni si sente più a suo agio esprimendosi con gli emoji piuttosto che con le parole.
“Al principio era il simbolo” direbbe il sociologo Gilbert Durand differenziandosi da Levi Strauss e dall’antropologia materialista, che invece vedeva per l’uomo nel linguaggio il termine di stacco dall’animale.
Dunque un sorpasso della logica moderna alla Giovanni Sartori, sorpasso che è anche ritorno, al mondo del simbolo e delle’immagine premoderna, ma in salsa postmoderna.
Gli emoji sono dunque un possibile ritorno, un ritorno al simbolo, attraverso la tecnologia-mediatica.
Un modo di comunicare carico di significati e di forze, di energie sottili, come abbiamo visto.
Un linguaggio simbolico espresso a mezzo “social”, e che dal mondo dei social network ritorna alla realtà non processata da essi, con la possibilità di modificarla, in una spirale di “energia ibrida”, parafrasando McLuhan sui meccanismi di ibridazione di un modello comunicativo con un altro (2008, pp. 64-70), e secondo l’asserto proprio di Walter J. Ong secondo il quale “la scrittura ristruttura il pensiero”.
Una spirale non priva di rischi ma dai risvolti molto interessanti!
Come fare social media marketing nel 2022?
Scegliere il giusto canale per aiutare i tuoi clienti non sempre è semplice. Ancor meno riuscire a gestirlo senza una strategia!
Bibliografia
De Kerckhove D., L’impatto di internet sul sistema limbico sociale , in G. Greco (a cura di), Pubbliche intimità. L’affettivo quotidiano nei siti di Social Network , FrancoAngeli, 2014.
Floridi L., La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo , Raffaello Cortina Editore, 2017.
Maragliano R., Nuovo manuale di didattica multimediale , Editori Laterza, 2007.
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare . Il Saggiatore, 2008.
Ong W. J., Oralita e scrittura. Le tecnologie della parola , Bologna, Il Mulino, 1986.
Sartori G., Homo Videns. Televisione e post-pensiero , Bari, Editori Laterza, 2007.
1 Le emoticon nascono nel 1982, sono una rappresentazione tipografica del viso, realizzata attraverso la punteggiatura e facente parte del testo stesso. Gli emoji, invece, sono state create nel 1990, e sono “immagini” trattate dai computer come una lingua non occidentale (da “e” + “moji” = pittogramma).
2 Five moral maxims on emojis
3 Tutto collegato. Dai media alla mente dalla mente ai media
4 Pragmatic functions of emoji in internetbased communication
5 Illocuzione
6 Postmodernità e media: il reincanto del mondo
7 Comprendere i media, riscoprire il Sé
8 Secondo un questionario effettuato durante la Giornata mondiale degli emoji (Global Emoji Trend Report 2021 di Adobe), su 7.000 persone intervistate tra Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Giappone, Australia e Corea del Sud, in tanti hanno mostrato entusiasmo per gli emoji come mezzo per esprimersi. E per molti, tra le altre, gli emoji obbligano a provare più empatia verso gli altri.
9 The evolutionary reason why we’re so obsessed with emoji
10 Homo Videns. Una modifica antropologica