Silvia Salese – Psicologa, docente e speaker ad orientamento ed approccio sistemico.
Chi svolge un lavoro che ha a che fare con il marketing, in qualsiasi dei suoi aspetti e in qualsiasi dei ruoli associati, di certo si ritrova quotidianamente a familiarizzare con un concetto che fa ormai parte della mentalità comune: quello della moda, dipendente dalla dimensione sociale dietro alle scelte di consumo.
Se la moda è infatti il valore più frequente nella distribuzione dei dati di interesse, la dimensione sociale ne detta le regole e l’andamento, quasi come se un macro-organismo composto da più micro-organismi si organizzasse in base a ciò che più comune, che è più utilizzato o che è più frequente, determinando l’identità dell’intero.
In questo articolo scopriremo insieme quali sono gli elementi essenziali dell’influenza sociale nei consumi , cercando come sempre di trarre degli spunti pratici per un loro corretto utilizzo per brand ed organizzazioni nei tempi attuali.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione aziendale.
L’influenza sociale e la propaganda
“La manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica. Coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il Paese.
Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare. Questa è la logica conseguenza di come è organizzata la nostra società democratica basata sulla cooperazione del maggior numero di persone, necessaria affinché possiamo convivere in un mondo il cui funzionamento è ben oliato.”
Con queste parole Edward Louis Bernays dà inizio a forse uno dei suoi testi più importanti, Propaganda , un testo breve ma considerato una pietra miliare per chi si occupa di comunicazione. Propagand a è stato pubblicato a New York dall’editore Horace Liveright nel 1928, alla vigilia della Grande Crisi, un periodo di eccezionale e caotico dinamismo economico, sociale e culturale da cui sembrava dovesse nascere veramente un nuovo mondo.
Questo mondo in realtà, sovrastato da energie sociali e dai dictat dei poteri forti, si è spesso manifestato come capitalismo di rapina o realizzato in temibili organizzazioni criminali, nidificati anche nei palazzi del potere e dando luogo a qualcosa di ben lontano da quanto preconizzato. Qualcosa di molto diverso quindi da ciò che all’epoca, probabilmente, ci si sarebbe aspettato.
Non dimentichiamo che per molti, Bernays in primis, i termini manipolazione e propaganda , non avevano un’accezione negativa, ma il contrario: la diffusione di tendenze e la direzione delle masse erano viste come qualcosa di positivo da un punto di vista sociale, foriere di ordine e crescita.
Bernays infatti continua, e arriviamo al punto del discorso:
“In teoria ciascuno compra al prezzo più basso ciò che di meglio il mercato gli offre, ma in pratica se prima di acquistare tutti confrontassero i prezzi e studiassero la composizione chimica di decine di saponette, di tessuti o di pagnotte industriali messi in commercio, la vita economica sarebbe completamente paralizzata. Per evitare il dilagare della confusione, la società accetta di limitare le proprie scelte all’ambito delle idee e degli oggetti posti alla sua attenzione dalla propaganda di ogni tipo. Si tratta quindi di compiere costantemente uno sforzo immenso per catturare l’interesse a favore di una politica, di un prodotto o di un’idea.”
Come evidente da questo semplice concetto emergono due presupposti fondamentali per Bernays:
Le masse sono guidate da forze e volontà che non conoscono
L’accettazione di questa guida è inevitabile per evitare il dilagare del caos e della confusione, in primis della paralisi economica nei paesi fondati sul capitalismo
Sebbene di grande interesse, non ci concentriamo qui sull’aspetto politico ed economico della questione, ma vorremmo evidenziare la dinamica squisitamente sociale alla base della psicologia dei consumi e del marketing (o, come la intendeva Bernays, la scienza delle pubbliche relazioni ) fin dalle sue prime formulazioni.
La connessione dei gruppi tra loro
Ogni membro di un gruppo sociale (oggi come allora, ad esempio, dell’alta società, dei finanzieri, dei criminali, degli esperti, dei consulenti, dei politici, degli immigrati, dei ricchi o dei poveri) è connesso con altri gruppi , siano essi associazioni, camere di commercio, circoli culturali, istituzioni religiose e così via.
Le opinioni maturate e nutrite in un gruppo tendono a diffondersi in primis attraverso la condivisione esplicita, ma anche e soprattutto attraverso quella implicita, fatta di gesti, movimenti, esempi visibili ma non argomentati.
Il messaggio che maggiormente si diffonde è quello che usa come vettore l’emozione
Come abbiamo visto in un precedente articolo la mente umana non può definirsi “razionale” , essenzialmente perché nella percezione, nella decodifica dei messaggi e nelle risposte dipende da aree e dinamiche cerebrali istintive ed emotive. Pensiamo ad esempio alle relazioni: ricordiamo meglio le parole di chi parla in maniera forbita o chi invece ci ha detto qualcosa che ha suscitato in noi irritazione o stupore?
I messaggi che maggiormente si diffondono sono quindi quelli a contenuto emozionale, non razionale , ragione per cui i media utilizzano proprio le reazioni emotive sottese a notizie e fenomeni sociali per indirizzare le loro attività, non certo la pura e semplice “realtà”. Ci basta guardare un semplice notiziario affinché questo punto ci risulti evidente.
“Ricordiamo meglio le parole di chi parla in maniera forbita o chi invece ci ha detto qualcosa che ha suscitato in noi irritazione o stupore? I messaggi che maggiormente si diffondono sono quelli a contenuto emozionale, non razionale.”
I gruppi sociali si influenzano tra di loro
Grazie agli studi del costruzionismo sociale , sappiamo che gli esseri umani interpretano la realtà e razionalizzano le loro esperienze sulla base della lettura delle reazioni interne dipendenti dal contesto socioculturale di riferimento e con narrative che creano modelli della realtà sociale.
Tale costante processo di traduzione e interpretazione della realtà viene poi materializzata, nutrita e diffusa attraverso il linguaggio , grazie al quale l’essere umano diventa prodotto e produttore delle forze sociali in un ciclo continuo di interazioni, suggestioni e commistioni di idee, opinioni, mode, tendenze, aspirazioni e così via.
Per approfondire il concetto di traduzione e interpretazione della realtà, si veda l’articolo “Il processo percettivo e il funzionamento cerebrale alla base delle scelte di prodotti e servizi” .
L’identità personale emerge dunque come risultato dell’incontro tra diversi costrutti sociali, dove il concetto di narrazione diventa un mattone fondamentale dell’opera concertata di creazione e lettura dei fenomeni che prendono forme concrete e danno vita a movimenti e dinamiche in qualsiasi ambito.
Di conseguenza, si può ben affermare che i significati che i consumatori acquisiscono a livello sociale e nel contesto di appartenenza sono assolutamente fondamentali per comprendere l’origine e lo sviluppo dei comportamenti di consumo.
Questa prospettiva suggerisce infatti che come ogni comportamento che riguarda la collettività, anche la predilezione per determinati prodotti e i servizi, o le esperienze di consumo, dipendono in gran parte da movimenti collettivi , influenze gruppali, sentimenti o opinioni sociali che entrano ed escono dalla sfera soggettiva in un’opera di continua interazione.
Il comportamento umano è un fenomeno complesso
Non siamo esseri puramente razionali, ed è anzi vero il contrario: spesso il comportamento umano è irrazionale e inconsapevole, ovvero avviene mediante dinamiche sotto-soglia cosciente di cui non ci si rende conto, sovente nemmeno nonostante gli output finali.
Il principio secondo il quale gli esseri umani sono mossi anche da motivazioni che nascondono a se stessi non è certo una novità, ed è proprio per questo che chi si occupa di comunicazione e marketing deve comprendere quali sono le reali ragioni che soggiacciono a motivazioni e scelte , senza accontentarsi delle ragioni che le stesse persone si danno.
A tal proposito ricordiamo le sempre attuali parole di Clotaire Rapaille: “Non credo a quello che le persone dicono”.
Le vecchie scuole di economia e management basavano le loro ricerche su una psicologia fondamentalmente meccanicistica basata sulle reazioni e sulle dinamiche secondo cui a stimolo corrisponde una determinata reazione.
Il comportamentismo ha fatto da maestra in questo, ma purtroppo non è sempre stato ben interpretato. La mente umana è ben lontana infatti dall’essere assimilabile ad una macchina individuale, priva di volontà e bugs di sistema. Un cervello così inteso, per poter essere influenzato, richiederebbe infatti la mera ripetizione di uno stimolo: lo stesso slogan viene visto in tv, sui social network, sentito in radio o al supermercato.
Tuttavia in questo modello viene esclusa l’azione del consenso, dell’imitazione e del significato, che operano a livello non cosciente ed influiscono grandemente sulle azioni. Il comportamento dunque emerge come risultato di una complessa interazione di fattori. Vediamo come.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione aziendale.
Quale auto preferisci? Un metodo di rilevazione delle motivazioni culturali al consumo
Famoso è il periodo che ha vissuto Chrysler alla fine degli anni ’90, quando la Jeep Wrangler cercava di riconquistarsi il posto di macchina dei sogni nel mercato americano.
Dopo l’iniziale successo appena messa in commercio (la Jeep è nata ufficialmente nel 1986), gli americani hanno iniziato a disaffezionarsi dal fuoristrada per prediligere i nuovi SUV , più spaziosi, lussuosi e comodi. Le persone, come descrive il già citato Rapaille, protagonista dell’intera vicenda, dicevano che preferivano ormai altri tipi di auto, più adatti alle loro esigenze: più simili alle auto tradizionali, più chic , chiuse e non decappottabili, prive di porte amovibili e così via.
Ma il problema era proprio quello: ciò che le persone dicevano non doveva essere preso per oro colato, o comunque non come il reale motivo della disaffezione al Wrangler.
Quando intervistate sui loro stessi interessi, le persone tendono a riferire ciò che credono che l’intervistatore voglia sentire. Questo ovviamente non perché tendiamo a mentire deliberatamente o perché abbiamo una visione distorta delle cose, ma perché i circuiti cerebrali delle risposte intelligenti , per così dire, originano dalle zone della corteccia legate al ragionamento , non alle emozioni né all’istinto.
In base a questo quindi, le risposte ai questionari vengono valutate attentamente, troppo attentamente perché siano reali e complete anche del vissuto emotivo. La risposta dunque diventa qualcosa di lontano da ciò che si vorrebbe veramente dire, lontana anche dai propri vissuti.
Ecco allora che Rapaille organizza delle sessioni di intervista a gruppi di consumatori un po’ diverse dal consueto : stesi per terra, rilassati, con cuscini comodi e musica distensiva, chiede loro di rivivere i sogni e le associazioni verso prodotti o servizi partendo da se stessi: cosa cerchi da un’auto? Cosa cerchi veramente da un’auto?
Ciò che emerge origina da una sorta di immagine collettiva, culturalmente condivisa, dell’oggetto di indagine. Ma questa immagine non è contenuta nei ragionamenti collettivi, ma dalle emozioni, dai sogni, dai ricordi, dalle narrazione condivise.
Man mano che le sedute diventavano più profonde, emersero infatti altre associazioni sul mondo delle auto , molto diverse dalle iniziali “sicurezza”, “affidabilità” e “consumo”. Emersero ricordi dei modelli del passato, il senso di libertà legato al primo mazzo di chiavi tenuto in mano, emersero i ricordi imbarazzanti sulle prime effusioni amorose avvenute sui sedili posteriori. L’auto ideale non era quella sicura o comoda , ma era quella che avrebbe permesso di sentirsi ancora una volta liberi , privi delle tensioni legate alle strade e al traffico, all’aperto e nelle grandi praterie.
Questi desideri, radicati e condivisi, hanno condotto Chrysler ad adottare una strategia per verificare l’analisi di Rapaille: cambiare la forma dei fanali anteriori da quadrati (come nel primo modello) a rotondi (nel secondo).
Perché? Perché il codice culturale nascosto legato alla Jeep Wrangler riguardava il senso di libertà di un cowboy , libero appunto dalle costrizioni dell’asfalto e a contatto con la natura. E quale mezzo per muoversi migliore per un cowboy di un cavallo?
I fanali rotondi hanno dato un volto alla Jeep, che ne acquisì carattere e identità, e l’auto – senza iniziale modifica nelle campagne di marketing – ottenne in breve un grande, nuovo successo. A riprova di ciò con il tempo venne aggiunto al logo anche l’immagine della griglia del radiatore e dei fanali rotondi, la distribuzione di T-shirt ai fan club della jeep con la scritta “Le vere jeep hanno i fanali anteriori rotondi” e pubblicità dell’auto palesemente identificata con un cavallo, con coraggiosi cowboy che salvano bambini e bestiame nelle praterie.
Ma quando è stato chiesto ai nuovi appassionati di Jeep Wrangler il motivo della loro predilezione, pensate forse che qualcuno abbia risposto “perché mi ricorda un cavallo”?
Questioni di valore
Accanto alle forze nascoste culturali, viaggiano di pari passo i valori che si diffondono a livello sociale, elementi importanti per comprendere come e cosa il consumatore ricerca, si comporta e giustifica le sue scelte di acquisto.
Il concetto di valore richiama l’attenzione infatti su tutti gli elementi che per l’individuo, il gruppo a cui appartiene e alla sua cultura danno identità, stabilità, riferimenti normativi ; di conseguenza con il cambiare dei valori cambiano i comportamenti, e di conseguenza le scelte dei consumatori.
I valori sono qualcosa in cui noi ci riconosciamo, qualcosa a cui rispondiamo e a cui viene dato credito e consenso. Già a partire dagli anni ’80 è stato evidenziato dagli studi di psicologia dei consumi che la sintonia tra i valori espressi da un brand e quelli dei suoi interlocutori aumenta le intenzioni di acquisto.
Certo, i valori cambiano, e lo fanno anche piuttosto velocemente. Pensiamo a quanto radicalmente è mutato il valore del tempo. Se fino a qualche decina di anni fa il produttore quanto il consumatore condividevano la svalutazione del tempo presente a favore di ciò che avrebbe offerto il futuro, adesso possiamo dire quasi esattamente il contrario: ciò che è here and now conta, a svantaggio del lungo termine, della qualità durevole e dei valori sistemici e sovrapersonali.
Non a caso le generazioni passate venivano etichettate come “generazioni dei risparmiatori”: la rinuncia a piaceri effimeri e momentanei lasciava il posto alla costruzione di qualcosa che, in un futuro a media o lungo termine, ci si sarebbe ritrovato.
Dunque i valori di oggi? Senza dire qualcosa che sfugga alla vista di nessuno, è evidente che i vecchi sogni sono andati in fumo. L’economia fondata sul capitalismo si sta incamminando sostanzialmente verso il capolinea, aprendo gli occhi sul fatto che la crescita quantitativa ha un termine, in primis delle risorse.
La società postmoderna è testimone del crollo dell’illusione del benessere economico continuo per tutti , o anche solo della maggioranza. Abbiamo fondamentalmente compreso che di fronte ai grossi cambiamenti, le istituzioni si rivelano impreparate e spesso troppo coinvolte in questioni di potere per poter rispondere alle esigenze delle popolazioni. Il concetto stesso di salute è stato messo in discussione, così come l’efficacia della scienza in merito a fenomeni biologici inattesi.
L’identità delle persone è anch’essa mutata : abbiamo capito che non raggiungeremo mai la nostra “identità ideale”, del tutto rassomigliante a quella dei personaggi che fino a poco tempo ammiravamo su passerelle e set cinematografici, ma che il tempo lascia il posto o alla rassegnazione, o ad una visione più matura ed adulta di noi stessi. La lotta contro la realtà e il vero stato delle cose è una lotta impari, e questo ormai è evidente. Di conseguenza i messaggi cambiano, o diventano dissonanti.
Inoltre la progettazione della comunicazione e delle azioni di marketing attraverso la pressione è evidentemente diventata improduttiva , a tutti i livelli. L’azione insistente e ripetitiva su un tema particolare, che è stata certamente utile in passato e che può ancora esserlo nel breve periodo, non può più essere consigliata come un modus operandi continuo, su un orizzonte lungo , perché più si accentua la pressione e più l’effetto diventa dannoso; l’azione in sé, infatti, addizionata alla sovra-esposizione nell’informazione e nelle proposte, rende il pubblico incapace di sopportare una forza coercitiva e invadente.
Aggiungiamo a tutto questo il fatto che nella rete non ci sono identità, ma profili, un’inflazione di profili e una carenza di identità ed autonomie. Ma le persone, oltre che ad essere divise in gruppi di consumatori, come conciliano tutto questo? Reggono un tale scenario o stanno cambiando?
Adv Media Lab e Ayros: insieme per diffondere nuove conoscenze e (buone) idee nell’attuale mondo aziendale
Tre nuove tendenze di un consumo responsabile ed etico
Come abbiamo visto, seppure il concetto di valore abbia sempre avuto un ruolo rilevante nella spiegazione dei comportamenti di consumo, non è semplice nei nostri tempi definirlo se non in modo multiforme e complesso.
Da ciò che rilevano le agenzia di ricerca ed indagine, le tendenze sono altroché cambiate, e non si potevano che immaginare nuove strade, nuovi desideri, nuove necessità. Ciò che diventa evidente è che la sfida delle imprese e dei professionisti sia diventato conciliare i risultati con la dignità, l’etica, la qualità e il benessere.
Etica ed estetica, qualità e produttività stanno tornando a confrontarsi con il principio di responsabilità e a marciare insieme. Perché? Perché le tendenze di un tempo, miscelate alla natura umana e alle sfide contemporanee, rivelano un assoluto bisogno di rivisitare ciò che era stato lasciato indietro e che ora diventa indispensabile: il concetto di identità, di fiducia e di reale incontro sociale.
I consumatori chiedono oggi qualcosa di differente, in linea con i mutamenti sociali. Ecco riassunti 3 dei punti principali.
Il bisogno di verità
Già citata, è la grande protagonista del momento. Fare domande e avere una risposta immediata, corretta e attenta anche alle esigenze implicite è diventato un’esigenza quotidiana , ma le persone dubitano sempre di più delle risposte che ottengono. Saper rispondere in modo corretto, coerente e premuroso è una sfida che le aziende devono saper cogliere. La vera vittoria sarà conquistare la fiducia di un consumatore che, se da un lato è sempre più esigente, dall’altro è sempre più deluso.
L’Edelman Trust Barometer ha suggerito che, negli ultimi 18 mesi, la fiducia è stata così perturbata da farci vivere oggi in una vera e propria “bancarotta dell’informazione”, caratterizzata da un abbassamento del consenso e ad un aumento delle paure in merito alle sicurezze personali, del lavoro, dell’autonomia e in merito alle questioni sociali.
I consumatori si aspettano di ricevere risposte attraverso i canali dove possono interagire in merito ai prodotti e ai servizi che intendono acquistare e nei negozi stessi. Ecco allora che i brand devono sapere come rispondere alle esigenze e considerare questi momenti non solo come richieste esplicite di informazioni, ma come scambio e conoscenza reciproca. D’altronde un brand fa delle promesse, ma adesso ci si aspetta che queste vengano mantenute: non più un’estetica effimera, ma uno stile; non più un gusto ma un tassello di benessere; non più un addetto vendite ma una persona che consiglia, indirizza e, soprattutto, ascolta.
“I consumatori si aspettano di ricevere risposte attraverso i canali dove possono interagire in merito ai prodotti e ai servizi che intendono acquistare e nei negozi stessi. Saper rispondere in modo corretto, coerente e premuroso è una sfida che le aziende devono saper cogliere.”
La ricerca della propria identità
In un’epoca di inclusione, spesso millantata ma ancora lontana dai fatti, abbiamo un sempre più crescente bisogno di rincorrere uno specchio che davvero rifletta come siamo fatti , e che quell’immagine piaccia o quanto meno sia accettata da se stessi e dagli altri.
Dopo il trauma della separazione dovuto alla gestione dell’emergenza, dopo che le sicurezze sui bisogni primari sono state minate in modo consistente, le persone tornano ora a desiderare il ritorno alle relazioni in modo ancora più profondo e vero. L’aver riflettuto e ridisegnato le proprie priorità, ci conduce oggi ad aprirci a nuovi cambiamenti, ad essere più audaci e a chiederci di più, ad apprezzare la vita in modo più soddisfacente e pieno.
Di fatto, ormai lontani da un’identità ideale o da un io gemello perfetto e scintillante, stiamo riesaminando chi siamo, e a volerci mostrare per quello che siamo. I confini tra mondo del lavoro e mondo personale sono sempre più sfumati: le persone vogliono sentirsi bene sempre, e desiderano far qualcosa che rientri nei propri valori e che lo abbia, effettivamente, un valore.
Diverse imprese si stanno confrontando con la complessità di una ritrovata forza lavoro, rimasta separata per tanto tempo, e le dinamiche di squadra vanno riviste, incoraggiate e accompagnate da nuovi metodi per un lavoro realmente collaborativo. Spesso le tensioni crescono perché le preferenze e i valori dei dipendenti non corrispondono a quelli dell’azienda, ma in un mondo sempre più attento alla coerenza, i dipendenti ritornano ad essere veri e propri brand ambassadors verso i panel prospects.
Ecco allora che l’empatia tra proprietà e dipendenti, e tra i colleghi all’interno dell’azienda, diventa non solo un modo per lavorare meglio, ma parte integrante di un dialogo e scambio interno la cui bontà si rifletterà all’esterno.
Inoltre l’impegno verso i grandi temi che destano preoccupazione generale, dall’inclusività all’ambiente, permette di avvicinare le persone ai valori del brand, e questo crea ulteriore vicinanza e sintonia.
Cura e benessere a tutto campo
Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad una crescente attenzione alla cura di se stessi. Numerosi sono stati gli effetti avversi sulla salute mentale in tutto il mondo, sia nei più piccoli che negli adulti e negli anziani, per non parlare delle categorie fragili e già precedentemente ad alto rischio.
Questo non sorprende viste le politiche adottate e l’interruzione all’accesso ai servizi che permettevano alle persone di essere assistite o di assistere e rimanere in contatto i loro cari. I caregivers, sollecitati sotto vari aspetti, si sono ritrovati a svolgere ancora più funzioni: dall’educare i propri figli all’aiuto dei propri genitori, ovviamente sempre cercando di garantire tutta la presenza necessaria al lavoro e nelle richieste di tutti i giorni.
Anche la quantità di tempo e di attenzione dedicata ad occuparsi del benessere dei colleghi è probabilmente aumentata. La collaborazione e la comprensione di fronte alle difficoltà personali di un collega – come i problemi di salute mentale, il dolore o un’improvviso sconvolgimento per malattia – sono diventati parte di una nuova normalità, che se da un lato ci ha visti più distanti dagli altri, dall’altra ci ha avvicinati più che mai al nostro essere squisitamente umani.
Infondere gentilezza e comprensione è diventata una vera e propria opportunità in ambito business. Si tratta della creazione di valore autentico attraverso specifici progetti e metodologie comunicative. Ci tengo a sottolineare che, come viene messo in luce dalla nostra esperienza quotidiana, la metodologia senza l’autenticità serve a ben poco. Quando si parla di design nelle organizzazioni, ci si focalizza in realtà su aspetti metodologici per la messa in atto di quanto esperito, riflettuto e metabolizzato nella vita pratica.
Dire che oggi sia fondamentale per i brand essere accessibili ed espansivi , significa confrontarsi con le mentalità delle persone con cui ci si interfaccia e con le proprie. La valutazione dei propri canali , prodotti e servizi, oltre che alle tecnologie di assistenza, dovrebbe concentrarsi sull’impatto nel benessere e nella cura degli altri, senza bypassare quella di se stessi.
Il design multisensoriale, ad esempio, è un approccio empatico che riconosce i molti modi in cui le persone sperimentano e reagiscono a un prodotto o servizio, ambiente o esperienza, in modo conscio e subconscio.
L’assistenza e la cura sono sempre state una parte importante dell’essenza umana, ma la differenza è che ora sono più visibili e discusse apertamente dai consumatori, dalle aziende e dai designer. Non è sufficiente parlarne e non è sufficiente concentrarsi su ciò che è visibile in modo macroscopico: nel cambiamento, la cura dei dettagli è tutto ed è il dettaglio ad essere ora sotto i riflettori.
Citando Gregory Bateson, “la perfezione senza la cura dei dettagli è l’alibi dei patrioti, dei politici e dei furfanti” . I consumatori oggi ci osservano più che mai.
Introduzione alla psicologia dei consumi
Un esercizio pratico per chi vuole comprendere il comportamento del consumatore, i suoi bisogni e le sue abitudini per potenziare la propria comunicazione aziendale.
Conclusioni
Oggi come un tempo, aziende e consumatori sanno che le scelte fatte ora potrebbero avere impatti significativi sul mondo e sulla sua struttura. L’analisi delle tendenze e la riflessione sulle forze sociali, ci inducono come non mai a focalizzarci su un nuovo modo di intendere il cambiamento. Forse più profondo, certamente più reale e veritiero.
Le imprese non possono più comunicare e agire come se non facessero parte del pianeta e della sua intricata rete di relazioni.
Il tema dominante in tutte queste tendenze riguarda la necessità di rispondere ai cambiamenti in atto. La sfera sociale ha una voce chiara e netta, e i consumi dipendono inevitabilmente da come la si ascolta e come si risponde. Costruire relazioni positive per creare un nuovo tessuto sociale favorevole alle persone, alle imprese e all’ambiente diventa la chiave di accesso al cambiamento richiesto.
Forse per la prima volta dopo tanto tempo, prima di usare la parola e l’immagine occorrerà distinguersi per un uso consapevole e attento delle orecchie , e saper cogliere i messaggi più importanti oggi nel sempre affascinante e variegato mondo del marketing.
Bibliografia
Capra F., Il Punto di svolta , Feltrinelli, Milano, 1984.
Capra F., Luisi P.L., Vita e Natura , Aboca, Sansepolcro (AR), 2014.
Edelman Trust Barometer 2021
Linsdrom M., Small Data , Ulrico Hoepli editore, Milano, 2016.
Rapaille C., Il codice nascosto , Nuovi mondi media, Bologna, 2006.
Rovitto P., Relazioni – Orientarsi tra le connessioni e le relazioni con gli altri , Risguardi edizioni, Forlì-Cesena, 2018.
Russo V., Olivero N., Psicologia dei consumi , McGraw-Hill Education, Milano, 2009, 2a ediz. 2013.
Sarno S., Salese S., Psychological suffering, trust and satisfaction with life in Italy in the age of Covid-19 , 2021.