Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.
Quello a cui abbiamo assistito nel corso degli ultimi anni, almeno in Occidente, è il passaggio da un sistema politico, culturale, informativo e anche economico, di tipo democratico-liberale, pluralistico, con più modi di vedere e raccontare le cose, e maggiormente concorrenziale in economia, ad uno fondamentalmente monopolistico.
Grazie ai colossi della rete, e dell’economia, col tempo si è stabilito un unico modo di vedere e raccontare la realtà, un unico modo di ideare e addirittura di pensare, un unico modo di agire e di fare economia.
Il pluralismo sotto attacco, il pluralismo oramai “sorpassato”. Pochi gruppi che detengono tutto, alla stregua del medioevo, un novello medioevo, ma basato sull’economia e sull’ideologia-religione globalista.
Nel dettaglio parleremo di:
Webinar & Live Q&A 17 Novembre dalle 16:00
La fine delle liberal-democrazie
Uno dei passaggi chiave degli ultimi anni in ambito storico, politico, socio-economico e antropologico, è quello legato alla trasformazione della forma politica democratico-liberale in qualcos’altro. Almeno in Occidente, laddove cioè questa specifica forma si è maggiormente affermata.
Nel corso degli ultimi 30, ma forse 50 anni, abbiamo assistito al progressivo svuotamento del potere del popolo (dal greco démos-kràtos ), e a un progressivo spostamento di tali poteri verso centri che con il popolo hanno poco a che fare, se non sono addirittura suoi nemici.
Così le decisioni fondamentali vengono sempre meno prese nei parlamenti , organi di rappresentanza popolare secondo le liberal-democrazie, i quali al massimo ratificano direttive che giungono da altrove.
E non vengono prese nemmeno in quei corpi sociali o intermedi che poi dovrebbero costituire l’ossatura di una democrazia compiuta (sindacati, associazioni di categoria, amministrazioni locali, enti territoriali, scuole, famiglie, ecc.), i quali a loro volta diventano entità deputate a legittimare decisioni ricevute dall’alto o a far rispettare meri interessi di categoria o peggio ancora lobbistici.
Nuovo medioevo e signori globali
Le liberal-democrazie occidentali sembrano dunque essersi sempre più trasformate in novelle oligarchie di stampo medioevale , dove però diversamente che al medioevo, hanno al centro del proprio culto l’economia, la moneta e tutta una serie di (dis)valori che poco hanno a che fare sia con la religione cristiana, che con tutte le visioni spirituali della vita pre-moderne (vedere i culti New Age nell’epoca attuale).
I signori del nostro tempo sono nei gruppi bancari e nell’economia finanziaria , nei gruppi di coordinamento del mondo politico-economico, mediatico, di politica-internazionale e militare, nelle grandi lobby propagatrici delle ideologie del nostro tempo, nelle consorterie, società e circoli più o meno palesi, più o meno nascosti.
I vassalli del nostro tempo sono quegli esponenti del mondo della cultura, delle professioni, della politica e delle istituzioni mondiali o nazionali che in qualche modo beneficiano di tale dominio , pur non essendo i massimi.
E il resto è massa, servitù del lavoro, o della disoccupazione assistita visti i tempi e visto il modello da “sussidio permanente” che man mano sta venendo fuori nelle nostre metropoli.
Le piattaforme web: il campo di battaglia
Il principale veicolo di questo dominio, la voce del padrone si sarebbe detto in altri tempi, è rappresentato dai grandi colossi del web e delle loro piattaforme.
Ma le piattaforme web sono anche ben più di un semplice veicolo di comunicazione , oltre che appunto motori di ricerca di informazione.
Le piattaforme web costituiscono l’ossatura invisibile, per così dire, del suddetto novello medioevo.
Le piattaforme web costruiscono circuiti, reti, ma reti già informate di pensiero, un pensiero sempre più unificato, omologato e con suoi specifici sistemi di controllo , censura e autocensura.
Le piattaforme web creano per certi versi la realtà, l’iperrealtà[1] , la realtà costruita artificialmente , e che poi concretizza in quella tangibile, secondo uno schema ben conosciuto che è quello delle profezie che si auto-avverano[2] .
Da qui tutta una serie di tecniche, dalla finestra di Overton[3] all’ipersitizione[4] , che ben si attagliano al mondo di internet, delle piattaforme e dei colossi informatici.
Questo in un quadro di sempre maggiore controllo del sistema politico-economico complessivo e proprio attraverso il web. Un controllo che si forgia sia di uno specifico stadio biopolitico del potere[5] , dove appunto il potere mira direttamente a controllare e “sorvegliare” i soggetti e il loro corpo, con tanto di accumulazione di profitti economici sui dati ricavati dal web[6] ; sia di un vero e proprio sistema di censura, che dai social network alla società, impone cosa pensare e come pensarlo.
Le piattaforme web creano per certi versi la realtà, l’iperrealtà, la realtà costruita artificialmente, e che poi concretizza in quella tangibile, secondo uno schema ben conosciuto che è quello delle profezie che si auto-avverano.
Il sistema di censura e di controllo
Ma le piattaforme web hanno esse stesse un sistema preciso di censura e di controllo , che passa sotto il nome di norme contro l’incitamento all’odio, o per la verità scientifica e storico-politica.
Ovviamente quanto sia labile il confine tra questi reati nel senso pieno e il diritto di opinione in merito a questioni, vicende e leggi, è una cosa alla quale arriverebbe anche un bambino.
Opinioni talvolta censurate benché vere o veritiere, contenenti una buona quantità di giustezza scientifica e storica, pur ammettendo la fallibilità che va ammessa però per qualunque opinione.
Ma oltre alle opinioni nel corso del tempo sono state censurate le pagine social di intellettuali, filosofi, scienziati e persino di presidenti di Stati politici.
Il sistema di censura ha però anche altri metodi, a partire innanzitutto dai cosiddetti fact checker , ovvero gruppi di operatori sostanzialmente pagati per smentire tutto ciò che non rientra nei canoni di verità stabiliti dalle stesse piattaforme, ovvero dai poteri dominanti, magari semplicemente alterando il significato delle cose.
In particolar modo abilitati nella lotta alle fake news. Una specie di eresia moderna, notizie che non rispondono a “supposte” verità scientifiche, storiche, politiche ed economiche.
O ancora, e più semplicemente, i censori sono gruppi o singoli naviganti che armati sempre delle suddette “verità” o “opinioni e ideologie” dominanti, corrette, “politicamente corrette”, attaccano, trollano[7] , o segnalano agli organismi preposti dai colossi del web tutti coloro che divergono da tali presupposti.
Pensiero unico, politicamente corretto e psicopolizia
Il discorso sulla censura in rete ne apre uno più complesso legato al modo di pensare, alla forma mentis, della società attuale, in particolar modo in Occidente. Un modo di pensare che potremmo definire a “banda unica”, o meglio un “pensiero unico” fatto di dogmi, assiomi, luoghi comuni, stereotipi, pregiudizi.
Dalla storia alla scienza, dalla politica all’economia, dalla politica internazionale a quella nazionale e tanto altro ancora, un’insieme preimpostato di modi di pensare, di dire, di ragionare, di relazionarsi, di atteggiarsi, ecc.
Il pensiero unico ha un suo grande strumento che è il “politicamente corretto”.
Il politicamente corretto non è un semplice modo educato di porsi, né tantomeno il semplice rispetto culturale e verbale delle cosiddette minoranze portatrici di diritti, il politicamente corretto è un vero e proprio sistema di censura e addirittura auto-censura , nel quale il soggetto viene impossibilitato nel pensare o esprimere idee, opinioni, concetti e ragionamenti che vadano al di là del suddetto pensiero unico.
L’applicatore massimo del politicamente corretto è il poliziotto del pensiero. Lo psicopoliziotto , figura che viene fuori dalla pubblicistica orwelliana[8] , è appunto il sanzionatore di tutto ciò che diverge , è colui che imbevuto di pensiero unico politicamente corretto, letteralmente “sbrocca” all’ascolto, o alla lettura per quanto riguarda i social network, di tutto ciò che non è conforme al pensiero unico e che si è installato e sedimentato dentro di sé.
Economia e politica: oltre liberalismo e liberismo
Ma il pluralismo, e più nel complesso la liberal-democrazia, volge al termine anche da un punto di vista economico.
In particolare negli ultimi 30 anni, con la venuta meno di sistemi di contrappeso politico-ideologici al dominio dell’ideologia liberale (pensiamo al social-comunismo quanto a certe forme cristiano-democratiche in paesi europei come l’Italia), tale ideologia si è trasformata in chiave totalitaria, nel neoliberalismo.
E il neoliberalismo, ha come braccia economiche le dottrine ordoliberiste o neoliberiste o di liberalismo sociale, ovvero forme di liberismo più o meno regolamentate o ordinate a livello istituzionale (compresa l’azione riguardante la stabilizzazione della moneta), e volte alla socialità (soprattutto il terzo tipo).
Questi sistemi di regolazione del mercato, tuttavia, hanno come unico effetto il dominio di pochi grandi gruppi, con la creazione di una ben precisa ideologia del mercato , come metro unico di giudizio dei fatti umani e politici.
Pochi gruppi, monopoli, corporation, trust, giganteschi feudi di proprietà di pochi signori, i quali governano su una gigantesca massa di servi, con la casta intermedia dei vassalli , ovvero degli “yes man” del pensiero unico e dell’economia sopramenzionati.
Tra questi gruppi inseriamo in ambito economico sicuramente i grandi colossi bancari, le multinazionali, i grandi colossi della tecnologia (Big Tech)[9] .
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Uscire dalle piattaforme: i casi Lush e Unicredit
Come abbiamo detto tutto il sistema economico e tecnologico-mediatico, oltre che politico, culturale e informativo, volge ad una sua integrazione , ad una totalizzazione potremmo definire in altri termini, e a un dominio monopolistico in tutto il campo, che con la globalizzazione poi corrisponde a tutto il globo – in maniera integrale almeno nel mondo occidentale.
Tuttavia esistono vie di fuga, possibilità alternative a tale integrazione di sfere e pur rimanendo all’interno del sistema economico vigente e del sistema mediatico-web dominante abbiamo due casi di enti economici che sono usciti da alcune piattaforme web principali.
È il caso dell’azienda di cosmetici e prodotti da bagno Lush che a partire dal novembre 2021 abbandona le piattaforme social dei 48 paesi nei quali opera (Facebook, Instagram, TikTok e Snapchat).
L’azienda ha abbandona le piattaforme in seguito allo scandalo dei Facebook files, dove un ex dipendete del social network dichiarò della potenziale dannosità per la salute mentale delle persone. Dannosità coperta dalla stessa Facebook.
Su queste basi, e sulla base del proprio orientamento etico, la Lush che opera proprio nella salute e nel benessere ha deciso per sua coerenza di abbandonare il social network.
L’annuncio proprio su Instagram con un appello rivolto agli utenti “Be somewhere else”: “Vogliamo incoraggiare i nostri clienti a smettere di scorrere ed essere invece da qualche altra parte […] Vogliamo impegnarci con voi in luoghi che si prendono cura di voi e del vostro benessere mentale”.
Ma ancora, la banca Unicredit nel 2019 abbandona Facebook e le sue controllate Messenger e Instagram , in seguito al caso Cambridge Analitics, lo scandalo dell’utilizzo dei dati estratti da Facebook nelle vicende politico-elettorali americane.
Ma anche per le modalità secondo le quali il gruppo Facebook continua a gestire questi dati, tra cui quelli dei clienti delle banche.
Infine, si sospetta che vi sia un’intenzione da parte di Facebook di crearne una propria di banca, oppure che i suoi dati possano giungere nelle mani di concorrenti.
Insomma per motivi etici o di interessi, sia nel primo che nel secondo caso abbiamo due nomi che hanno deciso di uscire dal circuito delle piattaforme social principali.
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Uscire dalle piattaforme: i nuovi inizi
Ma vi è un’altra possibilità di fuoriuscita dalle piattaforme social importanti ed è quella legata ai “nuovi inizi”.
Infatti sia Balenciaga che Bottega Veneta, entrambi brand di moda, hanno deciso nel 2021 di uscire dalle piattaforme Instagram il primo e Instagram, Facebook e Twitter il secondo.
L’idea che i consumatori, i followers e gli analisti si sono fatti di questa decisione è quella secondo la quale la fuoriuscita dalle piattaforme social, la scomparsa dalle scene, possa essere la base per un reset, un nuovo inizio con il quale i marchi si ripresentano sulle scene.
Una pratica comune a molti cantanti, attori, personaggi famosi vari, ma che investe anche il mondo della moda a quanto pare – è stato il caso anche di Saint Laurent e di KKW Beauty (il marchio di Kim Kardashian).
Dunque delle vere e proprie strategie di marketing, adottate però solo dai marchi più importanti: uscire dalle piattaforme, e la relativa suspence per il possibile nuovo inizio, che genera a sua volta un nuovo boom.
O ancora quella dello sfruttamento del passaparola e di una comunicazione “diretta” o “indiretta”, “artigianale”, e non in serie, meccanica, con un’unica emissione di informazioni tipica dei social network.
Del resto, alcuni di questi stessi marchi (Saint Laurent e Bottega Veneta) lasciano “aperte” delle pagine per i followers, dove è possibile continuare a confrontarsi e a comunicare, costituendo magari la base di nuove operazioni imprenditoriali e commerciali.
Vere e proprie strategie di marketing, quelle adottate dai marchi più importanti: uscire dalle piattaforme, e la relativa suspence per il possibile nuovo inizio, che genera a sua volta un nuovo boom.
Da The Truth Social a Sfero: fuori dal sistema
Come abbiamo avuto modo di dire nel precedente articolo su etica e mondo del web, esistono delle possibilità, delle sacche alternative che pur all’interno di un sistema basato su una tecnologia precisa, e su un modello economico preciso portano fuori in qualche modo da tale sistema.
Nel mondo del web questo discorso può essere fatto riguardo le piattaforme social alternative. E ve ne sono diverse che divergono, in maniera parziale o in maniera integrale.
Diciamo a riguardo che il livello di integrazione è dato da quanta parte del monopolio in ambito del sistema economico, politico, culturale, informativo e web viene accettato.
E quindi partiamo da The Truth Social, il social network creato da Donald Trump dopo il suo blocco da Facebook, Instagram e Twitter. Si legge sul sito “Truth Social è la piattaforma di social media americana ‘Big Tent’ che incoraggia una conversazione globale aperta, libera e onesta senza discriminare l’ideologia politica. Al momento Truth Social è disponibile solo per gli utenti statunitensi, ma ti assicuriamo che stiamo lavorando sodo per renderlo disponibile nel tuo paese.”
Interessante notare a riguardo l’acquisto di Twitter da parte di Elon Musk[10] , dopo continui ripensamenti e cambi di scena[11] . Interessante in particolare per un aspetto, e cioè per una certa critica effettuata dal magnate di origini sudafricane verso determinati schemi mentali e di pensiero[12] .
“The bird is freed” (l’uccellino è stato liberato), commenta il CEO di Tesla, riferendosi proprio ad una liberazione della piattaforma dal pensiero unico.
Liberazione avvenuta con dei primi atti concreti, ovvero il licenziamento di numerosi top executive.
A cominciare dall’amministratore delegato e dal direttore finanziario, compreso colui che decise la chiusura della pagina di Donald Trump.
Questi, mentre attende la riapertura della stessa commenta: “contento che ora sia in mani sane”.
O ancora abbiamo VK, la piattaforma russa nata nel 2006 come rete sociale degli studenti , e che si dice abbia avvicinato anche Edward Snowden.
Nel 2014 viene rilevata da Igor’ Ivanovič Sečin imprenditore vicino alla presidenza Putin.
Ma casi di questo genere, forse più indipendenti sono quelli di Telegram, il social network di messaggistica non a scopo di lucro nato da Nikolaj e Pavel Durov, fondatori anche di VK.
E Rumble, la piattaforma canadese video alternativa a YouTube fondata nel 2013 da Chris Pavlovski, e alla quale si sono iscritti numerosi politici americani (tra cui sempre Donald Trump) dopo aver attestato i metodi censori proprio di YouTube.
Dal punto di vista di un’indipendenza sempre maggiore abbiamo Sfero, il social network alternativo italiano. Si legge sulla pagina “Sfero è una sfida. Sfidiamo un sistema che utilizza gli esseri umani come merce di scambio, ma il nostro più grande avversario non è il sistema. Il nostro target è composto da quelle persone che si sono adattate al sistema, quelle persone che hanno perso la speranza, quelle persone ormai incapaci di immaginare un’alternativa”.
Ma la lista si compone ulteriormente di altri social[13] . E quindi abbiamo:
Must, un social network per gli amanti del cinema . Una sorta di assistente personale al quale chiedere consigli di ogni sorta riguardo i film
Data world, un social network utile all’individuazione, all’analisi e alla governance dei dati delle persone
Ello, un Creators Network, per i creators e fatta dai creators . Una comunità globale di artisti, designer, musicisti, illustratori, creatori di gif, architetti, tutti accomunati da valori condivisi e dalla passione
Zyl, un social network incentrato su fotografie e ricordi
Awesome social network alternativo e gratuito . Armato di valori cristiani, e utile a mettere in circolo “bontà”, attraverso strumenti, modelli e ricompense per la creazione di contenuti originali
Winout, un nuovo modello di social network, che guida l’utente e lo mette a proprio agio
Journey, un social network che aiuta la “positività” e a superare le sfide fisiche, mentali e di altro tipo
Oh Shoot! Un social network, per la condivisione di storie divertenti
Gli Open source
Tutto questo discorso, ovviamente, abbraccia anche gli Open source, ovvero “sorgente aperta”, software basati sulla decentralizzazione dei file sorgenti , la cui storia si intreccia sia con il movimento a “contenuto aperto”, dove è disponibile liberamente non la sorgente ma il contenuto (es. Wikipedia), che con i software liberi, dove il codice è consultabile e modificabile.
E dunque, codice sorgente accessibile, e che sia modificabile ed esaminabile da chiunque e rispettando delle regole ben precise[14] .
Poi “decentralizzazione”, con tanti server che gestiscono tutto – e interessante è quella sorta di federazione creatasi tra tutti questi server e denominata “fediverso”.
Infine i “protocolli aperti”, ovvero la possibilità di poter parlare anche sulla base di provider diversi (es. da yahoo e gmail).
Gli Open source più famosi sono VLC, Gimp, 7-Zip, OpenOffice, LibreOffice, Rufus.
E ancora il web browser libero e il multipiattaforma Mozilla Firefox, e poi Mastodon (simile a Twitter), PeerTube (simile a Youtube), Mobilizon (simile a Facebook eventi), Funkwhale (per musica con licenza creative commons[15] e podcast), Friendica (un social network), Pixelfeld (simile a Instagram), Lemmy (un social network), WriteFreely (un blog), Pleroma e Misskey (simile a Mastodon), e per la messaggistica Matrix, XMPP, Owncast e BookWyrm[16] .
Menzioniamo in questo quadro anche il motore di ricerca Duck Duck Go, che utilizza informazioni in crowdsourcing e consente l’anonimato attraverso il sistema Tor.
Bibliografia
Siconolfi R., Il Nuovo Totalitarismo e la Rivoluzione della Coscienza , Aga Editrice, 2019.
Orwell G, 1984 , Mondadori, 2016.
17 Novembre dalle 16:00 Webinar & Live Q&A
[1] Iperrealtà
[2] Il principio fu introdotto dal sociologo Robert K. Merton, per cui “una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria veridicità”.
[3] La “finestra di Overton”, creata dal sociologo statunitense Joseph P. Overton, è una tecnica di comunicazione, persuasione e manipolazione delle masse, grazie a uno schema ben collaudato. Essa è in grado di “rendere accettabile un’idea inaccettabile”, introducendola a poco a poco nell’opinione pubblica, in base al suo grado di recettività.
[4] Per il filosofo Nick Land le iperstizioni sono “profezie autoavverantisi” e che hanno successo nel mondo della cultura e dei social media.
[5] Si vedano gli studi di Michel Foucault.
[6] L’etica nel mondo digitale
[7] Chi interagisce in modo provocatorio nella community internettiana.
[8] In 1984 (1949) George Orwell delinea questo corpo paramilitare addetto al controllo della popolazione e a sanzionare lo “psicoreato”, cioè il “non conformarsi”, anche in maniera inconscia, a quanto imposto dallo Stato totalitario del “Grande Fratello”.
[9] I grandi colossi della tecnologia
[10] Elon Musk
[11] Cambi di scena
[12] Schemi mentali e di pensiero
[13] Social alternativi
[14] Regole ben precise
[15] Creative commons
[16] BookWyrm