Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Uno dei pilastri nell’azione umana sul web è, o dovrebbe essere, quello riguardante l’etica. È impossibile agire nel mondo senza etica, o meglio, è possibile farlo, ma i danni sono tutti accertati. Allo stesso modo, è impossibile agire nel mondo dei media, del digitale, del web, senza etica.
Ma che cos’è “etica”, e come sarebbe possibile attuare anche nel suddetto mondo un approccio etico, e che riguardi marketing, produzione ed economia, ma anche cultura, informazione e agire politico?
Sono questi forse tra i più importanti quesiti del nostro tempo, il tempo del digitale e del postmoderno.
Nel dettaglio parleremo di:
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Etica e agire umano
L’etica consiste in quell’insieme di norme, prescrizioni, obblighi adottati dall’essere umano e dalle comunità nella loro vita. L’origine dell’etica è riscontrabile nei più antichi saperi dottrinari che siano di carattere spirituale che di ambito filosofico.
Ma l’etica ha avuto un’espansione con l’avanzare della conoscenza umana, estendendosi negli ultimi anni nelle più avanzate discipline di ambito scientifico[1] e tecnologico.
L’etica è oggetto di studio della filosofia, in particolare della filosofia morale , e tende sostanzialmente al discernimento di ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Ciò che è bene o ciò che è male , oppure come direbbe il Nietzsche Al di là del bene e del male (1886), ecco forse due punti di vista alternativi, due diversi modelli etici.
Due ethos diversi, ovvero due disposizioni caratteriali nell’agire umano , e che ci rimandano e aprono a varie concezioni dell’agire, che si sono susseguite nella storia, o che sono ancora presenti, e che sono diversificate anche in base alle varie zone del globo.
Il bene o il male o al di là del bene e del male?
L’etica premoderna
Proprio sull’ultimo quesito proponiamo una chiave di lettura, ovvero l’introduzione di un certo sistema dualistico (bene o male) ad un certo punto della storia.
Le società premoderne, tradizionali, almeno sino all’avvento del cristianesimo, non conoscevano questa dualità.
Tutte le civiltà fondate “sull’autorealizzazione”, o sul trascendimento del proprio essere, da Occidente a Oriente , dal mondo indo-tibetano a quello greco-romano, compreso il medioevo imperiale, hanno avuto questo specifico modello di etica. Un ethos specifico, una disposizione caratteriale di stampo sacerdotale o guerriera, grazie alla quale superare se stessi, “elevarsi”. Era questo l’unico principio e l’unica via da perseguire
Il modo per farlo era diverso a seconda delle varie zone e delle varie epoche, ma al centro vi era sicuramente la capacità continua di emanare la propria essenza, realizzare il proprio Sé, o liberare il proprio Sé dai condizionamenti e dalle oscurazioni del mondo sensibile.
“Tutte le civiltà fondate sull’autorealizzazione, o sul trascendimento del proprio essere, hanno avuto questo specifico modello di etica. Un ethos specifico nel quale superare se stessi, elevarsi, era l’unico principio e l’unica via da perseguire.”
L’etica moderna
Con l’avvento del giudeo-cristianesimo e della modernità, invece, avviene la scissione e il divino viene spostato fuori dal mondo , o meglio fuori dalla portata umana.
Si instaura la dualità uomo/mondo e dio, e di conseguenza i valori, i comportamenti, i principi, e quindi l’etica , divengono un’aspirazione, una prescrizione o un obbligo.
“Un dover essere”, che non è mai ben collegato all’essere, in quanto non lo rappresenta, ma casomai diventa un’esportazione “un’aspirazione” o un obbligo, come dicevamo.
L’essere non si autorealizza più, non parte più da se stesso per elevarsi , migliorarsi, trascendersi, bensì parte da ciò che non è e che dovrebbe o vorrebbe, o che si dice si debba o sia meglio.
È un cambio abbastanza netto, del modo di percepire il mondo, oltre che di concepirlo, e a questo contribuiscono una certa filosofia razionalista – Cartesio con la scissione tra res cogitans e res extenza[2] – o anche Kant, con la dualità tra Sollen e Sein[3] .
E poi tutto l’impianto scientifico di stampo illuministico e positivista, con la “dea ragione” come nuova divinità da adorare, o della scienza come metro supremo sul quale valutare il mondo.
Una ragione scissa dal mondo, oltre che dalle parti di sé non razionali, una scienza che si fa strada sempre più come dogma , e con una sua specifica gerarchia ed inquisizione.
La postmodernità
Tale scissione è in qualche modo risolta nell’epoca presente, come abbiamo chiarito in altri articoli[4] , la postmodernità ricalca l’epoca antica, la paganità, riportando il divino sulla terra , e abolendo il dualismo tra essere e dover essere.
Seppur in scala minore, o in forma caricaturale, almeno per la massa, la postmodernità rimette in molti dei suoi fenomeni la presenza di ciò che trascende dalla vita sensibile.
Prendiamo i grandi raduni musicali, i grandi eventi sportivi, i festival artistici e cinematografici, o stesso il cinema, la televisione, e le star di ogni risma e inclinazione, comprese quelle del web.
C’è un che di paganità in tutto ciò, un che di divinizzazione, così come divinizzati sono i brand[5] , le grandi marche della moda, della tecnologia, dell’oggettistica , di tutto ciò che produciamo e compriamo. Il divino è in tutto ciò e gli dei sembrano tornati sulla terra.
Su quanto ci sia di divino, per davvero, e non di caricaturale o addirittura di invertito[6] in tutto ciò è il vero quesito.
È indubbio che per la massa si tratta della seconda ipotesi, ma un’azione intelligente allora potrebbe essere quella di usare questo nuovo ethos, insito nel senso comune, per dirigerlo nel verso corretto.
E dunque tornando a comprendere il divino che è in noi, presente nel qui ed ora, e a far fruttare il divino che è in noi nella migliore direzione.
Medium “amplificatore dell’inconscio”
Il funzionamento tecnico dei media
Roberto Siconolfi e Daniel Casarin Webinar e live Q&A
Web, media e tecnologia
Tutto questo discorso va ovviamente trasposto nel mondo del web, o del digitale e della tecnologia-mediatica più in generale.
Abbiamo più volte definito il mondo del digitale e la tecnologia-mediatica come la forma particolare di realtà della nostra epoca[7] , nel senso che tutta una serie di scenari, di “forme”, più specificamente di strumenti, dispositivi, apparecchiature, “mondi”, nel senso più generale e virtuale del termine, fanno oramai parte della nostra vita e della nostra stessa realtà, nella fase specifica postmoderna.
Essendo tutto questo mondo una nostra estensione, una nostra protesi , come direbbe il buon McLuhan (1964), ovvero un’estensione delle nostre facoltà neuro-cognitive , allora anche in questo scenario di realtà è bene osservare un comportamento etico.
È anzi sotto gli occhi di tutti, la necessità di comportarsi in tal modo, in quello che è un vero e proprio oceano caotico fatto di informazioni.
Informazioni intese non nel senso specifico “scritto”, ma sempre in quello mcluhaniano di “dati”, quantità di energia che viaggia anche sotto forma di immagini, di video e via via potremmo estendere il concetto a tutto il meccanismo subliminale, subcosciente o anche sovracosciente del quale abbiamo ampiamente parlato in altre occasioni e che costituisce il funzionamento di ultima istanza dei media[8] .
Economia ed etica
Il discorso sull’etica, ovviamente, non può che coinvolgere l’economia, ovvero la sfera legata alla produzione di beni e servizi ad opera della specie umana. Tuttavia l’economia è più che l’economia!
Nell’economia vi è qualcosa di più che l’economia, e cioè la mera attività economica e materiale e deputata alla produzione, al consumo e alla vendita di “cose”.
“L’economia è Spirito!”[9], creatività, è arte, è realizzazione della propria essenza attraverso l’azione e che produce come conseguenza anche la ricchezza e il guadagno relativo.
L’economia è anche speculazione, sfruttamento, disonestà, corruzione, e proprio su questo potremmo utilizzare come antidoto una particolare forma di orientamento etico nell’attività economica.
E, anzi, la piega presa dal modello economico-sociale sembra sempre più pendere per la parte negativa del mondo economico, e a maggior ragione, dunque, è fondamentale produrre orientamenti etici anche nel fare economia.
Recupero della dimensione etica nell’economia
Tali orientamenti non possono che accordarsi anche ad una particolare fase storica, come da noi più volte definita.
È possibile tracciare una terza via all’economia , nei confronti sia delle tendenze di stampo liberale per le quali tutto ciò che persegue il profitto è giusto, che gli affari sono affari, che il mercato è una specie di divinità del nostro tempo, dalla mano invisibile e capace di autoregolarsi.
Ma anche delle tendenze di stampo marxiste, nelle quali l’economia e la produzione di ricchezza è sempre più o meno una truffa, organizzata per succhiare tempo, energia e risorse dal lavoratore.
A nostro avviso, una via mediana, di sintesi, o meglio un superamento di tutto ciò, sta nella scoperta/riscoperta che la produzione, la vocazione, il “lavoro”, sono l’espressione più profonda dell’uomo , e quanto tali allora automaticamente genereranno equilibrio ed armonia, perché genereranno un modello comunitario dove ognuno è perfettamente al proprio posto ad esprimere quello che è.
La realizzazione del proprio dharma, si direbbe nel senso indù[10] , il quale è esso stesso una forma di autorealizzazione e di “dono” di se, o meglio della propria essenza alla realtà e al cosmo.
E questo torna perfettamente con il discorso etico suaccennato, anzi questa è l’etica per eccellenza!
“L’economia è Spirito!”, creatività, è arte, è realizzazione della propria essenza attraverso l’azione che produce ricchezza e guadagno relativo.
Il capitalismo cognitivo
Scendendo più nel dettaglio del modello economico-sociale imperante nella nostra epoca, e soprattutto in una specifica parte del pianeta, il cosiddetto Occidente, vediamo che l’economia capitalista, è entrata in una specifica fase.
Sono in molti, infatti, a parlare di capitalismo cognitivo, ovvero della messa in economia della produzione intellettuale dell’essere umano, delle sue facoltà cognitive.
Da un punto di vista marxiano, ciò avviene quando il capitale inizia a ridurre il tempo di lavoro necessario e ad aumentare quello superfluo. Si inizia dunque ad estrarre plusvalore[11] dal tempo libero, ovvero la nuova base del pluslavoro[12].
È l’evoluzione stessa delle capacità tecnico-scientifiche a far evolvere la base produttiva e a liberare “tempo libero”, e in questo tempo libero, ovvero liberato dal lavoro strettamente produttivo, si estrae ulteriormente plusvalore.
Per Marx nei Grundrisse (1857-58): “Le forze produttive e le relazioni sociali – entrambi lati diversi dello sviluppo dell’individuo sociale – figurano per il capitale solo come mezzi, e sono per esso solo mezzi per produrre sulla sua base limitata. Ma in realtà essi sono le condizioni per far saltare in aria questa base. La natura non costruisce macchine, non costruisce locomotive, ferrovie, telegrafi elettrici, filatoi automatici ecc. Essi sono prodotti dell’industria umana: materiale naturale, trasformato in organi della volontà umana sulla natura o della sua esplicazione nella natura. Sono organi del cervello umano creati dalla mano umana: capacità scientifica oggettivata. Lo sviluppo del capitale fisso mostra fino a quale grado il sapere sociale generale, knowledge, è diventato forza produttiva immediata, e quindi le condizioni del processo vitale stesso sono passate sotto il controllo del general intellect, e rimodellate in conformità a esso. […] Il capitale diminuisce il tempo di lavoro nella forma del tempo di lavoro necessario, per accrescerlo nella forma del tempo di lavoro superfluo; facendo quindi del tempo di lavoro superfluo – in misura crescente – la condizione (question de vie et de mort) di quello necessario. Da un lato esso evoca, quindi, tutte le forze della scienza e della natura, come della combinazione sociale e delle relazioni sociali, al fine di rendere la creazione della ricchezza (relativamente) indipendente dal tempo di lavoro impiegato in essa. Dall’altro lato esso intende misurare le gigantesche forze sociali così create alla stregua del tempo di lavoro, e imprigionarle nei limiti che sono necessari per conservare come valore il valore già creato”.
Un passaggio dunque dalla produzione solida, per così dire, di un capitalismo produttivo, a una produzione puramente immateriale, smaterializzata , rientrando in quei fenomeni postmoderni da noi ampiamente analizzati.
Il capitalismo cognitivo ha due applicazioni, la prima nell’economia finanziaria, la seconda nel mondo informatico, di internet.
Il Finanzcapitalismo
Il primo ambito di capitalismo cognitivo è il capitalismo su base finanziaria , quello che il prof. Luciano Gallino definisce finanzcapitalismo.
Per finanzcapitalismo non si intende il supporto di capitale immateriale, i soldi, che il capitale finanziario (banche, fondi di investimento, ecc.) dona a quello produttivo (le aziende e le varie strutture produttive), bensì un vero e proprio nuovo sistema nel quale è proprio il capitale immateriale a farla da padrone.
Un capitale immateriale sempre più sganciato dall’economia materiale , e frutto di investimenti non “ortodossi”, o meglio di speculazioni, la cosiddetta “finanza creativa”: tutto il mercato dei derivati che investe in soldi che praticamente non ci sono per ricavare altri soldi che non hanno alcun appoggio nell’economia materiale.
Secondo Gallino in Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi (2011) l’ammontare dei derivati[13] , in dieci anni è passato da 92 a 683 trilioni di dollari, pari a 12,6 volte il PIL mondiale 2007. Essi possono essere scambiati al banco (Otc) al di fuori delle borse e delle loro norme, ed essere detenuti senza l’obbligo di essere registrati in bilancio dalle banche, squilibrando ulteriormente l’andamento economico.
Nel 2008 i derivati Otc in circolazione, superavano i 683 trilioni di dollari su un totale di 765 trilioni di derivati. Per capire bene, in termini molto pragmatici, il passaggio a questo nuovo stadio dell’economia capitalista, basta vedere che mentre nel 1980 gli attivi finanziari “equivalevano” al PIL del mondo, nel 2007 essi superavano il PIL di oltre quattro volte.
Il capitalismo di internet
Riguardo al mondo del web, il passo fatto in questa ottica è davvero decisivo, con un’estrazione di plusvalore di livelli esponenziali e anche difficilmente calcolabili dall’uso di internet.
La cosa strana, per certi versi, è che l’utente non sa di essere egli il produttore. È infatti proprio l’utente a produrre incessantemente grazie al suo intelletto.
E lo fa producendo testi, immagini, video o anche semplicemente visionandoli e remixandoli , come nelle migliori pratiche dell’era digitale[14] . È l’utente il produttore, e mentre l’utente produce, qualcun altro succhia la sua energia e il suo tempo con profitti da capogiro.
In un ambito strettamente capitalistico l’utente, il cittadino, o meglio la persona viene trasformata in un pacchetto dati, estratto dal suo navigare in interne t e che costituisce una specie di suo DNA informatico.
Pacchetti di dati che vengono stoccati e ai quali si ripropongono dati affini , in ambito del marketing ad esempio, o anche dell’ascolto di musica o della lettura di informazioni – vedere la musica consigliata da Youtube o i post consigliati da Facebook.
È su tutto ciò, che si instaura un vero e proprio mercato, con vendita di pacchetti dati al miglior offerente, per così dire, oltre che di estrazione diretta di plusvalore dalla navigazione.
Questo tipo di economia va incontro al biopotere, l’azione diretta sul corpo umano del potere , in questo caso economico-mediatico, ma i confini con quello politico sono sempre più sottili. Per corpo umano si intende il cervello, ovvero l’uso delle facoltà cognitive.
Un concetto ben stampato nel blog di Twitter: “non importa quanto sofisticata sia la tecnologia, ogni giorno ci viene ricordato che in realtà si tratta di persone”. Ma per Toni Negri: “quando nella produzione del General Intellect il principale capitale fisso diviene l’uomo stesso allora, con questo concetto bisogna intendere una logica della cooperazione sociale situata al di là della legge del valore” (2007, pp.46-56).
E questo apre alle possibilità, alle sacche alternative, offerte da questo sistema.
Produzioni dal basso, che vanno al di là della logica del profitto, e che hanno sfogo ad esempio nei software Open Source oppure nel cosiddetto informazionalismo.
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Le sacche alternative: l’informazionalismo
Il mondo del digitale e della tecnologia-mediatica non è necessariamente sotto il comando del sistema vigente, del capitalismo cognitivo e delle corporation che ne hanno il dominio.
Proprio come Walter Benjamin rompe con una certa vulgata che vede nel progresso tecnologico il punto massimo della totalizzazione capitalista[15] , allo stesso modo, Manuel Castells, in L’Era dell’Informazione (2004), vede nell’epoca di internet e dell’informazione la possibilità di costruzione di sacche alternative, sia dal punto di vista culturale che economico.
Creatività ed etica – interessante –, per Castells questa è la possibilità. Un’etica hacker che caratterizzi l’età dell’informazione e che stia alla base della suddetta creatività.
Proprio per Castells infatti “Il concetto di etica hacker è stato sviluppato dallo studioso finlandese Pekka Himanen. In primo luogo, il termine hacker non va confuso con quello di crackers, che sono solo dei criminali cybernetici. L’etica hacker è appropriata per comprendere una delle caratteristiche del sistema tecnosociale che chiamo ‘informazionale’, e questo non coincide necessariamente con il capitalismo. L’informazionalismo è infatti una realtà economica, sociale, politica, tecnica basata sulla costante innovazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e può svilupparsi in una realtà capitalista, come in realtà non capitaliste. Ciò che abbiamo visto manifestarsi in questi ultimi decenni è l’affermarsi di un settore produttivo, chiamato spesso tecnologie dell’informazione, che è diventato nel tempo centrale nella produzione della ricchezza e del potere nelle nostre società.
L’informazionalismo ha sì la sua base nelle macchine digitali, ma è molto più che un network di computer perché considera l’innovazione l’obiettivo prioritario. L’etica hacker è quindi quel sistema di valori che premia la creatività dei singoli e che costituisce l’elemento discriminante per giudicare il proprio lavoro soddisfacente. In altri termini, l’etica hacker ritiene l’espressione della creatività come un fattore fondamentale per la vita dei singoli e ha lo stesso ruolo che ha avuto il ‘fare i soldi’ nel capitalismo. Un hacker valuta la creazione tecnologica o in altri campi come la fonte della proprio piacere e del prestigio nel proprio gruppo di riferimento, cioè gli altri hackers”[16] .
Adv Media Lab e Ayros: insieme per diffondere nuove conoscenze e (buone) idee nell’attuale mondo aziendale
Il mercato e lo sfruttamento dei dati
In questo quadro i dati sono diventati il vero oro della nostra epoca. E i meccanismi per stoccarli si fanno sempre più sofisticati, così come sempre più sofisticato è il business relativo, così come sempre più sofisticato è o sarebbe elaborare un modello etico-giuridico di utilizzo di tali dati.
La customer journey analytics (analisi del percorso cliente) è proprio quel processo di raccolta di quante più informazioni possibili, la comprensione dell’impatto di ogni interazione che un cliente ha con la propria attività economica[17] .
Tale analisi ha come suoi punti fondanti:
I bisogni del cliente
Gli alti e bassi emotivi
Le key metrics per gli step del percorso
I punteggi di soddisfazione dei clienti, punteggi di impegno dei clienti e altri risultati di sondaggi
Varie
Ma oltre all’analisi quella che si stila è una vera e propria mappatura del “percorso” del cliente , ed è questa la cosa forse più interessante per il nostro discorso.
Questa mappatura chiarisce il percorso end-to-end[18] in modo chiaro, ed è utile a tracciare i passaggi che un cliente compie per raggiungere l’obbiettivo finale di un acquisto, di una registrazione o per un’altra azione.
Ed ecco alcuni componenti comuni della mappatura:
Il processo in corso di valutazione
Le tappe del percorso
Interazioni e punti di contatto critici con i clienti
Preventivi clienti rappresentativi
Aspettative chiave dei clienti
Metriche come punteggio di soddisfazione, volume delle menzioni, NPS
Tendenze negli argomenti relativi a questa parte del percorso
La customer journey analytics è utile anche a comprendere l’impatto dei percorsi secondari relativi a singoli processi.
In tal modo si propongono soluzioni a problemi specifici dei clienti, si sa con precisione quale problema incontra il cliente e di conseguenza gli si propone la specifica soluzione.
Ad esempio per la riparazione di una stampante per la quale il cliente chiede assistenza, il servizio arriva quando il cliente non è in casa, ed è dunque costretto ad effettuare la riparazione in un secondo momento.
Quindi, da tutta la customer journey analytics, si comprende il problema specifico e si da la soluzione , in questo caso quella di offrire ai clienti l’appuntamento in un momento che sia adatto a loro.
Infine, dalla customer journey analytics si traggono informazioni per ridurre il tasso di abbandono dei clienti fino a comprendere il loro comportamento , e il tutto aggregando i dati, analizzandoli e agire in base ad essi.
Ma tutti questi dati non sono di semplice intercettazione perché troppo spesso nascosti e perché le aziende non sono in grado di effettuarvi lavori opportuni, e sono necessari strumenti (software) adeguati.
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Utilizzo dati clienti ed etica
La customer data ethics è fondato sull’allineamento dei dati commerciali alle politiche aziendali in campo etico e morale[19] .
Tutto ciò include: marketing mobile e targeting pubblicitario, progettazione di campagne di marketing, segmentazione dei clienti, raccolta di dati passivi e servizio clienti e programmi fedeltà.
Secondo Mike McGuire, analista e vicepresidente nella pratica di marketing di Gartner: “La necessità di un’etica dei dati dei clienti deriva da due fattori: il potere di mercato concentrato di alcuni giganti della tecnologia digitale che controllano enormi quantità di dati dei clienti e le preoccupazioni profonde dei consumatori su come i loro dati vengono raccolti e utilizzati”.
E quindi: “Tra cinque e dieci anni la domanda per il trattamento etico dei dati dei clienti si intensificherà man mano che la fiducia dei consumatori diminuisce. Per riconquistare la fiducia dei consumatori, gli esperti di marketing devono parlare di etica dei dati dei clienti e dimostrare, in modo trasparente, il loro impegno a essere più che legalmente conformi”.
Insomma il mondo del digitale tenta di allinearsi a quelle aspirazioni umane, etiche, universali ed universaliste. Staremo a vedere…
Bibliografia
Benjamin, W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , trad. Filippini E., prefazione Cases C. prefazione, Einaudi, 2000.
Cartesio R., Meditazioni metafisiche , a cura di Urbano Ulivi L., Bompiani, 2001.
Castells M., L’età dell’informazione: economia, società, cultura , Bocconi, 2004.
Gallino L., Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi , Einaudi, 2011.
Horkheimer, M. & Adorno, T. W., Dialettica dell’illuminismo , trad. Somi R.,. Einaudi, 2010.
Lessig, L., Remix: il futuro del copyright (e delle nuove generazioni) trad. Vegetti M., Etas, 2009.
Marx K., Grundrisse. Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica , 2 voll., Milano, Pgreco, 2012.
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare , Il Saggiatore, 2015.
Negri T. e Vercellone C., Il rapporto capitale-lavoro nel capitalismo cognitivo in Posse , Manifestolibri, 2007.
Nietzsche F., Al di là del bene e del male ; trad. Ferruccio Masini, nota di G. Colli, Adelphi, 1977.
Kant I., Critica della ragione pura , a cura di Marietti A.M., Collana Classici moderni, BUR, 1998.
Medium “amplificatore dell’inconscio”
Il funzionamento tecnico dei media
Roberto Siconolfi e Daniel Casarin Webinar & Live Q&A
[1] Pensiamo al mondo della bioetica e delle tecno-scienze.
[2] La res cogitans è la realtà psichica, l’anima. La res extenza è la realtà fisica, il corpo, la materia.
[3] Sollen è il dover essere, e cioè rispettare quello che è richiesto dalla legge morale, un imperativo al quale ubbidire anche quando è in contrasto con il Sein , il mondo dell’essere, ovvero ciò che è allo stato naturale.
[4] Postmodernità e media: il reincanto del mondo
[5] Brand: oltre all’immagine c’è di più
[6] Nel verso opposto dell’elevazione spirituale.
[7] La proiezione mentale del tuo Io digitale [parte 1]
[8] Comprendere i media, riscoprire il Sé
[9] Economia e postmodernità. Il nuovo approccio
[10] Nel senso di dovere, o meglio, “realizzazione del proprio essere aderente a un legge cosmica, naturale, divina”.
[11] Secondo Marx la quantità di valore prodotta in più dal lavoratore nel processo di produzione e della quale si appropria il padrone.
[12] La quantità di lavoro non necessaria nel processo di produzione e che genera plusvalore.
[13] Strumento finanziario basato sul valore di mercato di un altro strumento finanziario, definito sottostante. Gli “strumenti derivati”, o “derivati”, vengono usati per coprire un rischio finanziario, per l’arbitraggio (acquisto di un prodotto in un mercato e vendita in un altro mercato) e per la speculazione.
[14] Con la “remixabilità digitale” (Lessig, 2009), l’opera non è più intangibile, bensì manipolabile a proprio piacimento dal fruitore/produttore, segnando un ulteriore passaggio che con la riproducibilità tecnica aveva invece distaccato l’opera d’arte dalla sua aura di inaccessibilità e unicità.
[15] La rottura avviene in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1935) rispetto a Marcuse e alla sua concezione della tecnologia come non neutra e ad appannaggio della classe dominante e alle concezioni di Adorno e Horkheimer espresse in Dialettica dell’Illuminismo (1947) e che vedono i media e la tecnologia parte di un processo di sopraffazione della scienza sulla natura e di mantenimento dello status quo da parte della classe dominante.
[16] Manuel Castells
[17] A complete guide to customer journey analytics
[18] Controllo sull’eseguibilità di due applicazioni che comunicano grazie a una rete, effettuato sui nodi terminali (end point) e non su quelli intermedi (intermediate note).
[19] Gartner Says Customer Data Ethics to Have Transformational Impact on Marketing in Five to 10 Years