Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
I tempi a venire necessitano di tutta una serie di competenze (skills) tra le quali la capacità di saper passare da un argomento all’altro, da una disciplina all’altra, di fare collegamenti e interconnessioni.
Ma tale capacità non è molto comune, in un mondo del lavoro e della formazione che è invece tarato sul sapere specialistico.
Tuttavia, a poco a poco, sta venendo fuori la figura del “multipotenziale”, ovvero colui che dispone di più conoscenze, di più esperienze, oltre ad una sua specializzazione personale.
È anche detto l'”Uomo rinascimentale”, perché proprio come gli uomini del rinascimento sperimenta più campi, è bravo in più cose e dispone di più saperi.
Ma forse anche in questo caso, come dalle nostre analisi, l’attuale mondo postmoderno ci riproietta verso modelli ancestrali, premoderni, dove lo sviluppo umano era votato in chiave totale e non specialistica.
In quest’articolo parleremo di:
Webinar & Live Q&A 6 Dicembre dalle 16:00
Società specialistica
Una delle caratteristiche, o meglio uno dei problemi, di tutta la forma mentis specialistica e specializzata, frutto di riforme scolastiche e di un andazzo complessivo che mira a frammentare il sapere umano, è appunto la settorializzazione del sapere e della cultura.
“Non sei un medico!”, “sono sociologo, non psicologo”, “ho studiato materie umanistiche, non scientifiche!”, sono solo alcune delle espressioni che spesso sentiamo nella vita quotidiana.
Ma siamo sicuri che il sapere, la conoscenza, la scienza, procedano in questa maniera così specializzata, settorializzata, frammentata? Siamo sicuri che faccia bene al nostro percorso formativo, professionale, e in ultim’analisi educativo ed evolutivo, guardare alle nostre conoscenze e al sapere più in generale come a un qualcosa di frammentato e specializzato?
Che sia esattamente il contrario, e cioè che sia il sapere, la conoscenza, la scienza, un’unica manifestazione della sapienza umana, che certo prende piede in maniera particolarizzata a seconda di quelle che sono le nostre inclinazioni e vocazioni, ma che in qualche modo è sempre interconnessa a tutte le varie discipline?
Tra frammentazione e tribalizzazione: lo scenario storico-sociale
Ma questa mentalità, questa caratteristica della professionalità ultima, questa che per certi versi è una deriva del mondo della conoscenza e della formazione umana, è un fatto abbastanza recente nella storia.
La specializzazione ossessiva è molto un prodotto delle ultime riforme scolastiche ed universitarie, le quali a loro volta sono un riflesso di un modello socio-antropologico volto alla frammentazione, all’atomizzazione dei rapporti sociali , alla riduzione dell’essere umano ad una specie di monade[1] , un semplice produttore/consumatore dalle mere abilità tecniche.
Un modello che però ha per compensazione due modalità aggregative. Una è di tipo “sociale” , nella quale tali individui isolati, atomizzati, tali monadi si riaggregano in contesti che abbiamo definito in altre occasioni tribalistici[2] .
Dai luoghi di aggregazione metropolitani, alle piazze cittadine, passando per raduni artistico-musicali e centri sociali, fino alle piazze telematiche (gruppi e pagine fb, social network vari, ecc.), la comunità viene ricostruita introno a totem, simboli e modelli stilistico-comportamentali alla stregua di vere e proprie tribù, metropolitane e postmoderne.
E questo richiama anche all’altro grande fattore di aggregazione, in questo stato sociale “monadico”, quello dei “nuovi media”.
Come dalla migliore lezione di Marshall McLuhan, i media dell’avvento dell’era elettrica “ritribalizzano”, ovvero riconnettono la frammentazione tipica dell’era meccanica e della lettera stampata, in una nuova totalità organica.
Un gigantesco “villaggio tribale e globale”, nell’epoca della postmodernità o della seconda modernità[3] .
L’attuale mondo postmoderno ci riproietta verso modelli ancestrali, premoderni, dove lo sviluppo umano era votato in chiave totale e non specialistica.
Prima della frammentazione
Ma cosa c’era prima? Com’era il mondo della formazione e come si configurava la conoscenza umana prima di tutta questa settorializzazione specialistica del sapere , avvenuta in particolare a partire dagli anni ‘80-‘90, fino a giungere a livelli parossistici dal 2000 in poi?
Diciamo che il clima era diverso, e che sia dal punto di vista dell’istruzione che della preparazione di imprenditori, lavoratori, professionisti, ecc., vi era una formazione di ambito più complessivo.
Pensiamo solo al ruolo che avevano i licei in Italia prima di tutte quelle riforme volte all’adeguamento alle nuove disposizioni del mercato del lavoro, e che vanno sempre più verso una “tecnicizzazione”, oltre che ad una specializzazione delle mansioni e delle competenze (dalla riforma scolastica Berlinguer-Zecchino del 1999/2000 in poi).
Pensiamo al medico, all’avvocato, all’imprenditore, ma anche alle figure con minori livelli di scolarizzazione (geometri, ragionieri, maestri, ecc.), tutti avevano una preparazione più variegata, interconnessa, e che andava ben al di là della propria specifica disciplina.
Prima di queste riforme la preparazione culturale era fondata su un modello sociale di massa, comunitario, legato ad esigenze sociali (vedere i “famosi” articoli della costituzione italiana sugli sviluppi in senso sociale del lavoro e delle persona umana).
Era forse tutto più aderente al novecento, il secolo delle masse, che era ancora pregno di modernità, e dunque di illuminismo , la base dalla quale venne fuori l’enciclopedia, ovvero la divisione della conoscenza in branche che però facevano tutte capo ad una unicità complessiva – en-ciclopedia[4] .
Ma via via si potrebbe tornare ancora più indietro, trovando nel rinascimento quella capacità multidisciplinare che faceva si che un genio come Leonardo sapesse di filosofia, scienza, e fosse scultore, pittore, musicista, ingegnere e tanto altro.
O ancora che un Michelangelo fosse scultore, pittore, architetto e poeta.
E sulla stessa lunghezza d’onda abbiamo Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti e tanti altri ancora, anche oltre il rinascimento, pensiamo al filosofo Cartesio o allo scienziato Einstein.
Un’epoca, il rinascimento, nella quale arti, letteratura, filosofia, ma anche politica e scienza si riunivano non solo nel mondo della conoscenza, oltre che nella vita dei geni sopracitati, ma proprio nella forma mentis generale dei popoli, dei popoli che volgevano appunto al rinascimento.
Rinascimento che era a sua volta la riproposizione di un modello più antico, dell’antichità classica, tradizionale, dove la completezza, la “totalità” era una delle qualità ricercate dall’essere umano nel suo costante viaggio verso l’autorealizzazione.
Multipotenziale: l’alternativa alla frammentazione e alla specializzazione
Le alternative allo stato presente di cose sono già date in molti soggetti dalle competenze trasversali, che come si direbbe in gergo “sanno un po’ di tutto” o viceversa. Ma per il senso comune “sapere un po’ di tutto” non porta da nessuna parte, è come avere tante potenzialità ma non metterle a frutto.
Invece, proprio sul discorso delle potenzialità si è iniziata a delineare una nuova figura, sempre più utile nel mondo professionale: il “multipotenziale”.
Se per il senso comune bisogna per forza di cose esser specializzati, perché avere una cultura onnicomprensiva non porta da nessuna parte, allora, dal nostro punto di vista, avere più interessi, conoscenze, maggiore capacità di spaziare da un argomento all’altro è una dote.
Il multipotenziale è stato definito da Emily Wapnick, una scrittrice ed imprenditrice canadese – multipotenziale appunto –, il cui video proprio su questo argomento per il celebre Ted Talks è divenuto virale[5] .
Ma cosa dice la Wapnick? Tutto sommato una cosa abbastanza risaputa, e cioè che esistono soggetti che posseggono più di una vocazione, e che questa sia una risorsa e non un problema.
I “puttylike”, come li definisce la Wapnick, sono di solito molto intelligenti e riescono a trovare la propria strada scolastica e professionale con difficoltà e proprio perché hanno una molteplicità di interessi.
Il punto sostanziale sul quale far leva è che nella vita di questi soggetti vi è un fil rouge che collega tutte le varie vocazioni, interessi, discipline ed esperienze disparate.
Ed è questo fil rouge che bisogna ricercare, e meglio ancora raffinare la capacità della sua ricerca, un requisito davvero sempre più importante e forse unico anche all’interno del mercato del lavoro.
Perché, come direbbe proprio la Wapnick “l’innovazione si crea nelle intersezioni”, e perché la capacità di essere versatili, di sapere più cose, può fornire quel quid in più al mondo del lavoro.
In ultima analisi per la Wapnick, i puttylike, i multipotenziali, sono come gli uomini del rinascimento, una sorta di geni dell’epoca postmoderna. Essi sono “in grado di incarnare identità diverse ed eseguire una varietà di compiti con grazia”.
Webinar & Live Q&A 17 Novembre dalle 16:00
Multipotenziale: caratteristiche, problemi e punti di forza
Il multipotenziale è detto anche scanner, generalista, multipassionato, multipod o contaminato, oppure “anima rinascimentale” dal libro di Margaret Lobenstine The Renaissance Soul: How to Make Your Passions Your Life (2006).
I suoi tratti più caratteristici, “dati di partenza”, da un lato sono la spia dell’esistenza di quello che nel senso comune potrebbe essere un problema, dall’altro costituiscono la base sulla quale edificare la personalità, tirando fuori i talenti, “tutti”, e dargli costanza, profondità e mettendoli in relazione tra loro.
Il multipotenziale si sente attratto da tante cose e ha difficoltà a sceglierne una in particolare , inoltre ha un’avversione verso la rigidità, la stabilità, quella di fare sempre la stessa carriera lavorativa o di rispettare piani di lavoro[6] .
E dunque ha bisogno sempre di nuove sfide, per superare la noia da stabilità , oltre ad avere molti hobby ai quali però non riesce a dar seguito.
Questo bisogno continuo di cambiare può procedere sia inseguendo diversi interessi in contemporanea, o a rotazione (a seconda dei periodi ad esempio) oppure svolgendone uno alla volta.
Anche per la Wapnick il multipotenziale va incontro a problemi, innanzitutto nei lavori basati sulla stabilità, e problemi con la produttività e la concentrazione. E poi può andare incontro alla sindrome dell’impostore, cioè la convinzione di non meritare il successo ottenuto, addebitandolo a fattori esterni come la fortuna, e con la grande paura di essere smascherato e riconosciuto appunto come impostore.
Tutto ciò oltre all’insofferenza verso la routine, la tendenza alla noia, la difficoltà a focalizzare le proprie attenzioni, la fatica a trovare il tempo per tutte le passioni.
Ma sempre per la Wapnick egli ha dei punti di forza come contraltare, ovvero una buona capacità di sintesi delle idee, un apprendimento rapido, l’adattabilità, il pensiero in grande formato, e la capacità di mettere in relazione e tradurre tra diversi tipi di persone, lingue e modi di pensare[7] .
Adv Media Lab e Ayros: insieme per diffondere nuove conoscenze e (buone) idee nell’attuale mondo aziendale
Multipotenziale: aspetti sui quali lavorare
Su queste basi, dal nostro punto di vista, è ovvio che il lavoro su di sé da effettuare più importante è quello della “presenza”[8] .
Una mente quieta, pacificata, libera il più possibile da emozionalità negativa, e dunque emotivamente intelligente[9] , elastica, flessibile, allenata, e dunque “potente”, risulta essere il giusto antidoto per affrontare questa molteplicità di stimoli ed esperienze.
Esperienze le quali possono essere effettuate tutte al meglio di sé, e non più “tanto per” e fino ad annoiarsi. Il fatto di fare più cose facendole bene simultaneamente, o a periodi, o una per volta, dona quella soddisfazione, quella carica, valida per tutte le varie esperienze prossime.
In questo modo si porta in dote il pieno vissuto, la piena competenza di quella esperienza, oltre a liberarsi da quei sensi di colpa tipici della sindrome da impostore (es. non meritare).
C’è anche da dire che proprio facendo bene di tutto, si è poi per forza di cose in grado di accedere ad una propria specializzazione, come colui che cerca, e che alla fine trova la propria strada, la propria “vocazione”[10] .
Ma anche in caso contrario, anche facendo tutto male, “facendo male il multipotenziale”, è possibile prima o poi, tenendo la giusta disposizione da noi indicata, accedere alla fase successiva, e cioè quella di fare bene il multipotenziale.
Quello che può sembrare un gioco di parole, è invece l’unico comportamento adottabile da parte di chi prima di trovare se stesso, deve in qualche modo passare per i suoi inferni personali. In questo caso, il caos della multipotenzialità non messa in atto!
“L’innovazione si crea nelle intersezioni”, e la capacità di essere versatili, di sapere più cose, può fornire quel quid in più al mondo del lavoro.
T-shaped skills: il multipotenziale nel mondo aziendale
Con la definizione di T-shaped, e cioè abilità a forma di T , oppure persona a forma di T, si intende proprio quel profilo di competenze nel mondo aziendale basato su multipotenzialità e “interdisciplinarietà”. La T infatti simboleggia il possesso di soft skills trasversali (la linea orizzontale) e hard skills specialistiche (la linea verticale).
Il termine fu introdotto per la prima volta da David Guest, professore in psicologia organizzativa e HRM dell’università londinese King’s College, nel 1991.
Ma già negli anni ’80, la multinazionale americana di consulenza strategica McKinsey & Company, riteneva tali profili ideali per partner e consulenti lavorativi.
Ma la definizione T-shaped prende piede con Tim Brown, AD di IDEO Design, che aveva necessità per la sua azienda di trovare figure di collegamento tra il mondo dei designer e quello degli ingegneri, tra i creativi e i tecnici.
I profili a T rientravano benissimo in questo schema, e proprio per la capacità che abbiamo descritto di inserirsi negli interstizi delle competenze e dei mondi lavorativi.
La capacità di comunicare, e quindi di collegare diverse aree, è propria del T-shaped, e appartiene alle soft skills della linea orizzontale , ed è collegata alle competenze relazionali e comportamentali, oltre che a tutta la gamma di conoscenze ed esperienze, variegate, che si possiedono.
A questa si collega l’asta, la linea verticale delle hard skills, costituita dalle le competenze specialistiche, “personali” acquisite e certificate dallo studio e dall’esperienza[11] .
Gli altri profili
Da tutto ciò si evince che il profilo a T sia uno dei vari esistenti all’interno del mondo del lavoro.
Il più comune dei nostri tempi è quello a I , e proprio per l’importanza eccessiva data ai meccanismi della specializzazione dei quali abbiamo parlato. Il profilo a I, infatti, si riferisce a coloro che hanno una buona preparazione nel proprio settore ma scarsa al di fuori di esso.
Poi abbiamo il profilo a X , di solito dei manager, dei leader e o dei responsabili dei gruppi di lavoro. Sono dotati di abilità esecutiva , a guidare e motivare le persone e il team di lavoro, sono bravi nella strategia. E a questo integrano le competenze specifiche che posseggono.
E poi come dicevamo le T-Shaped, con la loro capacità di interconnessione e interdipendenza, e che possono evolversi in curiose combinazioni.
Come la M-Shaped , con le due stanghette verticali a simboleggiare due abilità specialistiche, oppure Pi-shaped , col pi greco, che combina M e T.
E ancora la Comb-shaped , oppure detta a forma di pettine, fatta di più competenze.
Infine la E-shaped , con una competenza specialistica e più competenze trasversali. In totale 4 esperienze (E), ovvero “Expertise” la competenza (linea verticale), e poi “Experience” esperienza, “Execution” esecuzione, “Exploration” esplorazione (le 3 linee orizzontali).
Bibliografia e sitografia
Gaito R., Perché la multidisciplinarità è un valore aggiunto
Lobenstine M., The Renaissance Soul: How to Make Your Passions Your Life – A Creative and Practical Guide , Experiment Llc, 2006.
Sher B., Refuse to Choose! A Revolutionary Program for Doing Everything that You Love , Rodale Pr, 2007.
Wapnick E., TEDxBend, Perché alcuni di noi non hanno un’unica vera vocazione
Wapnick E., How to Be Everything – A Guide for Those Who (Still) Don’t Know What They Want to Be When They Grow Up , Harperone, 2017.
Webinar & Live Q&A 6 Dicembre dalle 16:00
[1] Termine utilizzato in particolare nella filosofia di Leibniz, per indicare un’unità a se stante e non influenzabile da attività esterna
[2] Individui che si aggregano con modalità tribalistiche
[3] Postmodernità
[4] En-ciclopedia
[5] Video virale di Emily Wapnick
[6] Il multipotenziale
[7] Multipotenzialità
[8] Lavoro su di sé
[9] Intelligenza emotiva
[10] Colui che cerca la propria “vocazione”
[11] T-shaped