Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Homo Videns è una categoria antropologica utilizzata da Giovanni Sartori e che testimonia un passaggio da un tipo umano ad un altro ben preciso.
Con l’avvento della società dell’immagine, della TV, di internet, l’uomo giunge ad una modalità di approccio alla realtà di tipo visivo.
Si legge sempre meno ma viceversa si è sempre più esposti a schermi video, di conseguenza si va perdendo la capacità di astrazione del cervello dovuta proprio alla lettura e anche la sua capacità di filtro delle informazioni ricevute in ingresso.
È questa una modifica, una modifica antropologica…Homo Videns!
In questo articolo ci occuperemo di:
Postmodernità e nuova realtà digitale
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Le modifiche antropologiche in atto
È possibile in questa fase storica parlare di una vera e propria modifica della struttura “antropologica” umana per come da noi conosciuta.
Una “modifica” data innanzitutto dalla tecnologia telematica, mediatica e cibernetica, la quale promuove delle forme di integrazione più o meno sostanziali di alcune funzioni del corpo umano. Le stesse apparecchiature 3d costruiscono delle vere e proprie “protesi” dell’apparato biologico-sensoriale (es. in medicina)
Così la semplice vista con gli occhi, è amplificata da sofisticate apparecchiature virtuali o dagli schermi di una fotocamera smartphone; così come la guida è supportata dai navigatori satellitari; e ancora una miriade di operazioni sono svolte da macchine e calcolatori di vario genere al posto dei nostri arti e del nostro cervello.
Da qui emerge una linea di tendenza, quella di una sempre più netta modifica della struttura antropologica umana. Tendenza consacrata e profetizzata anche da tutta una serie di movimenti subculturali, i quali si richiamano in maniera conclamata all’avvento del postumano[1] o del transumano[2] : una specie di “androgino al ribasso ”[3] , una figura ibrida che miscela parti organiche della biologia umana da noi conosciuta con tecnologie solide o informatiche.
Un cyborg, che dai film e dai romanzi di fantascienza in molti casi diventa realtà. Basti pensare alla quantità di ore che sempre più si passano al computer oppure su un dispositivo smartphone, o anche alla diversità di apparecchiature tecnologiche che gli esseri umani utilizzano e “indossano” con sempre più naturalezza e disinvoltura [4] .
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Superamento della concezione positivista del mezzo e dei media
Come abbiamo più volte riferito in precedenti articoli[5] anche da un punto di vista mediatico è in atto una rivoluzione, o meglio un “cambio di paradigma”.
Il mezzo tecnico o tecnologico non più visto come un qualcosa di utile al “raggiungimento di un fine”, ma come il fine stesso.
Una nuova concezione, dove il mezzo non è più fattore “neutro”, e che ha in Marshall McLuhan uno dei suoi massimi esponenti, inseritosi a sua volta nel solco del pensiero di Harold Innis, secondo il quale il medium riconfigura tutto l’ambiente nel quale agisce.
Con La galassia Gütenberg (2011) e con il successivo Gli strumenti del comunicare (2008), si formano proprio le fondamenta del pensiero mediologico, nelle quali si rilegge il medium in una chiave completamente diversa da ciò che ne aveva fatto un semplice agente neutro.
Così si evidenziano le modifiche di tutto l’assetto psico-percettivo che esso provoca, e della relativa “visione” e “storia” del mondo che su tali modifiche si appoggia.
In tutta la sua ricerca si delinea anche l’approccio antropologico ai media, con quella che diventerà una vera e propria fusione tra la sfera mediatica e quella neuropsicologica.
Si apre il campo alla disciplina “mediologica” vista non come disciplina specialistica – secondo un’impostazione “separata”, che rientrerebbe ancora nella modernità, e quindi nel primato della stampa e della lettera[6] –, bensì come asse portante dei mutamenti storici, oltre che antropologici.
Una fusione tra tecnologie della mente e tecnologie del corpo, l’apertura al mondo delle neuroscienze e a tutte le ricerche sulle capacità della mente.
Fusioni e connessioni tra scienza dei media e scienza sperimentale che hanno in comune il dato dell’informazione, intesa non nel senso puramente linguistico – anch’esso tipico dell’era moderna e della stampa – bensì con tutto il suo portato di immaginazione, apprendimento, osservazione e simulazione; e dunque dell’ampio uso della sfera cognitiva.
Il mezzo tecnico o tecnologico non è più visto come un qualcosa di utile al “raggiungimento di un fine”, ma come il fine stesso.
Homo Videns: la modifica cerebrale
Su queste basi, dunque, veniamo agli studi di Giovanni Sartori sull’Homo Videns (2007), ovvero quella particolare forma umana che ha perso la “capacità di astrazione” frutto dell’attività di lettura e di formulazione dei concetti, in favore del solo assorbimento “non filtrato” delle informazioni.
Un cambio dovuto alla continua esposizione agli schermi televisivi e dei personal computer, grazie ai quali fluiscono immagini e informazioni mal recepite e decostruenti, proprio per la sempre maggiore perdita delle facoltà di “filtro”, “selezione” e “raffinamento” dei dati tipiche della capacità di astrazione.
Un’epoca che consacra anche l’avvento della società dell’immagine come fonte comunicativa primaria, e questo proprio in un contesto di superamento del positivismo nella concezione mediologica, dove appunto è il medium stesso il messaggio!
Una delle caratteristiche più importanti di questa epoca caratterizzata da un “surplus” di immagini, mezzi di comunicazione e informazioni è che questo “surplus” crea uno squilibrio, un gioco “a somma negativa” come direbbe lo stesso Sartori (2007, p. 26).
Una sostanziale “perdita” definita anche da uno dei maggiori studiosi della postmodernità Jean Baudrillard, il quale afferma che “invece di trasformare la massa in energia, l’informazione produce sempre più massa” (2018, p. 50).
Tutto ciò è perfettamente inserito nel quadro di dissoluzione della materia da noi delineato in precedenti articoli[7] e che è tipico della postmodernità.
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Homo Videns: immagini, non parole!
In Homo Videns , per Sartori e per l’antropologia moderna (da Linneo, a Gehelen, a Cassirer) l’uomo è fondamentalmente un animale simbolico, dotato di “linguaggio-parola” e “continuamente a colloquio con sé stesso” (Cassirer, 1948, p.47).
Anche Sartori come Eric A. Havelock e lo stesso McLuhan crede nell’importanza della comunicazione negli sviluppi di una civiltà. Una civiltà si sviluppa proprio con la scrittura per Sartori, passando dal sistema di comunicazione orale a quella scritta.
In particolare con la riproduzione a stampa e i suoi progressi avviene questo stacco, secondo il quale l’Homo Sapiens “moltiplica il proprio sapere” (2007, pag. 7).
E poi con la radio, la quale però conserva una caratteristica fondamentale, che “parla”, e quindi il suo modo di comunicare è sostanzialmente fondato sulla parola.
La vera rottura avviene con la televisione[8] , la quale riproduce il mondo in immagini. Da qui lo spettatore passa dal livello di “animale simbolico” – l’uomo per come da noi conosciuto, secondo la disanima di Sartori – ad “animale vedente”, riducendo la sua distanza dall’animale puro e regredendo verso le sue caratteristiche ancestrali.
Ed è proprio in questo punto preciso che avviene la rottura tra Sartori e McLuhan, e tutto il mondo degli “entusiasti” della rivoluzione mediatico-digitale. Per Sartori l’avvento dei nuovi media peggiora notevolmente la situazione perché smonta la capacità logica, lineare e consequenziale degli individui.
Sono proprio i nuovi mezzi a “frammentare” tale capacità, e non la stampa e la parola scritta come sostiene McLuhan.
È questa a nostro avviso una prospettiva moderna che si scontra con quella postmoderna.
E se da un lato Sartori ha ragione con la sua analisi critica di quello che è un vero e proprio movimento storico-antropologico, tuttavia anche McLuhan e tutta la scena ad egli relativa apre a possibilità interessanti di reintegrazione “olistica” dell’uomo e delle sue capacità, e del mondo.
Ma ci rendiamo conto che questo è un percorso non facile, perché non facile è mantenere una propria “centratura” e non farsi trasportare da questa marea di immagini, dati, informazioni e sensazioni.
Per Sartori, la caratteristica cruciale dei nuovi mezzi è quella di dare primato al mondo dell’immagine. Addirittura con la televisione, l’immagine entra in casa propria: “vedere tutto senza andarlo a vedere” (2007, p. 11).
L’immagine è pura e semplice rappresentazione visiva, diversamente dalla parola che è un “simbolo” che va compreso e capito. E se i nostri bambini guardano per ore e ore la televisione prima ancora di imparare a leggere e scrivere, allora vi è un cambiamento “neuro-cognitivo” in atto, in quanto la visione di immagini di vario tipo, non ultime quelle violente, formano la mente dell’individuo sin da piccolo.
Una specie di nuova paideia dove il bambino assorbe acriticamente tutto ciò che vede, e diviene un “rammollito da video”, che non legge più.
Il punto fondamentale di tutto il saggio di Sartori, e sul quale si fonda poi la modifica antropologica in questione, è che un tale individuo, non solo immerso, ma addirittura formato e sviluppato sulla priorità dell’immagine e non più della parola, perde la capacità di astrazione.
Le parole sono simboli, appunto, che attivano rappresentazioni mentali, ma in un senso superiore la maggior parte delle parole sono “astratte”, cioè non hanno corrispettivi nelle cose visibili, ma sono concetti elaborati proprio dalla capacità di astrazione della nostra mente (differenza tra città e nazione ad esempio).
Poi abbiamo termini che richiamano a concetti ancor più elevati e importanti per la vita sociale e comunitaria (giustizia, legittimità, legalità, ecc.), che in un sistema che dà priorità all’immagine potrebbero saltare, portandosi dietro tutto il “patto sociale” – ed è quello che per certi versi sta accadendo.
L’Homo Videns si forma dunque sul mundus sensibilis , e non più sul mundus intellegibilis , come l’Homo Sapiens . E dunque, dal mondo dei concetti e dei concepimenti mentali si torna al puro e semplice vedere.
Se l’“idea” come nella logica kantiana è il binario nel quale inseriamo quello che vediamo e percepiamo, con l’Homo Videns tale meccanismo viene manomesso e invertito. Con il linguaggio percettivo che prevale a discapito di quello concettuale (astratto), riducendo drasticamente la possibilità di dare significati e di “connotare” la realtà.
Su queste basi, almeno per la massa e per tutte le venture generazioni, è chiara l’impossibilità di “beneficiare” delle opportunità offerte dai nuovi media, su tutti internet.
Stesso per Sartori l’uomo di cultura – intesa nel senso pieno e cioè di “buona” istruzione più capacità di ragionare –, e meglio ancora l’uomo che “produce” cultura, continuerà a leggere libri, anche per motivi meramente tecnico-logistici – è più semplice e pure più economico comprare piuttosto che scaricare e fotocopiare. Internet sarà utilizzato per le integrazioni, per le quali ovviamente risulta il mezzo migliore prodotto dalla storia umana – fonti, documenti e bibliografie più o meno dell’intero globo e dell’intera storia.
Con l’avvento della cibernetica, della multimedialità, dei computer e della realtà virtuale, la realtà viene letteralmente “creata” sui video a partire dall’“irrealtà”, simulando le possibilità del reale, ma che resta comunque “irreale”.
Le possibilità aperte dalla nuova epoca
Ecco quindi che si ritorna alla nostra tesi secondo la quale solo un individuo altamente “centrato”, e padrone delle proprie facoltà cognitive è in grado di beneficiare di tale quantità di informazioni. Per quest’individuo la postmodernità, e la postmdedialità, forniscono materia forse “unica” per nutrimento ed “elevazione”.
Un individuo altamente “centrato” sarebbe in grado di beneficiare anche di talune di queste tendenze “mediologico-cibernetiche”, che diversamente da quanto sostiene Sartori – imbevuto di logica razionalistico-moderna – non vanno respinte a priori ma “assunte” nella loro essenza più profonda, capendo cosa vogliono dire, e accettando la sfida che esse pongono.
Secondo il sociologo l’andazzo – in particolare delle prima ondate di generazioni – di questo nuovo modo di approcciarsi ai media, alla conoscenza e all’essere antropologico, sembra abbastanza devastante. Almeno in base a determinati dati riscontrabili ogni giorno, come l’atrofia logica e razionale del cervello nella prima ondata generazionale, l’Io completamente disgregato e “decostruito” della seconda.
Elementi visti da un Negroponte in maniera positiva, affermando che nell’era digitale “io sono io”, ma che al contrario Sartori vede buoni per le cliniche psichiatriche.
Un epoca che però, sempre a nostro avviso, apre squarci forse tra i più interessanti e potenti per il tipo umano “centrato su di sé”, e quindi in grado di accogliere ogni forma di innovazione, anche del proprio stesso tessuto neuro-cognitivo ed antropologico.
Per quanto riguarda alcuni dei passaggi epocali dei quali l’Homo Videns è espressione, vi è uno cruciale più volte da noi disquisito e che va dalla concezione del mondo moderna a quella postmoderna (2007, p. 100), e quindi da una illuminista ad una di altro tipo.
Il passaggio si sostanzia innanzitutto sull’approccio alla scienza. Mentre per Sartori, nell’ottica di Francis Bacon, era l’uomo a dominare i mezzi scientifici e tecnici per “dominare la natura” (Bacon, Novum organum , 1620), adesso l’uomo è sottomesso a tali mezzi, alla tecnologia e alle sue macchine, e rischia che le sue invenzioni gli si rivoltino contro.
Per Sartori “la filosofia postmoderna va rancorosamente all’assalto della verità”, in quanto la ritiene espressione di un modello elitista, un’ottica assai interessante per l’inquadramento di questo passaggio.
Il postmoderno si consacra, infatti, in tutti i campi come l’attacco ad ogni possibile forma di autorità, anche in campo culturale e anche all’interno del percorso gerarchico di apprendimento culturale (metodo, logica centripeta e lineare, principio della consecutio , rigore, sforzo e costanza nello studio e nell’elaborazione).
Interessante è anche l’elemento del rancore messo in evidenza da Sartori, un elemento “giacobino” per certi versi, a sottolineare il portato “distruttivo” di determinate tendenze e scuole di pensiero: “distruggere l’autorità”, distruggere tutto ciò che sta “al di sopra”!
Sartori accenna anche a determinati caratteri che sono tipici di questa nuova fase della storia, e che attengono a tutto un preciso riorientamento societario e “spirituale” dibattuto anche da sociologi quali Michel Maffesoli, e definito “reincanto del mondo”.
Una forma più che altro parodistica, come messo in luce anche dal politologo: credulonerie assolutizzate ma senza “visione del mondo”, e con tanto di santoni, ciarlatani e fattucchiere. Calderoni di frivolezze spiritual-politiche di contro all’aridità della razionalità, alla maniera del new age[9] .
Tale piega, se ben contestualizzata, però, – e in questo pure sta l’errore della concezione moderna di Sartori – potrebbe essere un volano per portare fuori alcuni uomini dalla chiusura del pensiero illuministico e positivistico.
Evitando però, che tale “rivoluzione” divenga un gioco che non apporta nulla di qualitativo, ma semplicemente “più massa” (cit. Baudrillard).
Una sfida che va affrontata probabilmente ad armi pari, giungendo sullo stesso terreno della postmodernità, e dunque superando anche la concezione di Sartori, sostanzialmente di tipo moderno, per riagganciarsi ad una invece di tipo “premoderno”.
Recuperare per davvero l’elemento trascendente, quello vero e non la sua parodia “cibernetico-new age”, accorgendosi proprio dell’invasività dei vari impianti mediatico-tecnologici, e di converso ritornando a “cercare l’uomo”, a cominciare da “dentro di sé”.
Postmodernità e nuova realtà digitale
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Bibliografia
Bacone F., Novum organum , Universale Laterza , Bari, 1967.
Baudrillard J., All’ombra delle maggioranze silenziose . Ovvero la fine del sociale , a cura di D. Altobelli, Mimesis, Milano, 2018
Cassirer E., Saggio sull’uomo. Introduzione a una filosofia della cultura , Longanesi, Milano 1948.
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare . Il Saggiatore, 2008.
McLuhan M., La galassia Gütenberg . Armando Editore ,. 2011.
Negroponte N., Essere digitali , trad. G. Filippazzi, Sperling & Kupfer, 1995.
Sartori G., Homo Videns. Televisione e post-pensiero , Bari, Editori Laterza, 2007.
[1] Movimento ideologico-culturale che in virtù del progresso informatico e biotecnologico immagina la trasformazione dell’individuo.
[2] Movimento ideologico culturale mirante ad una trasformazione profonda dell’essere umano grazie a scienza e tecnologia.
[3] Cioè un androginia non vera, piena, come nella “realizzazione” finale del cammino iniziatico e cioè integrata di spirito e corpo, bensì un mix di umano e supporti tecnologici che si muove solo nel livello superficiale della materia.
[4] Secondo i dati del Rapporto Globale Panoramica Digitale 2022 “la quantità di tempo che trascorriamo online continua a crescere, con la media giornaliera in aumento di 4 minuti al giorno (+1,0%) nell’ultimo anno. Potrebbe non sembrare un grande aumento, ma sommati a tutti gli utenti Internet del mondo, quei 4 minuti in più al giorno dovrebbero equivalere a oltre 5 miliardi di giorni aggiuntivi di utilizzo di Internet nel 2022. In totale, gli ultimi numeri suggeriscono che il mondo dovrebbe trascorrere più di 12½ trilioni di ore online nel solo 2022.”
[5] Postmodernità e media: il reincanto del mondo
[6] Si veda differenza tra modernità e seconda modernità o postmodernità nell’ambito dei media
[7] La proiezione mentale del tuo io digitale (parte 1)
[8] Le analisi di Sartori si fermano alla preponderanza della TV, ma ragionamenti simili sono articolabili con l’avvento di smartphone e tablet.
[9] Insieme di correnti spirituali, psicologiche e sociali, sorte alla fine del XX secolo in Occidente. Diramazione estrema del “neospiritualismo”, ovvero l’insieme delle dottrine e tendenze “spirituali” tra fine ottocento e inizio novecento, che a detta di Rènè Guènon e Julius Evola, lungi dal rappresentare una vera e propria spiritualità, è semplicemente l’altro lato della “modernità”, del “materialismo” e del “positivismo”.