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Mutare o perire: il transumanesimo oltre la vulgata – Intervista a Riccardo Campa

18 Luglio 2025|Interviste, News AML|
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A proposito dell'autore

Roberto Siconolfi – classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo.

Riccardo Campa, professore ordinario di sociologia e direttore del Centro di Ricerche sulla Storia delle Idee dell’Università Jagellonica di Cracovia. Ha fondato l’Associazione Italiana Transumanisti e si occupa soprattutto di sociologia della scienza e della tecnica.

A intervistarlo è Roberto Siconolfi, sociologo, saggista e mediologo. Collabora dal 2016 con numerose riviste e giornali cartacei e on line. Scrive saggi e pubblicazioni scientifiche presso il CRIFU, ha insegnato Sociologia e mediologia alla UniTre, è relatore per il canale YouTube Libreria Cavour Esoterica. È, inoltre, relatore per Lab Academy e autore di molti dei nostri blog post.

Roberto Siconolfi: Professor Campa, il transumanesimo è un corpus di teorie filosofiche, ideologico-politiche, applicative tecno-scientifiche e sperimentali, che mirano alla libertà morfologica e al miglioramento della specie. Ci può definire quale la mission del movimento transumanista, quale la sua elaborazione teorica, quali i suoi scopi concreti e applicativi e in quali ambiti della vita umana?

Riccardo Campa: Cercherò di essere sintetico, anche se l’argomento è molto ampio e complesso. Il transumanesimo – come lei ha detto – è fondamentalmente una dottrina filosofica, che si può combinare però con diverse dottrine politiche o credi religiosi. Il transumanesimo parte dalla constatazione che l’essere umano è estremamente fragile. È facile ammalarsi e morire. L’aspetto drammatico è che siamo consapevoli della nostra fragilità e mortalità, a fronte di aspirazioni molto più alte che albergano nel nostro spirito. 

Da questa consapevolezza nasce sia il sentimento religioso sia il pensiero scientifico. I transumanisti sostengono che è moralmente giusto utilizzare le tecnologie via via disponibili per potenziare l’essere umano e in particolare per migliorare le funzioni cognitive, allungare l’aspettativa di vita e rallentare (o, se possibile, fermare) il processo di invecchiamento. Esiste un transumanesimo ante litteram e uno post litteram. 

Una delle più antiche opere letterarie, pervenutaci più o meno completa, è l’Epica di Gilgamesh. Risale a quattromila anni fa. La storia racconta di un re sumero che va alla ricerca del segreto della vita eterna e dell’eterna giovinezza. Sono due concetti distinti. Prima cerca di ottenere la vita eterna, ma non ci riesce. Un personaggio che è l’equivalente di Noè nella Bibbia – c’è proprio la stessa storia del diluvio universale, ancora più dettagliata – gli spiega che l’immortalità è un dono che lui ha ottenuto da un Dio per avere portato in salvo le specie viventi. Non può essere dunque ottenuta con un farmaco. 

Simbolicamente, questa storia spiega la differenza tra l’eternità promessa dalle religioni e l’allungamento della vita promesso dalla scienza, che proprio per questo sono compatibili. Si può cercare l’una e l’altra. Per quanto riguarda la vita terrena, Gilgamesh si accontenta allora dell’idea di eterna giovinezza, ovvero accetta il fatto che un giorno morirà, ma fino a quel momento resterà sempre giovane. Fallisce anche in questo tentativo, ma se la storia vi incuriosisce potete leggere il mio libro “Eterna giovinezza” o magari l’opera originale sumero-babilonese. 

In ogni caso, quella dell’eterna giovinezza è un’idea che poi ritroviamo in tutta la tradizione alchemica, antica e medievale. Possiamo dunque dire che il transumanesimo (ante litteram) è l’idea più antica del mondo. Del resto tutta la storia della medicina altro non è se non un incessante sforzo per allungare la vita umana, sfidando i limiti biologici del corpo, che non sempre riesce a difendersi adeguatamente dalle malattie. 

Il termine “transumano” è stato introdotto nel XX secolo da un paleontologo, il gesuita Pierre Teilhard de Chardin, per indicare l’ultimo stadio dell’evoluzione umana. Per semplificare: dopo le scimmie antropomorfe compare l’umano. Seguirà l’ultra umano che è l’uomo potenziato grazie alla biomedicina e alle sue protesi tecnologiche, i dispositivi elettronici (Teilhard ne parlava già quasi cento anni fa). Infine arriverà il momento del transumano, che per il gesuita era l’incontro dell’umano potenziato con il Cristo cosmico. Per lui l’evoluzione bio-tecnologica era santa. 

Poi, Julian Huxley, che era un biologo inglese e conosceva personalmente Teilhard, lancia una versione laica di questa visione del futuro e chiama “transumanesimo” la filosofia dell’evoluzione autodiretta. Sostiene che nel momento in cui abbiamo scoperto di essere immersi in un processo evolutivo dobbiamo assumerne la guida. Ma lo dice senza trionfalismi. Anzi, afferma che non siamo pronti per questo. Tuttavia, non possiamo più sottrarci all’incarico e continuare a vivere nell’illusione di essere in un universo geocentrico e fissista. 

Tutte le nostre scelte, consapevoli o meno, hanno un impatto sull’evoluzione della nostra specie. Siamo noi i creatori di noi stessi. Anche vietare una tecnologia spingerà l’evoluzione in una certa direzione piuttosto che un’altra e quindi bisogna riflettere sulle possibili conseguenze. Questo è il succo del discorso transumanista.

Roberto Siconolfi: Qual’è la differenza, invece, tra transumanesimo e postumanesimo?

Riccardo Campa: Transumanisti e postumanisti spesso s’incontrano nelle stesse conferenze, perché qualche idea in comune c’è. In particolare, c’è in comune l’idea di superare l’antropocentrismo o umanismo. Però, ci sono anche differenze radicali. Intanto è diverso il background disciplinare. I transumanisti hanno fatto per lo più studi di storia, filosofia o sociologia della scienza, se vengono dal campo umanistico – è il mio caso o quello di Nick Bostrom – oppure di informatica, biologia, medicina, fisica, ingegneria, se vengono dal campo delle scienze naturali. I postumanisti vengono invece più dall’area dei cultural studies, gender studies, ideologia woke, arte contemporanea, cancel culture e via dicendo. 

Roberto Siconolfi: Una branca del post-marxismo, potremmo dire…

Riccardo Campa: Potrebbe anche essere definita in questo modo, anche se non so se Karl Marx sarebbe entusiasta di questi sviluppi. Del resto, già allora diceva: “Je ne suis pas marxiste”… perché vedeva i suoi seguaci andare in direzioni che non erano di suo gradimento. 

Comunque, questo discorso ci allontanerebbe troppo dal nostro tema. In ogni caso, uno studioso che cerca di creare un ponte è Stefan Lorenz Sorgner, che organizza conferenze in cui invita transumanisti e postumanisti. 

Entrambi i movimenti dicono: dobbiamo smettere di considerare l’uomo il centro dell’universo. Ma qui finiscono le similitudini. I transumanisti vogliono andare oltre l’uomo e se possibile creare il superuomo, magari fondendosi con le macchine, per espandersi e colonizzare l’universo. 

Dietro il transumanesimo, che lo si voglia ammettere o no, c’è la volontà di potenza nietzschiana. I postumanisti, che pure leggono Nietzsche – ma un Nietzsche depotenziato, filtrato dalla filosofia postmoderna, dal pensiero debole – guardano con orrore al programma transumanista. Anche se dialoghiamo amichevolmente, in una conferenza alla quale ero presente, Francesca Ferrando ha preso apertamente le distanze dal transumanesimo. 

Nel campo postumanista, c’è per esempio Patricia MacCormack, che insegna filosofia continentale all’Università di Cambridge, la quale difende il mortalismo. È una cosiddetta “death activist”, attivista della morte. In pratica invita gli esseri umani a non riprodursi e, se possibile, a suicidarsi e finalmente estinguersi, per lasciare il pianeta alle altre specie viventi. Per noi transumanisti, questo è nichilismo puro. Noi, al contrario, vogliamo espandere indefinitamente la vita, siamo per la longevità estrema, la riproduzione, l’espansione su altri pianeti. Capisce quindi che le distanze sono siderali.

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Roberto Siconolfi: Spesso si pensa al transumanesimo solo in relazione ad alcuni dei suoi aspetti ed aspettative limite, come la Singolarità, il mind uploading, o addirittura la “vita eterna”, quali sono invece i settori di ricerca effettivi della proposta transumana, in ambito medico, tecnico e scientifico?

Riccardo Campa: Le dirò che, personalmente, il mind uploading non mi ha mai convinto molto. In ogni caso, mi preme dire che la “vita eterna” non è mai stata un obiettivo transumanista. Nei nostri documenti ufficiali, si è sempre parlato di longevità estrema. 

Capita che, di tanto in tanto, un giornalista, per fare sensazionalismo, spari il titolo ad effetto, per esempio: “Il movimento che annuncia l’immortalità”. E il transumanista di turno che viene intervistato sta al gioco, per attirare l’attenzione dei lettori. È capitato anche a me. Gli obiettivi reali del transumanesimo sono fondamentalmente due. Il transumanesimo cosiddetto “wet” – bagnato – si occupa del superamento dei limiti biologici umani, per potenziare il corpo e la mente, sconfiggere malattie oggi incurabili, allungare l’aspettativa di vita e fermare l’invecchiamento, anche se questo potrebbe richiedere una parziale modifica del genoma umano. 

Come ho detto all’inizio, è un processo che comunque s’innesta nella storia della medicina. La medicina già utilizza terapie geniche. Si tratta, naturalmente, di raggiungere un soddisfacente livello di sicurezza delle terapie più rivoluzionarie.

L’altro filone, quello del transumanesimo “dry” – asciutto – è invece incentrato sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Lo scopo è creare l’AGI, l’intelligenza artificiale generale, un’intelligenza milioni di volte superiore alla nostra, e – se possibile – risvegliare la coscienza in queste macchine. Questo perché, fondendo poi i nostri cervelli con l’AGI, anche con mezzi non invasivi, per esempio con un dispositivo applicato all’esterno del cranio, potremo forse potenziare la nostra intelligenza, la nostra memoria, la nostra consapevolezza, la nostra coscienza, raggiungendo esperienze spirituali di ordine superiore. Potremo capire molto di più di noi stessi e del mondo che ci circonda.

Roberto Siconolfi: E circa le due associazioni massime del movimento transumanista, la WTA e l’EXI, quale la loro genesi, che cosa dicono e cosa vogliono di concreto e di reale?

Riccardo Campa: L’Extropy Institute era stato fondato in California negli anni ottanta, da Max More. Aveva un’impostazione libertaria e liberista in economia. Ne parlo al passato perché poi è stato chiuso e – dopo qualche tensione – alcuni suoi membri più rappresentativi, come appunto Max More e Natasha Vita More, sono confluiti in Humanity Plus, che è la nuova denominazione della vecchia World Transhumanist Association, fondata negli anni novanta da Nick Bostrom e David Pierce. 

In realtà, poi sono fioriti mille fiori, per usare un’espressione maoista, nel senso che le organizzazioni di orientamento transumanista ormai non si contano più. Poiché c’erano differenze interne di natura politica e religiosa che non sono mai state del tutto composte, sono poi nate organizzazioni più definite sul piano ideologico. 

Le interminabili discussioni, se sia meglio il capitalismo o il socialismo, o se sia preferibile l’ateismo o la spiritualità, tendevano a paralizzare le organizzazioni. Per quanto mi riguarda, pur essendo il fondatore dell’Associazione Italiana Transumanisti e pur essendo stato anche membro del direttorio mondiale della World Transhumanist Association, da una decina d’anni mi sono tirato fuori dall’associazionismo transumanista e “lavoro” in proprio. Continuo a scrivere libri e fare conferenze, ma non sono il portavoce di nessuno. Perciò sono anche libero di dire un po’ quello che mi pare. 

Mutare o perire: il transumanesimo oltre la vulgata - Intervista a Riccardo Campa

Roberto Siconolfi: Le dico reale, perché, il movimento transumanista e il transumanesimo più in generale, vengono additati da certi settori della società civile, della politica e delle cultura “alternativa”, come la bestia malefica, se non satanica, numero uno da combattere, il non plus ultra di un modello umano materialistico e anti-spirituale. E ancora, il sogno, scusi il termine, “bagnato” di tutte le congreghe e circuiti di potere, altrettanto malefici e satanici, grazie ai quali creare un uomo-robot perennemente schiavo rispetto ai voleri di una super élite, sempre malefica e satanica. Quanto c’è di vero in questa narrazione, o quanto c’è di parzialmente vero o di confuso in questa narrazione?

Riccardo Campa: Beh, questa è una teoria del complotto. Faccio però una premessa, a scanso di equivoci. Non sono il tipo di persona che traccia una linea netta e mette da una parte tutte le teorie del complotto, che sarebbero per definizione false e fantasiose, e dall’altra le narrazioni che vengono dai media ufficiali e dalle istituzioni, che sarebbero per definizione verità specchiate e incontrovertibili. 

Questa è una visione semplicistica e contraddetta dai fatti. I complotti esistono. Lo sappiamo perché dopo trenta, quaranta, cinquant’anni vengono desecretati – “declassified”, come dicono gli anglosassoni – documenti che confermano la realtà di certi complotti, come per esempio elezioni truccate, operazioni false flag, assassini politici, ecc. Esistono però anche teorie del complotto piuttosto bizzarre. 

Poiché sono un insider, so per certo che le teorie complottiste che riguardano il movimento transumanista sono false. Voglio però andare più in profondità nella questione. Alcuni critici del transumanesimo accusano questa dottrina di essere nemica della libertà. Il movimento transumanista sarebbe – ho sentito anche questa – una specie di loggia segreta che vuole innestare microchip nei cervelli della gente, contro la loro volontà, per controllarli, come si fa con le pecore. 

Lo scopo non sarebbe il potenziamento umano, ma il controllo sull’essere umano. E le scelte non sarebbero volontarie ma imposte. A parte che io non ho mai incontrato un transumanista che avesse questi piani. In questa narrazione, c’è anche una certa confusione. Si confondono i tecno-oligarchi con i transumanisti. Non sto negando che i tecno-oligarchi censurino e sottraggano informazioni agli utenti, ma non mi risulta che Jeff Bezos, Mark Zuckemberg o Elon Musk siano iscritti alle nostre associazioni. 

Roberto Siconolfi: Infatti, Elon Musk può difficilmente essere definito transumanista, anche se porta avanti progetti interessanti che possono essere sinergici rispetto al progetto transumanista…

Riccardo Campa: Sì, tra l’altro gli anti transumanisti tendono a vedere un unico blocco di potere occulto, contro il quale puntano il dito, senza rendersi conto che esiste una tensione all’interno della stessa oligarchia. Un giorno il cattivo di turno è Klaus Schwab, il fondatore del World Economic Forum. Quella sarebbe la centrale del transumanesimo globale. Poi il cattivo diventa Elon Musk.

Mi sovviene ora un articolo di Marcello Veneziani che, in pratica, riconduce tutto il transumanesimo a Musk, uomo solo ma potente che sfida il Destino e il Divino (Cfr. M. Veneziani, “Elon Musk, il messia inquietante”, «Panorama», n. 43, 19 ottobre 2024). Questo tipo di operazioni servono per tranquillizzare le coscienze degli anti-transumanisti. Se il transumanesimo è riconducibile a una persona, il Satana di turno, o a un piccolo gruppo di potere, li togli di mezzo e hai risolto il problema. Ma questa è una narrazione inautentica. 

Ci sono milioni di ricercatori che lavorano in laboratori scientifici, università, grandi aziende e agenzie governative che portano avanti il progetto transumanista. Lavorano in America, in Russia, in Cina, in India, in Europa. Come fai a fermare tutto questo? Inoltre, non si rendono conto che i cattivi di turno spesso sono in lotta tra loro. Elon Musk ha duramente criticato Klaus Schwab e il circolo del World Economic Forum. Questi parlano – ha detto – come se reggessero loro le sorti del mondo. 

Nei loro report dicono ciò che le grandi corporation e i governi dovrebbero fare, per dare corpo alla quarta rivoluzione industriale. Ma chi li ha eletti? Chi ha dato loro questo mandato? Se c’è la democrazia, saranno i popoli sovrani a decidere il proprio destino. Questo ha detto Musk. 

Insomma, il complottismo si regge talvolta su semplificazioni manichee non meno dell’informazione ufficiale. Più in generale, l’ironia è che i difensori della libertà invocano moratorie, divieti, regole, quindi limitazioni della libertà. Chi si preoccupa della propria libertà la vuole dunque negare agli altri. 

A me sembra un nonsenso. Diciamo che in ogni società ci sono comportamenti ammessi e non ammessi, sicché nessuno è mai completamente libero di fare ciò che gli pare. È vero però che ci sono società più permissive e altre meno. Se lei va a leggere gli statuti delle varie associazioni transumaniste che esistono nel mondo, scoprirà che i transumanisti sono dichiaratamente libertari. Se poi, però, le tecnologie vengono utilizzate per “sorvegliare e punire”, per citare il frasario di Michel Foucault, l’accusa di liberticidio va rivolta direttamente a chi utilizza le tecnologie in quel modo, alle agenzie di sicurezza, al Deep state, alle corporation che attraverso lo smartphone acquisiscono i nostri dati, e via dicendo. Non certo ai transumanisti che usano e propongono di usare queste tecnologie per ben altri scopi. 

Roberto Siconolfi: Quanto invece al fronte luddista, quel movimento che si batte contro la tecnologia tout court dall’avvento delle grandi innovazioni tecnologiche, è un fronte trasversale, ma la sua origine sta, forse, nei grandi potentati economico-politici, più inclini, al progetto della cosiddetta transizione ecologico-digitale, e in chiave prettamente elitista ed inconsapevole per le masse?

Riccardo Campa: Alcune preoccupazioni degli anti-transumanisti sono irrazionali, mentre altre hanno senso. Tra quelle irrazionali c’è la paura del nuovo. Per esempio, i nostri critici oggi temono molto l’intelligenza artificiale che ancora non ha causato i tanti paventati disastri – sto pensando a film apocalittici come Terminator e Matrix – mentre non si preoccupano più di tanto dell’automobile che ha come effetto collaterale indesiderato almeno un milione di morti all’anno e diversi milioni di feriti. 

Provi a immaginare dei robot antropomorfi che camminano nelle nostre strade e ammazzano un milione di esseri umani all’anno. Ora, perché ciò non è ancora accaduto, l’idea ci fa tremendamente paura. Ma, se tanto mi da tanto, nessuno ci farebbe più caso se si abituasse alla situazione. Tutto ciò è irrazionale. Questo è tipicamente umano. Per l’umano medio, l’abitudine è più forte della ragione. 

Noi dovremmo essere inorriditi da entrambi gli scenari, e in misura maggiore da quello reale che non da quello ipotetico. Dovremmo essere innanzitutto preoccupati di fronte a ciò che accade ora nelle strade. Più che un ipotetico Terminator, dovrebbe farci paura l’automobilista maleducato che passa col rosso, non si ferma di fronte alle strisce pedonali, guida ubriaco, va a velocità troppo sostenute mettendo in pericolo la vita delle persone, e via dicendo. 

Da quando si è diffusa capillarmente la motorizzazione, si è arrivati a una cifra di morti vicina a quelli provocati dalla seconda guerra mondiale. Ma l’essere umano ci ha fatto l’abitudine, quindi è terrorizzato dall’IA che ancora non ha provocato danni comparabili. È, come dicevo, neofobia, paura del nuovo. Ci sono, però, anche preoccupazioni che hanno un fondamento. 

Per forgiare il nostro codice genetico ci sono voluti milioni di anni. È chiaro che serve una certa cautela – anzi, direi molta cautela – prima di introdurre in esso modifiche, magari ereditabili. Insomma, c’è il timore, fondato, che alcune grandi corporation mettano il profitto davanti alla sicurezza. Però, di questo non si può accusare il transumanesimo, semmai il capitalismo neoliberista. La filosofia transumanista si limita ad argomentare che la tecnologia non è un male intrinseco. 

Possono però esistere mali estrinseci. In parole semplici, il transumanista dice sì, per esempio, a un farmaco che rallenta l’invecchiamento. Se però questo farmaco, per errore o corruzione del sistema, è stato approvato nonostante faccia più male che bene, ovvero, invece di potenziare, depotenzia o uccide, allora – per definizione – non è un farmaco transumanista. 

Ma il dito, lo ripeto, va puntato contro l’oligarca senza scrupoli che mette in commercio un prodotto pericoloso e le agenzie di controllo che non fanno il proprio dovere, non certo contro il filosofo che difende in linea di principio il potenziamento umano. Questo discorso vale anche per l’intelligenza artificiale che viene appunto usata per sorvegliare, invece che per liberare l’uomo.

Roberto Siconolfi: Venendo più a un discorso tecnico, è davvero possibile definirsi, nel XXI secolo, anti-transumanisti, o addirittura anti-tecnologici, quando oramai il grado di integrazione dell’uomo, o meglio dell’Homo Sapiens, alla macchina e alle forze delle tecnica è tale, che la modifica antropologica è già in atto? Riprendendo Fukuyama, che lei cita nel suo “Mutare o perire” (Orbis Idearum Press, 2024), vi è già un transumanesimo implicito, e siamo già immersi all’interno di esso?

Riccardo Campa: Lo sviluppo tecnologico è un processo inarrestabile che è iniziato secoli fa e s’intensifica. È velleitario chiedere di fermare l’intelligenza artificiale. Moratorie e messe al bando non sono praticabili. Che facciamo? Chiudiamo i politecnici? C’è una lotta a livello globale, tra le grandi potenze, per l’egemonia in questo campo. 

Gli Stati Uniti, la Russia, la Cina investono molte risorse nell’intelligenza artificiale, perché è un’arma. Lo vediamo nella guerra in Ucraina, o negli scontri tra Iran e Israele. La scienza è potenza, come diceva Francesco Bacone. Chi rinuncia alla tecnologia rinuncia al potere. Chi rinuncia al potere perde la libertà. Se l’Europa, ossessionata dai regolamenti e dai limiti, in nome del principio di precauzione, si tira indietro dalla lotta, non fa che consegnarsi nelle mani delle altre potenze. La tecnologia è pericolosa per chi non ce l’ha.

E questo vale anche per le classi sociali. Visto che prima abbiamo citato Marx, lo ritiro in ballo. Marx diceva: “appropriamoci dei mezzi di produzione”. Ebbene, i mezzi di produzione altro non sono se non i macchinari industriali, le tecnologie. Se lasci la robotica e l’intelligenza artificiale nelle mani dei capitalisti, la useranno per ridurre la manodopera e il costo del lavoro. Nelle mani dei lavoratori diventerebbero invece strumenti per liberarsi del lavoro coatto e alienato, ossia per conquistare maggiore libertà. 

Tutto ciò non significa che non si possano mettere limiti a certi usi delle tecnologie. Lo facciamo continuamente. Così come abbiamo introdotto il codice della strada per regolare l’uso di una tecnologia pericolosa come l’automobile e permetterne l’uso in condizioni più sicure, è chiaro che la comunità politica ha tutto il diritto e fors’anche il dovere di limitare certi usi delle biotecnologie o della biomedicina. Personalmente, non ho obiezioni al fatto che in Europa sia stata vietata la maternità surrogata, per tutelare il rapporto tra madre naturale e figlio o impedire la compravendita di esseri umani. 

Ma voglio fare un esempio più colorito. Se si presentassero in una clinica della procreazione due genitori e chiedessero di fare nascere il loro figlio con i tentacoli al posto delle braccia, credo che i medici sulla base dell’etica medica, i comitati di bioetica, o i tribunali, se la questione dovesse arrivare in quelle sedi, dovrebbero respingere la richiesta in quanto assurda e potenzialmente lesiva degli interessi del nascituro. Non dobbiamo, però, gettare il bambino con l’acqua sporca. Certi interventi nell’ambito della fecondazione artificiale, volti a correggere difetti genetici ereditabili dei genitori, possono migliorare la vita del nascituro. Dobbiamo analizzare caso per caso. 

Roberto Siconolfi: Il transumanesimo si pone il compito di migliorare la specie, ed effettivamente, per la nostra salute, così anche in altri campi della vita umana (economia, cultura, vita e benessere quotidiano, ecc.) le tecnologie, di vario tipo, sono oramai presenti e sarebbe impensabile pensare alla loro assenza – pensiamo banalmente a farmaci o alle macchine per radiografie, risonanza magnetica, o a internet, o alla televisione stessa. Ma se tentassimo, invece, un percorso diverso? Da un punto di vista medico, ad esempio, mirante maggiormente promuovere a una cultura della salute, dove anziché “aggiungere” elementi tecnologico-farmaceutici o tecno-scientifici, si “ripulisce” il corpo e lo si educa con una sana alimentazione, a fare sport, a respirare, il più possibile aria pura, e a vivere, sempre il più possibile, una vita psico-emotiva equilibrata?

Riccardo Campa: Sono perfettamente d’accordo. O, più precisamente, penso che entrambe le strade siano giuste. Io, personalmente, faccio digiuno intermittente (diciotto ore di digiuno ogni giorno), vado regolarmente in palestra, seguo una dieta equilibrata, uso qualche integratore, pochi a dir la verità, assumo farmaci solo come estrema ratio quando sono malato, perché il corpo ha la capacità di autoripararsi.

Tuttavia, se arriverà sul mercato un rimedio davvero sicuro, testato in modo indipendente e non solo dall’azienda che lo produce, che rallenta l’invecchiamento senza provocare effetti collaterali indesiderati, non avrò nessun problema ad assumerlo. Mi tengo lontano dagli estremismi: il naturismo e l’ipocondria. Però voglio andare più in profondità nella questione che lei ha posto, da un punto di vista filosofico. Perché dico che, per me, entrambe le strade sono buone? Perché non dico: o questo o quello? Come me la pensano molti altri transumanisti. 

Chi non capisce il transumanesimo, chi lo travisa, chi ne ha paura, tende a proiettare su di esso il proprio modo di concepire una congrega, una confraternita, una religione o un partito. Le religioni abramitiche… – una precisazione: non intendo assolutamente denigrare in toto le religioni abramitiche, ma semplicemente metterne in risalto un aspetto – le religioni abramitiche, dicevo, tendono a concepire i codici di comportamento come un elenco di regole da seguire. L’ebreo ortodosso segue i famosi 613 precetti, o Mitzvot, contenuti nella Torah, secondo l’interpretazione talmudica. Il cristiano segue i dieci comandamenti, non mangia carne il venerdì, santifica le feste, si sottopone al battesimo, alla comunione, alla cresima, si sposa in chiesa, chiede l’estrema unzione, accetta i sacramenti insomma. Il musulmano sunnita prega cinque volte al giorno rivolto verso la Mecca, rispetta il Ramadan, e via dicendo. Chi ragiona in termini abramitici, anche se è ateo, tende automaticamente a pensare che il transumanista è tale se segue un elenco di regole stabilito dall’alto e non è tale se le infrange. 

Il movimento transumanista, invece, assomiglia molto di più alle religioni orientali. Non c’è un giudice etico che alla fine dei tempi ti aspetta per giudicarti, con l’elenco delle regole in mano. Il buddista, per esempio, ha quale scopo interrompere il ciclo di nascite e di morti, raggiungere l’illuminazione e, alla fine del processo, il Nirvana. Il modo in cui raggiunge l’obiettivo è un problema suo. Se fallisce, è un problema suo. C’è chi sceglie la via dell’ascetismo e chi magari, per farsi venire a noia il mondo, si concede ogni piacere. 

C’è chi legge e rilegge attentamente i canoni del buddhismo e chi invece li brucia. 

Per i transumanisti, lo abbiamo già detto, lo scopo è potenziare il corpo e la mente, crescere spiritualmente, mantenersi in uno stato di salute, vivere più a lungo. I transumanisti si scambiano consigli, ma poi ognuno è libero di fare ciò che gli pare. Per esempio, Brian Johnson investe due milioni di dollari all’anno per rallentare l’invecchiamento del suo organismo e condivide online gratuitamente tutte le informazioni, incluse quelle relative agli errori che ha compiuto, ai farmaci o gli integratori che ha preso e che hanno peggiorato la situazione invece di migliorarla. Ognuno è artefice del suo destino.

Mutare o perire: il transumanesimo oltre la vulgata - Intervista a Riccardo Campa

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Roberto Siconolfi: Anche da un punto di vista del fine ultimo di una vita, non sarebbe meglio battere sul tasto dell’interiorità, qualunque inclinazione etica, filosofica e spirituale si voglia seguire, piuttosto che battere sul tasto dell’esteriorità, e quindi delle evoluzione corporea di una vita, che in un modo o nell’altro, prima o poi, dovrà terminare?

Riccardo Campa: Mi pare che anche mettere in opposizione interiorità ed esteriorità, mente e corpo, anche quando lo si fa in una cornice secolarizzata, sia retaggio di un certo giudeo-cristianesimo impregnato di manicheismo. 

Torniamo ai pagani, ai Greci e ai Romani. Pitagora, Socrate e Platone si allenavano regolarmente in palestra e avevano fisici invidiabili. Al contempo, erano più intelligenti e spiritualmente evoluti di tanti altri esemplari della nostra specie. Non so se è storia o leggenda, ma si dice che Pitagora abbia vinto la gara di pugilato alle Olimpiadi. Platone significa “spalle large”, era il nomignolo che gli aveva dato il suo insegnante di ginnastica per via della corporatura possente. 

Secondo Senofonte, Socrate sgridava i cittadini che non si allenavano in palestra. Per ragioni etiche. Nelle polis greche, chi non si allenava era considerato immorale, perché se era grasso o gracile non era poi in grado di combattere e, invece di difendere i soggetti più deboli della sua società, i vecchi, i bambini e le donne, si dava alla fuga. Qualcuno potrebbe notare che la morale degli antichi Greci non è stata integrata ma soppiantata da quella cristiana, il cui fulcro è la carità e l’altruismo. In realtà, San Tommaso ha cercato di integrare le due morali, quella aristocratica – degli aristoi, che significa “i migliori” – e quella del Vangelo. In ogni caso, anche in un’ottica cristiana, si potrebbe sostenere che il corpo è un dono di Dio… 

Roberto Siconolfi: Il tempio dell’anima…

Riccardo Campa: Esatto, un tempio dell’anima che va custodito e mantenuto in salute, non trascurato o distrutto. Oppure, siccome c’è la libertà religiosa, si provi a guardare la questione dal punto di vista buddhista. 

Un buddhista, nella via spirituale che personalmente sceglie, potrebbe avere bisogno di più tempo per raggiungere l’illuminazione e provare a sottrarsi al ciclo di nascite e di morti. Sicché, un allungamento della vita per via artificiale, proprio perché gli farebbe venire a noia il mondo, sarebbe di aiuto al processo di crescita spirituale, anche se le tecnologie non garantiscono la vita eterna. 

Più in generale, il ragionamento che “tanto poi si muore lo stesso” non ci induce a non mangiare più, che è il modo principale per allungare la vita. Nessuno dice: “Non mi mangio questo piatto di spaghetti all’amatriciana perché tanto poi devo morire…”. Non c’è dunque alcun motivo che ci impone di scegliere tra corpo e mente. Sia chiaro che anche chi coltiva solo il corpo e non la mente, l’aspetto esteriore e non la spiritualità, cade nello stesso errore, seppur di segno opposto. 

Tra l’altro, stiamo parlando dell’evoluzione della specie, perché di questo si occupa il transumanesimo. Aveva forse una vita interiore e spirituale più ricca l’australopiteco rispetto all’homo habilis, e quest’ultimo rispetto all’homo erectus e via calando fino all’homo sapiens che avrebbe raggiunto il minimo della spiritualità? O è piuttosto il contrario? Se tanto mi da tanto e potenziamo le facoltà cognitive e la coscienza dell’homo sapiens per farlo diventare – come diceva Teilhard de Chardin – ultraumano e poi transumano, dobbiamo aspettarci una vita psichica più intensa.

Se invece uno pensa che il successore dell’uomo sarà – come nei film di fantascienza di serie B – una sorta di umanoide senza sentimenti, scenario che non si può escludere, allora siamo fuori dal progetto transumanista di Teilhard e di Huxley. Per definizione. Vuol dire che altre forze hanno piegato le tecnologie ai propri progetti. Metaforicamente parlando, il coltello è una tecnologia che può essere usata per tagliare il pane o ferire un uomo. I transumanisti propongono di usarla per tagliare il pane. Se qualcuno lo usa invece per ferire un uomo, la colpa non è né del coltello né dei transumanisti. 

Roberto Siconolfi: Non crede che forse il transumanesimo, nella sua volontà di voler “dare un corpo a Dio”, per riprendere Tipler, che lei cita in “Mutare o Perire”, si ponga oltre il piano della costruzione filosofico-culturale, per entrare in quello della “spiritualità”?

Riccardo Campa: Sì, Frank Tipler è un cristiano e, dunque, reinterpreta la Bibbia alla luce delle nuove scoperte nel campo della fisica. Sostiene che, nel famoso incontro tra Jaweh e Mosè, il primo non ha detto “Sono ciò che sono”, ma “Sarò ciò che sarò”. Usa il tempo futuro, come in una profezia. Partendo da questa osservazione, Tipler propone una costruzione teorica secondo la quale gli sviluppi nel campo dell’intelligenza artificiale porteranno appunto a dare un corpo a Dio.

Questo in fondo sarebbe lo scopo di tutto il cristianesimo. Non è una visione lontana da quella di Teilhard de Chardin, anche se Tipler non riconosce il proprio debito intellettuale nei confronti del gesuita, o perlomeno non in modo palese. Devo dire che su questo tema io ho scritto un libro: “Credere nel futuro: Il lato mistico del transumanesimo”. Chi volesse saperne di più, qui trova molte informazioni su questo tema. 

Le leggo la sinossi: “I saggi raccolti in questo volume investigano la dimensione religiosa del transumanesimo. Ebbene sì, il transumanesimo ha un ‘lato mistico’. Questo movimento di pensiero e azione, che pare perlopiù popolato da scientisti duri e puri, atei incalliti, materialisti irriducibili, ovvero da persone convinte che l’uomo altro non sia che una macchina trasformabile a piacimento, una macchina che può essere resa più potente e longeva con l’aiuto della tecnologia, è percorso anche da una corrente che attribuisce all’evoluzione autodiretta dell’umanità un significato spirituale. 

Pierre Teilhard de Chardin, Julian Huxley, Vernor Vinge, Frank Tipler, Ray Kurzweil, Hans Moravec e altri pensatori transumanisti di spicco sostengono che il divino può manifestarsi attraverso i progressi della tecnica. Descrivono ciò che verrà dopo l’uomo – che lo si chiami ultraumano, transumano, postumano – come una teofania. Parlano del momento culminante di questo processo, che chiamano Punto Omega o Singolarità tecnologica, come se fosse l’avvento, la seconda venuta, la Parusia. Anche se i loro discorsi partono da rigorose premesse scientifiche, le conclusioni a cui giungono tendono invariabilmente ad assumere una dimensione profetica”.

Aggiungo un paio di nozioni. Che cos’è la coscienza? Metaforicamente, si può dire che è la luce dell’universo. Julian Huxley si chiede che cosa siamo noi. I nostri corpi sono stati creati con materiali prodotti nel crogiuolo delle stelle. Esistono miliardi e miliardi di galassie. Che cosa siamo noi? Siamo un piccolo frammento dell’universo che ha preso coscienza di se stesso. Noi siamo l’universo che riflette su se stesso, che comprende di esistere, di essere cosciente. Questo è ciò che siamo. 

Allora, se questo è vero, se la coscienza è luce, luce dell’anima – dicono questi pensatori e altri ancora – il nostro dovere è di espandere questa coscienza il più possibile. Dobbiamo aiutare l’anima dell’universo, di cui noi siamo parte, a svilupparsi. Chi allora è nemico dell’anima dell’universo, in altri termini di “Dio”? Chi è nemico di Dio? In realtà, è il tecnofobo. 

È chi cerca di fermare la tecnologia, perché questa coscienza si sviluppa attraverso due direttive, quelle che dicevo all’inizio, quella del transumanesimo wet e del transumanesimo dry. Il transumanesimo wet, creando dei cervelli ancora superiori dal punto di vista biologico, permette alla coscienza e alla spiritualità di espandersi ulteriormente, mentre il transumanesimo dry, se riuscisse a insufflare la coscienza nelle macchine, porterebbe a un’ulteriore espansione. Se poi, come prevedeva anche Teilhard de Chardin, i due tipi di coscienza si fonderanno, potremo arrivare a una coscienza cosmica. 

Questa, come vede, è una visione mistico-religiosa, che – sia chiaro – è minoritaria all’interno del movimento transumanista. Ci sono dei transumanisti che la respingono totalmente. Come dicevo prima, una percentuale tra il 60 e il 70% dei militanti, a seconda delle statistiche che abbiamo fatto, risulta formata da atei o agnostici. Però, c’è un 30% di transumanisti che ha una visione spirituale e bisogna tenerne conto. Ripeto, chi volesse saperne di più, oltre a “Mutare o perire”, può leggere “Credere nel futuro”.

Roberto Siconolfi: Invece, sul piano politico, si può intendere il transumanesimo come una dottrina politica a sé stante? Vi è un transumanesimo di destra e uno di sinistra? O anche una sintesi delle due posizioni in una del tutto nuova, come si direbbe “up-wing”?

Riccardo Campa: In quanto filosofia che promuove certe tecnologie, il transumanesimo è compatibile con diverse dottrine politiche. Ci sono transumanisti di tutti i colori politici. Questo, come ho già detto, lo sappiamo perché facciamo dei sondaggi interni e chiediamo quali sono gli orientamenti. 

Del resto, non avrebbe molto senso chiedersi se la radio è di destra o di sinistra, anche se l’ha inventata Marconi che all’epoca era fascista (come gran parte degli italiani ai suoi tempi). Allo stesso modo, non riesco a pensare a un rimedio anti-aging come di destra o di sinistra. A me, tra l’altro, queste due parole, se devo dire la verità, non dicono quasi più nulla. 

Dopo la caduta del muro di Berlino, abbiamo visto politici di destra e di sinistra scambiarsi le parti su molte, troppe questioni. Lo statuto dei lavoratori lo ha abolito la sinistra, solo per fare un esempio. È vero, comunque, che c’è un costante tentativo dei transumanisti di costituirsi in soggetto politico. E, ovviamente, per raggiungere l’obiettivo, si deve cercare una sintesi, o una via diversa che viene appunto definita up-wing. Non a destra o a sinistra, ma “sopra”.

Abbiamo qualche esempio. Zoltan Istvan si è presentato come candidato alle presidenziali negli Stati Uniti, ovviamente senza coltivare speranze di vincere, perché sappiamo che dietro i due candidati principali ci sono delle lobby economiche potentissime. I candidati alternativi, i cosiddetti outsiders, non hanno mai molte possibilità, se non quella di dare visibilità a certe idee. 

Zoltan Istvan girava in America su un caravan a forma di cassa da morto, per dire che dovremmo investire risorse per sostenere la ricerca medica e i servizi sanitari, per allungare la vita e fermare l’invecchiamento, piuttosto che spenderle in armi. Gli Stati Uniti spendono quasi mille miliardi all’anno in spese militari. Poi c’è un altro tentativo abbastanza strutturato in Gran Bretagna, o nel Regno Unito, per meglio dire, di creare un soggetto politico. C’è, infatti, un’organizzazione che si chiama Transhumanist UK che ha lo status di partito politico, essendosi registrata alla commissione elettorale. Anche loro cercano una sintesi che vada oltre il solito schematismo destra-sinistra. 

Del resto, io stesso ho portato avanti questo discorso nel “Manifesto dei transumanisti italiani”, che è contenuto in “Mutare o perire”, in forma di capitolo. Spesso i transumanisti si dividono sulla questione del ruolo dello Stato e del mercato. Ci sono transumanisti liberisti, come quelli che gravitavano intorno all’Extropy Institute, che considerano l’economia di mercato il principale motore del progresso. D’altro canto, ci sono transumanisti socialisti che vedono invece nello Stato il soggetto che dà impulso allo sviluppo.

Io ho invitato a guardare la situazione da un punto di vista pragmatico, perché non sono queste formule astratte che guidano la crescita tecnologica. Ci sono paesi in cui ci sono imprenditori geniali, che hanno coraggio, si prendono rischi. Lì, è il settore privato che dà impulso alla ricerca. Ci sono paesi, o magari frangenti storici, in cui è invece lo Stato che prende l’iniziativa. 

Mi sovviene ora un’intervista in cui Bill Gates – proprio lui che è un imprenditore privato, fondatore di Microsoft e altro ancora – invita a non glorificare troppo il mercato, perché il settore privato è inetto. Il soggetto che guida veramente il progresso è lo Stato, o meglio il Governo – come dicono gli americani. Da dove nasce Internet? Da un progetto militare. Anche la ricerca in campo medico spesso nasce da progetti governativi. Quello che dice Bill Gates, in America, appare come una bestemmia, tanto che il suo intervistatore è rimasto stupito. L’imprenditore gli ha allora spiegato che noi vediamo sempre il lato luminoso del capitalismo e del mercato, i casi di successo come il suo, e non vediamo i milioni di imprenditori che falliscono, perché hanno progetti velleitari. E fallendo causano danni anche ai creditori e all’intera società.

In ogni caso, nel manifesto, sono andato oltre le visioni stereotipate. Se ci sono imprenditori che hanno spirito d’iniziativa e si prendono dei rischi, lasciamoli fare. Lo stesso Marx vedeva una differenza tra due tipi di imprenditori. C’è l’imprenditore innamorato di un progetto. Quest’attitudine, che ci piaccia o meno, che ci sia simpatico o meno, la vediamo per esempio in Elon Musk. Si vede che è innamorato di un progetto, per esempio portare l’umanità su Marte. Poi vedremo se ci riesce o non ci riesce.

E ancora possiamo citare Neuralink, Tesla, Optimus, ecc. C’è poi l’imprenditore che fa semplicemente speculazione finanziaria. Fa girare dei soldi in borsa. Spesso sono dei supercomputer che decidono dove investire, sono degli algoritmi che spostano il denaro in frazioni di secondo. Manda in rovina centinaia di famiglie se fa fallire un’azienda, spostando il denaro su un’altra. Non è innamorato di alcun progetto, se non quello di arricchirsi, di aumentare il proprio patrimonio a dismisura. 

Marx vedeva bene la differenza tra il capitano d’industria e lo speculatore finanziario e, ovviamente, aveva molto più rispetto per il primo che non per il secondo. Lo stesso discorso possiamo farlo noi. Non dobbiamo semplicemente decidere tra capitalismo e socialismo. Dobbiamo capire se l’economia del nostro paese, o magari del mercato globale, è guidata da veri imprenditori o da meri speculatori finanziari. 

D’altro canto, come diceva Bill Gates, dobbiamo anche considerare che gli Stati hanno una potenza di fuoco molto alta. Le imprese spaziali le possiamo fare grazie ai budget che mettono in campo gli Stati. Ecco, questo è il discorso che ho cercato di fare. E questo è un discorso up-wing, un discorso di sintesi, che va al di là delle formule preconfezionate.

Mutare o perire: il transumanesimo oltre la vulgata - Intervista a Riccardo Campa

Roberto Siconolfi

Roberto Siconolfi, classe ’83, campano, sociologo, saggista, mediologo. Uno dei suoi campi principali di ricerca è il mondo dei media, in tutti i suoi aspetti, da quello tecnico a quello storico e antropologico, fino a giungere al piano “sottile”, “magico”, “esoterico”.

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